6 scatti per gridare che le donne stuprate sono vittime MAI colpevoli
La violenza sulle donne diventa un progetto fotografico: ecco come la vergogna colpisce loro malgrado le vittime di uno stupro.
La violenza sulle donne diventa un progetto fotografico: ecco come la vergogna colpisce loro malgrado le vittime di uno stupro.
Uno stupro non si giustifica, mai. Non importa come si sia vestite, quanto si abbia bevuto o in che strada pericolosa ci si trovasse. Lo stupro non si giustifica. Spesso però le vittime di uno stupro provano vergogna, si sentono colpevoli e reiette, sporche. Lo ripetiamo: una donna che viene stuprata non è colpevole. Potrà sembrare quasi banale ma «no» significa «no». Non importa quanto abbiamo bevuto. Non importa quando sia corta la nostra gonna. Non importa quanto siamo gentili verso il prossimo. La violenza sulle donne non è mai giustificabile e questo è un fatto.
Così com’è un fatto, purtroppo, che spesso si insinui che le donne siano in parte “colpevoli”. Lo fanno gli uomini che sono effettivamente colpevoli di stupro per compiere apologia di loro stessi, lo fanno altre donne, prigioniere anch’esse di quella mentalità maschilista per cui la donna è un oggetto.
Prende le mosse da questo concetto il progetto fotografico “Dear Brock Turner” realizzato dalla fotografa Yana Mazurkevich per la piattaforma Current Solutions. Il Brock Turner in questione è il protagonista di un noto caso di giurisprudenza negli Stati Uniti: uno studente è stato accusato di stupro per aver violato una ragazza mentre era priva di sensi per aver bevuto troppo. Durante il processo sono state tante le lettere che il giudice ha ricevuto, lettere di famigliari e amici di Brock, il padre in particolare, che sostenevano come fosse colpa della donna tutto quello che era accaduto. Per loro era colpa della donna: non avrebbe dovuto bere. Ma appunto, non c’è scusa che tenga quando si parla di violenza sulle donne. Tanto che la vittima in questo caso di giurisprudenza è stata riconosciuta come tale. Perché non era capace di dare il suo consenso: quindi lo stupro era tale a tutti gli effetti. Tutto quello che è emerso nel caso di Brock Turner è stato riversato in queste foto, che contengono degli stralci degli avvenimenti come didascalia.
Il progetto fotografico raccoglie quindi tutti quei luoghi comuni, quei pregiudizi che vengono gettati come macigni sulle donne oggetto di violenza. Perché siano sempre di più le persone che diventano consapevoli di questi macigni. Perché forse ognuna di noi può aiutare un’amica a sollevare questi macigni. Va ricordato che una donna su cinque è oggetto di violenza e che di queste solo una su tre denuncia l’accaduto.
«Se lei è troppo ubriaca anche per camminare e cade giù, non montarle sopra, non piegarla, non toglierle le mutande e non inserirle la tua mano nella vagina.»
«Così un anno dopo, come previsto, emerse un nuovo argomento. Brock aveva una nuova storia strana, che suonava quasi come un romanzo per giovani adulti scritto male, con baci e balli e tenersi per mano e amabilmente rotolare per terra, e cosa più importante nella storia, ci fu improvvisamente il consenso. Un anno dopo l’incidente, lui ricordava che lei aveva davvero detto di sì, a tutto.»
«Questa non è la storia di un altro abbordaggio da ubriachi al college con l’aggiunta di qualche cattiva scelta. L’aggressione non è un incidente.»
«Essendo ubriaco non posso prendere la migliore decisione né potrebbe prenderla lei.»
«Se sta indossando un cardigan sopra il vestito, non toglierglielo per toccarle il petto. Forse ha freddo, forse è per questo che indossa il cardigan.»
«Avevi torto per aver fatto ciò che nessun altro stava facendo, cioè infilare il tuo pene eretto nei pantaloni contro il mio corpo nudo e indifeso, nascosti in un’area scura, dove gli altri invitati alla festa non potevano vedermi o proteggermi, dove mia sorella non avrebbe potuto trovarmi.»
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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