Promessa sposa a 14 anni si ribella: padre a processo

Una 14enne si è ribellata al padre che la voleva promessa sposa in Sri Lanka e che ora è finito sotto processo per maltrattamenti aggravati in famiglia. Il fatto, segnalato ai servizi sociali, grazie all'insegnante della giovane, è purtroppo più comune di quel che si possa pensare, specie in alcuni Paesi.

Un 50enne cingalese, residente a Lecce, è finito sotto processo per aver picchiato la figlia minorenne, impedendole di fidanzarsi con un coetaneo perché promessa in sposa a un sedicenne dello Sri Lanka, paese d’origine dell’uomo.

La figlia, una quattordicenne perfettamente integrata nella cultura occidentale, aveva cercato più volte di ribellarsi alla condotta violenta e vessatoria del padre, arrivando persino a procurarsi dei tagli leggeri ai polsi, per dimostrare la sua avversione nei confronti di una cultura a cui non sentiva di appartenere.

L’uomo, che ha a suo carico anche accuse di violenze nei confronti dell’intera famiglia, tra cui schiaffi, spintoni e minacce di morte, era stato segnalato ai servizi sociali dalla professoressa della giovane, dopo che quest’ultima aveva deciso di confidarsi con lei a causa dell’impossibilità di vivere una storia d’amore con un coetaneo, perché promessa sposa in Sri Lanka. Già nel 2018 la 14enne era stata allontanata dalla famiglia dal Tribunale per i Minorenni ed era stata collocata in una comunità di suore.

Il giudice minorile era intervenuto anche in un’altra occasione, per impedire la partecipazione della giovane a una festa organizzata dal padre, la cosiddetta “festa del menarca”, che si svolge secondo riti cingalesi per celebrare il passaggio all’età fertile delle giovani. Secondo il giudice, la cerimonia avrebbe infatti rappresentato l’occasione ideale per rendere ufficiale la promessa di matrimonio della giovane con il sedicenne del suo paese, promessa che risulta vincolante per la legge cingalese.

L’uomo, i cui due figli maggiorenni si sono trasferiti all’estero per scappare dai soprusi e le umiliazioni fisiche e psicologiche, risulta così a processo per maltrattamenti aggravati in famiglia, secondo quanto stabilito nelle scorse settimane, al termine dell’udienza preliminare, dal gup Sergio Tosi,.

In quella stessa occasione, la giovane si è costituita parte civile con l’avvocato Erlene Galasso ed è stato nominato come curatore speciale, il legale Maurilio Marangio. Il processo è già iniziato davanti al giudice monocratico Maddalena Torelli, un procedimento che vede l’organo giudicante composto da una sola persona, in grado, per legge, di decidere con una sentenza vincolante per le parti.

A questo procedimento si oppone invece l’avvocato del padre, Paolo Spalluto, che sostiene che il processo debba essere celebrato davanti ai giudici in composizione collegiale. I giudici si pronunceranno in merito il prossimo 5 marzo 2021.

Purtroppo il fenomeno delle spose bambine è ancora molto frequente in parecchie aeree del mondo. Secondo un rapporto dell’UNICEF, dal titolo New Era for Girls: Taking stock on 25 years of progress (“Una nuova era per le ragazze: facciamo il punto su 25 anni di progressi”), stilato lo scorso marzo, ogni anno sarebbero 12 milioni le ragazze date in sposa in giovanissima età, mentre in tutto sarebbero 650 milioni le donne che si sono sposate prima dai 18 anni.

Un dato tragico, che oltre a rappresentare una manifestazione di violenza fisica e psicologica nei confronti delle giovani, toglie loro ogni possibilità di futuro. I matrimoni precoci, infatti, impediscono alla ragazze dei Paesi in cui si verifica questa pratica, di accedere all’istruzione, relegandole in uno stato di sottomissione che le porta spesso a pagare le conseguenze con la loro stessa vita. Sono infatti 50 mila le minorenni che ogni giorno muoiono di parto. Una situazione contro cui associazioni e organizzazioni umanitarie stanno cercando da tempo di mobilitarsi per vedere dei cambiamenti concreti, ancora purtroppo lontani.

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