Sono agghiaccianti i dati forniti dall’Unicef nel rapporto annuale sulle “condizioni dell’infanzia nel mondo” nell’era digitale. Si registra, infatti, la massiccia presenza di bambini online – 1 utente di internet su 3 nel mondo ha meno di 18 anni – ma poco “è stato fatto per proteggerli dai rischi del mondo digitale e per aumentare il loro accesso a contenuti online sicuri”, scrive l’Unicef, secondo cui nel 2016 sono stati oltre 57mila gli indirizzi web che contenevano materiale pedo-pornografico. Di questi il 60% era ospitato su server situati in Europa e il 37% in Nord America, così da rendere ancora più complesso il lavoro delle autorità italiane, della Polizia Postale che quotidianamente combatte questo dilagante (e pericolosissimo) fenomeno.

Secondo l’Unicef, dunque, il 53% dei bambini abusati e sfruttati per produrre contenuti pedopornografici ha 10 anni o meno: il numero di immagini di bambini dagli 11 ai 15 anni è in aumento del 15%. Si è passati dal 30% del 2015 al 45% del 2016. Dati allarmanti. Ma i pericoli non finiscono qui: il rapporto ha analizzato come Internet abbia aumentato nel tempo la vulnerabilità dei minori ad una serie di rischi come l’uso improprio delle informazioni personali, l’accesso a contenuti dannosi e al cyberbullismo. La presenza dei dispositivi mobili, tra l’altro, ha reso più semplice ed immediato l’accesso al web per molti bambini che, di fatto, sono meno controllati dai propri genitori.

Reti digitali come il “dark web”, ovvero il web sommerso, ma anche le criptovalute come il Bitcoin – di cui tanto si è parlato proprio in questi giorni – secondo l’Unicef starebbe agevolando “le peggiori forme di sfruttamento e abusi tra cui la tratta e l’abuso sessuale di bambini online ‘su richiesta'”. In pericolo, è doveroso ricordarlo, sono soprattutto i bimbi provenienti dai Paesi più poveri che finiscono facilmente nella rete dei pedofili di tutto il mondo i quali si sentono più sicuri dietro ad uno schermo, pensando di rimanere totalmente anonimi.

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