Più di 140 milioni di donne nel mondo sono state sottoposte a mutilazioni genitali. Oltre la metà di esse si trova in Africa, dove questa barbara pratica si estende a più dell’80% della popolazione femminile di alcuni stati. Il fenomeno interessa ora non solo i paesi in via di sviluppo, ma anche la nostra “civilissima” Europa, dove numerose bambine immigrate vengono sottoposte a interventi illegali che minano la loro salute e la loro stessa vita, oltre che impedire una vita sessuale e una procreazione naturali. Proprio per limitare ed estirpare definitivamente questa terribile violenza, dal 2003 l’ONU ha proclamato il 6 febbraio la Giornata Internazionale contro l’Infibulazione e le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF). Ma sebbene sulla carta, a livello internazionale, vi siano leggi che vietano le mutilazioni, i provvedimenti intrapresi sono rari e ogni anno sono 3 milioni le bambine a rischio MGF.

La strada da percorrere è infatti lunga e difficile: non basta proibire, bisogna educare. Infibulazione e mutilazioni sono infatti parte del bagaglio culturale di molti gruppi sociali: le donne devono passare attraverso questa sorta di “rito iniziatico” per purificarsi ed essere accettate nell’età adulta. È quindi una pratica a cui ci si sottopone necessariamente per essere parte della comunità e i rischi ad essa connessi sono spesso accettati come obbligatori, senza chiedersi il motivo di tale barbarie.

Per questo motivo, Plan Italia promuove una petizione contro le MGF  (http://www.plan-italia.org/because-i-am-a-girl/le-mutilazioni-genitali-femminili-firma-la-petizione/petizione-stop-alle-mutilazioni-genitali-femminili/). Si chiede al governo italiano di scendere in campo in modo deciso per fare pressione sui governi degli stati non dotati di leggi contro la mutilazione genitale o che non applichino le sanzioni vigenti. Si chiede poi la diffusione capillare di informazioni sulla conseguenze delle MGF e sul divieto di praticarle, nonché un attivazione nell’assistenza medica per chi ha già subito questi interventi.

Migliorare la condizione delle donne nel mondo è possibile anche con un semplice click, e mancano ancora 2500 firme per raggiungere le 5000 necessarie per inoltrare la petizione al governo italiano. Non voltiamoci dall’altra parte. Firmiamo anche noi.

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