L'addio social e il suicidio: perché tanti ragazzini in Russia stanno morendo

Dopo il suicidio di due giovanissime in Russia, ci si interroga sulle ragioni che spingono sempre più teenagers, nel paese, a togliersi la vita. Forse non si tratta di Blue Whale, forse le loro morti sono sintomatiche di un malessere profondo difficile da esprimere.

Due giovanissime e bellissime che salutano gli amici e i conoscenti in un video da postare sui social, prima di lanciarsi nel vuoto. Sembra la scena di un film horror, invece è un terribile fatto di cronaca che riguarda il suicidio, l’ennesimo in Russia, di due adolescenti.

Maria Vinogradova, 12 anni, e la sorellastra Anastasia Svetozarova, 15, sono state ritrovate senza vita ai piedi di un palazzo di dieci piani a Izhevsh, in Russia, dove abitavano; poco prima di quel volo senza ritorno, la bionda e bellissima Anastasia si era immortalata in un video che la ritraeva sul tetto dell’edificio, mentre si portava due dita alla tempia come a simboleggiare una pistola. Il segno inequivocabile, forse, di un malessere e di un profondo disagio interiori che pochi secondi dopo le hanno tolto la vita.

Erano depresse da tempo, sostengono ora gli amici, i coetanei, sconvolti dalle loro morti; soprattutto Maria, che da qualche tempo aveva iniziato a frequentare un ragazzo,Dmitry, come racconta il Daily Mail, stava vivendo un rapporto conflittuale con la madre, che osteggiava la relazione e aveva portato la figlia da un ginecologo. Una situazione che Maria, probabilmente, trovava frustrante, desiderosa di vivere una vita già da adulta.

Pochi secondi prima di lanciarsi nel vuoto con la sorellastra, proprio al fidanzatino la ragazzina avrebbe dedicato le ultime parole, “Perdonami, ti prego. Ti amo, so che troverai qualcuno meglio di me”.

Anastasia, invece, ha lasciato le sue ultime parole nel video in cui inquadra la neve molti metri sotto di lei, dal tetto del palazzo: “Vi amo tutti. È la verità. Vi voglio tanto tanto bene”, prima di emettere un profondo sospiro sconfortato.

Non spetta a noi capire quali motivi potessero avere due  ragazze tanto giovani per essere depresse, se la disapprovazione della madre verso una relazione giovanile sia davvero un motivo sufficiente per non desiderare di vivere più; ma quel che è certo, è che i suicidi di Maria e Anastasia sono gli ultimi di una serie terribile che coinvolge sempre più adolescenti in Russia, e che sono, evidentemente, il sintomo più drammatico di un profondo malessere interiore che non riesce a essere esternato né condiviso.

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Una piaga terribile: più di mille ragazzi si suicidano ogni anno

Il paese si trova a fronteggiare una delle più alte medie mondiali di suicidi; come riporta Wikipedia, c’è stato un picco nel 2015, con ben 17,1 suicidi per 100.000 persone, mentre un anno più tardi si è, fortunatamente, scesi a 15,6. Un articolo del 2012 del New York Times denunciava però già allora quanto, fra le persone che decidevano di togliersi la vita, una parte estremamente consistente fosse rappresentata dai giovanissimi. Tanto che il paese, in quell’anno, ebbe una media di suicidi giovanili tre volte superiore rispetto alla media mondiale.
La piaga dei suicidi ha avuto un pauroso culmine nel febbraio 2012, quando due ragazze di 14 anni sono saltate, mano nella mano, dal tetto del 16° piano di un condominio alla periferia di Mosca, le prime di una lunga serie di “emulatori” che imposero ai media e al governo russo di focalizzare l’attenzione sul problema.
A partire dal 9 aprile, nell’arco di 24 ore ci sono stati almeno sei decessi, con una sedicenne che è saltata da un ospedale in fase di costruzione in Siberia e altri cinque che, invece, si sono impiccati.
Secondo un’inchiesta del Fondo per l’infanzia delle Nazioni Unite, in Russia, ogni anno più di 1.700 russi tra i 15 e i 19 anni decidono di togliersi la vita. Sono numeri agghiaccianti, che denotano davvero una piaga sociale difficilmente spiegabile, non motivabile neppure dal difficile percorso storico compiuto dal paese, con il crollo dell’Unione Sovietica che lo ha disgregato in tanti piccoli nuovi stati, né con la disparità culturale ed economica ancora fortemente esistente tra gli abitanti.
C’è dell’altro nei suicidi di teeagers, che non hanno fatto altro che moltiplicarsi negli anni, “aiutati”, purtroppo, anche dalla forte cassa di risonanza garantita dai social: c’è il segnale esplicito e lampante di una generazione che non sa come chiedere aiuto, e si aggrappa disperatamente a quella che, per loro, sembra essere l’unica soluzione plausibile per uscire da quell’alone di tristezza, solitudine ed estraniazione in cui vivono, spesso all’insaputa di tutti, persino dei genitori, che vanno avanti con le loro esistenze convinti di crescere figli sereni e felici.

