Qui non si tratta di fare un processo mediatico a Domenico Diele, l’attore attualmente agli arresti domiciliari per l’incidente del 24 giugno scorso, in cui ha travolto e ucciso Ilaria Dilillo, una donna salernitana che stava viaggiando a bordo del suo scooter, all’uscita dell’autostrada A2 Montecorvino Pugliano,  poco distante da Eboli.
I processi si fanno nelle sedi opportune. Qui si tratta solo di non permettere al populismo bieco di quelli che “Diele deve morire”, urlato sui social, di passare per “sostenitori di una giustizia” che giustizia non è, ma pura violenza e, al tempo stesso, di non travisare dall’altra parte i fatti con letture emozionali che rischiano di travisare i fatti e creare l’ennesimo alibi che tutto giustifica.

Accusato di omicidio stradale, l’interprete di ACAB e delle serie 1992 e 1993 è stato scarcerato poche settimane fa e sta scontando la sua reclusione, in attesa del processo, presso la casa della nonna, a Roma, controllato tramite braccialetto elettronico. Su di lui pendono imputazioni estremamente serie che potrebbero aggravare la sua situazione giudiziaria, perché al momento dell’arresto, Diele è stato sorpreso senza patente, già ritirata per aver fatto uso di sostanze stupefacenti, è risultato positivo ai test per uso di oppiacei e cannabinoidi e cocaina sarebbe stata ritrovata nel suo portafogli.

Nei giorni immediatamente seguenti alla diffusione della notizia, il Web si è letteralmente scatenato con pagine e gruppi Facebook creati ad hoc non solo per chiedere giustizia per la povera Ilaria, ma anche per reclamare a gran voce la permanenza di Diele in carcere e per protestare contro la decisione, presa dal Gip Daniele Zunica, di concedere gli arresti domiciliari. In difesa dell’attore, e contro tali gruppi, negli stessi giorni si è però schierato il blogger Gianluca Neri, che con un post, sempre via Facebook, ha voluto chiarire alcuni punti a suo dire indispensabili della vicenda.

Ora, fermo restando che il tenore di certi commenti sia a dir poco, per usare un eufemismo, di pessimo gusto, e che chi appella Diele come “assassino” non possa trovare apprezzamento nel suo modo di esprimersi, è altrettanto vero e indubbio che da un personaggio pubblico come Neri, in una circostanza tanto drammatica ci si aspetterebbe un’analisi un tantino più lucida e obiettiva.

Cosa significa

la giornata in cui fai una cazzata capita a tutti, prima o poi

Sì, la giornata in cui fai una cazzata capita a tutti. Sì, potrebbe capitare a tutti di avere una svista al volante, complice l’ennesimo messaggio che stiamo magari controllando sullo smartphone perché “tanto abbiamo tutto sotto controllo”.
Capita di andare più veloci perché siamo in ritardo. Capita di distrarsi o di non prestare abbastanza attenzione.
Non dovrebbe, ma capita.

Ma no, non capita a tutti di guidare senza patente – ritirata per uso di stupefacenti – di nuovo sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Quella non è una cazzata, non è una cosa che capita, è una cosa che fai, noncurante del pericolo che costituisci per te e per gli altri.
Non è ignoranza, non è ingenuità, non è neppure convinzione di essere nel pieno possesso delle proprie capacità dopo avere bevuto un bicchiere di troppo.

Ecco perché anche quelle altre parole di Neri fanno discutere

Seconda cosa: non funziona così, che uno commette un reato, arriva il poliziotto, lo mette in galera, butta la chiave e morta lì. Prima si aspetta una sentenza definitiva. E in attesa di quella sentenza, se non esiste il pericolo che tu possa scappare o reiterare il reato, ti mandano a casa ai domiciliari con il braccialetto. O, per lo meno, questo è quello che dice la legge.

Vero, ma non è difficile capire perché alcuni obiettino che un rischio di reiterazione del reato c’è (visto che reiterata è stata la guida – senza patente – sotto l’effetto di stupefacenti).

Occorrono leggi più ferree, più severe e bisogna farle rispettare. Mia figlia è morta travolta da un automobilista che aveva consumato stupefacenti. Ilaria tornava a casa, a Salerno, dopo aver trascorso la serata con gli amici a Battipaglia ed ora non c’è più.

Dice, comprensibilmente, Nicola Dilillo, 75 anni, papà di Ilaria.

Il 25 luglio 2017, giorno del trentaduesimo compleanno dell’attore, intanto, dovrebbe essere effettuata la perizia sull’auto di Diele, richiesta dal Pubblico Ministero che segue la vicenda, per accertare la velocità della vettura al momento dell’impatto.
Stando quanto indicato da alcune testate, ma senza conferma sui principali organi di informazione, è atteso però anche l’esito della perizia sui peli ascellari di Diele, che dovrebbe chiarire effettivamente quando l’indagato abbia assunto le sostanza stupefacenti. Il condizionale è d’obbligo, perché, stando sempre a queste fonti, la perizia sui bulbi ascellari è meno definitiva rispetto a quella sui capelli, che è stata impossibile da effettuare dato che, il giorno in cui era prevista, Diele si sarebbe fatto trovare con i capelli rasati a zero (ma questa è una notizia, ribadiamo, non verificata).

Di questa terribile storia restano lo sconcerto, la rabbia dei parenti e degli amici di Ilaria che lentamente si trasforma in dolore, ma non in accettazione.

L’agente mi ha detto che mia figlia era morta dopo un incidente stradale – ricorda papà Nicola – Mi è crollato il mondo addosso. Non riesco ancora a rendermi conto che Ilaria è morta. La mia Ilaria non c’è più. Lei era la mia forza.

E mentre Gianluca Neri precisa:

…e con questo non voglio però far finta che lui non sia e sia stato un gran pirla. O che una poveraccia è rimasta sull’asfalto. Ma non è questo il punto.

Ilaria merita qualcosa di più di quel “una poveraccia è rimasta sull’asfalto. Ma non è questo il punto”.
Perché il punto invece è proprio questo: una donna è rimasta sull’asfalto, non per un incidente, non per “una cazzata che capita a tutti”, ma per un atteggiamento reiterato e sprezzante.

Forse è per questo che qualche “testolina di minchia” – per usare le parole di Neri – vorrebbe che, in casi come questi, in attesa di giudizio, Diele o chi commette deliberatamente azioni che mettono a rischio o peggio falciano, senza possibilità di appello, la vita altrui restino in carcere.

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