Il 7 settembre 2017 due ragazze americane, trasferite temporaneamente a Firenze per motivi di studio (erano iscritte ai corsi di un’università americana) denunciarono di essere state violentate da due carabinieri in servizio, i quali avevano accettato di accompagnarle a casa dall’uscita di un locale, dove erano intervenuti con altri colleghi per sedare una rissa, per poi approfittare sessualmente di loro nell’appartamento che le due amiche occupavano.

Nonostante le imprecisioni iniziali nella ricostruzione dell’accaduto da parte delle due ragazze, la cui lucidità è risultata alterata a causa dell’alcool assunto durante quella serata, le accuse sono state confermate nell’incidente probatorio che si è svolto il 22 novembre nell’aula bunker di Firenze, davanti al Gip del Tribunale, Mario Profeta, utile proprio a rendere più definito il racconto delle due statunitensi. Questa “cristallizzazione” degli eventi consentirà alle due studentesse di non tornare più in Italia, se i due militari, ora sospesi dal servizio, dovessero essere processati. Mentre, come si evince da vari articoli che raccontano la cronaca dell’incidente probatorio svoltosi a Firenze, la linea difensiva dei carabinieri continua a seguire la tesi del rapporto consensuale, Floriana De Donno, Gabriele Zanobini e Francesca D’Alessandro, difensori delle ventenni accusatrici, hanno espresso fiducia sul fatto che il procedimento abbia invece rafforzato l’ipotesi accusatoria iniziale, senza che fossero inficiate in alcun modo le testimonianze delle giovani, rese immediatamente dopo il fatto.

Nel frattempo, una delle due studentesse ha accettato di parlare di quella notte nel programma Porta a Porta, condotto da Bruno Vespa.

La ragazza, con il volto oscurato, spiega come si siano svolti i fatti dopo l’incontro con i carabinieri a piazzale Michelangelo. “Si sono offerti loro di darci un passaggio – afferma – abbiamo impiegato circa 20 minuti per raggiungere casa nostra“.

Vespa domanda se i carabinieri si fossero comportati bene durante il tragitto, la ragazza risponde che si limitavano a parlare tra loro, e lei, come l’amica, non capiva cosa si stessero dicendo, dato che nessuna delle due parla italiano. Poi il momento principale dell’intervista: “Cosa è successo quando siete arrivati a casa?“, domanda il conduttore.

Abbiamo detto ‘grazie per il passaggio’, aperto la porta e loro hanno offerto di continuare ad aiutarci. Dopo aver detto ‘grazie, grazie mille’ abbiamo cercato di andarcene per conto nostro.

L’abbraccio fra le due studentesse che hanno accusato i carabinieri (Fonte: La Nazione)

A questo punto, la ragazza non vuole scendere in ulteriori particolari riguardanti l’ingresso nell’edificio. Vespa chiede garbatamente se l’approccio del carabiniere verso di lei sia stato garbato, se abbia chiesto di baciarla.

Me lo ha chiesto, anche se però gli ho risposto di no, lo ha fatto lo stesso.

La ragazza dice di aver resistito alle avances, che si sono consumate sul pianerottolo, appena fuori l’appartamento in cui vivevano le giovani. Lì è anche il luogo in cui, per sua stessa testimonianza, è avvenuta la violenza.

Questo carabiniere è stato violento nei suoi confronti?” domanda Vespa, ma la ragazza dichiara di non voler rispondere a questa domanda. “Comunque, l’ha costretta a fare cose che lei non voleva fare?“, incalza il conduttore, e lei risponde ““.

La studentessa prosegue, spiega che per oltre 20 minuti non è riuscita a liberarsi e a rientrare in casa, dove ha subito chiamato il padre, negli Stati Uniti, che le ha detto di chiedere immediatamente aiuto. Nell’incidente probatorio che si è svolto dopo la registrazione della puntata di Porta a Porta è emerso che il numero di cellulare di uno dei due carabinieri risulta nell’elenco dei contatti delle ragazze, ma l’avvocato De Donno ha tenuto chiaramente a precisare, come riporta La Nazione, che “La ragazza non ricorda come sia finito nella sua rubrica il numero di telefono del carabiniere. Ha ripetutamente risposto ‘non ricordo’“. Lo stesso quotidiano toscano ha reso note alcune delle domande poste dal Gip nel corso della seduta, fra cui spicca “Lei ebbe effusioni con l’appuntato, lo considerava sexy, le piaceva, provava interesse per lui?“. È una delle 250 domande proposte dagli avvocati difensori dei militari, molte delle quali sono state respinte e non ammesse.

Mentre in tribunale si continua a cercare di far luce su questa bruttissima vicenda, la studentessa riserva comunque parole di elogio per l’Italia, e dice “Amo l’Italia, non incolpo il Paese, tornerò non appena sarà fatta giustizia“.

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