L’ombra del Blue Whale

Nei mesi scorsi, proprio nella cronaca dei numerosi casi di suicidio di giovanissimi, si è parlato più di una volta del famigerato Blue Whale, il gioco della morte condotto via social da un macchinatore ignoto, che avrebbe spinto i teenagers a superare prove estreme e al limite della sopportazione fisica e psicologica, in un percorso lungo 50 giorni che sarebbe terminato proprio con la sfida massima: lanciarsi nel vuoto per darsi la morte.

L’attenzione sul fenomeno fu posta in maniera particolare soprattutto dopo un servizio de Le Iene, su cui tuttavia, giorni dopo, venne instillato più di un dubbio: si disse che l’inchiesta fosse “falsa”, che si trattasse di una delle tante bufale e fake news che circolano in rete o che, tutt’al più, potesse trattarsi appena di un caso isolato.
Certo fare chiarezza su episodi come quelli di Maria e Anastasia, o come nel caso di Yulia Kostantinova e Veronika Volkova, 15 e 16 anni, ritrovate senza vita il 26 febbraio 2017, è piuttosto complesso, perché indagare le reali ragioni che possono spingere dei ragazzini al gesto più estremo è pressoché impossibile, spesso anche per le loro famiglie, e non è sempre facile riuscire a distinguere i contorni fra ciò che è reale e ciò che invece viene usato “ad hoc” per ingigantire una leggenda nata sul Web, come appunto il Blue Whale.

La cosa su cui più si può avere la certezza, lo abbiamo già detto, è che se tanti ragazzini non trovano una via d’uscita migliore, rispetto alla morte, per superare angosce e paure relazionali, magari nel dialogo con i genitori, con i fratelli, con gli amici o gli insegnanti, ci deve evidentemente essere un grave problema di fondo nel modo di una generazione intera di rapportarsi, non solo con gli adulti ma anche con i coetanei, un’insofferenza e un disagio troppo spesso introiettati e lasciati a divorare la psiche di questi giovanissimi.

Le (tante) ragioni dei suicidi

Le ragioni del suicidio qui sono molte – ha spiegato lo psichiatra Boris Polozhiy, del Centro scientifico statale serbo per la psichiatria sociale e forense a Mosca, nell’articolo del NYT – Fattori sociali, fattori medici, fattori psicologici. Quindi ha bisogno di essere risolto sistematicamente. Tutto questo lavoro deve essere coordinato. Sfortunatamente, però, in Russia questo sistema non esiste ancora“.

Secondo la legge russa, ogni scuola deve avere almeno uno psicologo nel proprio personale, e c’è una linea telefonica nazionale per le persone da chiamare se hanno pensieri suicidi. Ma al di là di queste misure, sono stati fatti pochi sforzi per affrontare il problema a livello federale.

Molti esperti hanno invitato anche a riflettere sul ruolo dei social network e sulla copertura di questi orrendi fatti di cronaca da parte dei media in generale, limitando al minimo la diffusione di immagini e particolari raccapriccianti; ma Kirill Khlomov, che dirige Crossroads, un centro di Mosca che offre consulenza per adolescenti a rischio, è sicuro che non sia sufficiente “chiudere Facebook” per far sì che vada tutto bene; c’è un vero e proprio vuoto, lasciato dalle organizzazioni giovanili sovietiche come i Giovani Pionieri (un’organizzazione giovanile di massa riservata ai bambini di età compresa tra i 9 e i 14 anni), che fornivano strutture sociali agli adolescenti.

I bambini piccoli hanno ancora l’attenzione dei loro asili nido, ed è più facile per gli adulti gestirli, ma l’adolescente è proprio nell’età in cui ha l’obiettivo di separarsi dalla famiglia“, ha spiegato Khlomov al NYT, aggiungendo che troppo spesso i genitori e gli insegnanti russi liquidano gli adolescenti sottovalutandoli quando esprimono pensieri suicidi, e portandoli quindi a un ulteriore isolamento, nella convinzione che nessuno potrà mai comprenderli.

Quando una persona si suicida si dimentica della propria vita e il suo obiettivo è punire le altre persone – ha detto – Ma non c’è niente dopo. È tipica degli adolescenti, questa sensazione di onnipotenza e infinito“.

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