Come vi sentireste se uno dei vostri ultimi acquisti risultasse maleodorante, fastidioso da indossare e – ancora peggio – con il cadavere di una bestiolina cucito nella stoffa? Una scena da film splatter diventata realtà, considerando quello che è successo a Cailey Fiesel, una giovane donna di Manhattan, a seguito dell’acquisto di un bell’abito da Zara.

Ma andiamo con ordine.

Cailey vive a Manhattan e lo scorso Luglio, durante un soggiorno a Greenwich nel Connecticut – che si trova a Nord Est degli Stati Uniti –  ha fatto shopping da Zara, scegliendo di comprare un abito al costo di circa 30 euro. Una volta tornata a casa ha riposto il suo acquisto nell’armadio, aspettando l’occasione giusta per indossarlo.

Fonte: Web
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Qualche settimana dopo ha deciso che fosse ora di sfoggiarlo e ha pensato di metterselo per andare a lavoro. Poco dopo averlo avuto addosso, ha iniziato a sentire un forte mal odore, un sentore pungente e disgustoso. Al momento la ragazza ha pensato che si trattasse di qualcosa di andato a male, magari dell’avanzo del lunchbox irrancidito di un collega dimenticato nei pressi della sua scrivania, ma nonostante abbia pensato di spostarsi dalla propria postazione, la puzza non si allontanava da lei.

Cailey ha sentito qualcosa pungerle la gamba, ma ha creduto che si trattasse di un filo sintetico, uno di quelli che infastidiscono e che una volta tagliati rimuovono ogni problema. Ma, sfortunatamente per la ventiquattrenne americana, si è trattato di qualcosa di ben diverso.

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La ragazza ha controllato la cucitura del vestito, esattamente nel punto che la infastidiva, ritrovandosi in completo shock davanti alla vista della zampetta di un topolino, cucito all’interno di una cucitura laterale lungo la gamba.

La reazione è stata raggelante per Cailey che – in seguito – ha dichiarato di essersi sentita paralizzata e incredula sia dalla paura, ma anche dal disgusto che l’hanno pervasa, perché sperava di aver visto male e di non aver dovuto toccare con le sue stesse mani un brandello di un animale morto. L’etichetta del vestito indicava che fosse di manifattura turca.

Fortunatamente la ragazza aveva a disposizione un outfit di scorta con il quale cambiarsi e, dopo essersi disinfettata, ha reagito con fermezza, decidendo di procedere legalmente nei confronti di Zara – uno dei colossi dell’abbigliamento mondiale – portandolo la società in tribunale per averle provocato un danno di tipo emotivo e nello specifico di averle fatto insorgere una sindrome per colpa della quale è diventata musofobica (quindi affetta da fobia per i topi).

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Zara, dal canto suo, ha fatto sapere – per mezzo di un portavoce – che sta portando avanti delle indagini interne per valutare le condizioni dei laboratori di produzione e per comprendere le ragioni per cui possa essersi verificato un tale episodio, ricordando ai propri clienti che la società si attiene con rigore agli standard qualitativi statunitensi in termini di sicurezza e igiene anche per le produzioni in paesi stranieri.

Nei documenti presentati in tribunale dai legali della giovane, figurano una serie di fotografie dell’abito incriminato, dove si mostra – senza ombra di dubbio – la presenza di una parte di un animale. Si tratta di una mancanza di controllo post produzione, secondo i legali, qualcosa di inconcepibile nel momento in cui si vende al pubblico. La negligenza di Zara si sarebbe quindi dimostrata nella produzione, nella distribuzione, nella consegna, nella fornitura e nella mancanza di ispezioni prima della messa in vendita dell’articolo.

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Zara non sta vivendo un periodo particolarmente fortunato e l’opinione pubblica non è esattamente dalla sua parte. Vi ricordate – ad esempio – le accuse di plagio che sono state rivolte alla società da parte dell’artista Tuesday Basse?
Oppure ricordate le accuse di discriminazione razziale a danno dei clienti afroamericani che vengono sorvegliati e perquisisti quando si trovano all’interno di un punto vendita della catena di abbigliamento?

Come avreste reagito e come vi sareste sentite se vi foste ritrovate con un topo morto in un vestito appena comprato? E se l’abito incriminato fosse stato un capo destinato ai vostri bambini?

Una cosa è certa, Zara dovrà lavorare parecchio per far dimenticare questa brutta vicenda ai clienti più attenti e meticolosi e c’è da riconoscere che – sotto alcuni versi – si sta già impegnando da tempo, infatti, Zara è uno dei pochi marchi che possa vantarsi di godere dell’approvazione di Greenpeace in quanto non si avvale di materiali tossici per la produzione dei propri vestiti e accessori.

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