Come è nato il tradizionale abito da sposa? La storia di questo abito da cerimonia è lunghissima quanto affascinante e merita di essere raccontata.

Al giorno d’oggi sono ormai radicate le usanze che vedono le donne occidentali vestirsi in abito bianco, (colore che rappresenta la purezza) il giorno del loro matrimonio, e le donne orientali in abito rosso sgargiante, simbolo di vita e fortuna. Attribuiamo, quindi, un significato a queste scelte cromatiche. Ma non è sempre stato così.

Gli abiti da sposa che chiamiamo “tradizionali” sono, per la maggior parte, relativamente moderni, non importa da dove essi provengano. Per gran parte della storia umana, il matrimonio ha avuto un’utilità pratica e non c’era spazio per il romanticismo.

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Il matrimonio era infatti utile per i trasferimenti di proprietà, il mantenimento dei figli, il monitoraggio delle linee di sangue e la gestione delle donne. Per questi motivi l’unione tra le due parti veniva in genere sancita da un notaio, e non v’era alcuna cerimonia nuziale che implicasse uno scambio di voti tra lo sposo e la sposa.

I matrimoni venivano resi ufficiali attraverso la firma di un contratto o qualche altro mezzo di accordo formalizzato, ma un matrimonio non era generalmente considerato un’occasione spirituale o addirittura romantica. E poiché non c’erano veri e propri matrimoni, come li intendiamo oggi, non potevano esserci nemmeno veri abiti da sposa.

Anche se va detto che, nell’antichità, le spose solevano indossare accessori di vari colori che simboleggiavano l’unione formale con il marito. Nell’antica Roma, ad esempio, le donne usavano indossare copricapi gialli, simboli della luce e del calore che avrebbero portato nelle case dei loro mariti.

Il primo caso registrato di un abito da sposa bianco nella cultura occidentale è quello della principessa inglese Philippa che sposò nel 1406 il re scandinavo Eric. La principessa era vestita con una tunica bianca foderata di ermellino e pelliccia di scoiattolo.

Nel 1558, Maria regina di Scozia indossò il bianco per il suo matrimonio con il futuro re di Francia, nonostante all’epoca il bianco fosse un colore di lutto per le regine francesi. Per i secoli successivi, il bianco rimase un colore popolare ma non obbligatorio per i matrimoni reali.

Gli abiti bianchi, al tempo, non simboleggiavano la verginità o addirittura la purezza, ma erano solo più costosi e più difficili da mantenere puliti, e quindi simboleggiavano lo status e la ricchezza di chi li indossava.

L’abito da sposa bianco diventò un culto verso la metà del diciannovesimo secolo, quando l’amatissima regina Vittoria sposò il principe Alberto nel 1840 (anche se il colore da lei scelto era più simile all’avorio). Prima di allora, le spose più ricche spesso prediligevano l’oro o il blu.

L’ascesa della fotografia, e dei ritratti di matrimonio in particolare, ha contribuito notevolmente a rendere popolare la tendenza dell’abito da sposa bianco. Gli abiti bianchi si distinguevano, infatti, nei ritratti fotografici in bianco e nero o seppia dall’aspetto a volte confuso e donavano più luce allo scatto.

Nel 1849 le riviste femminili proclamavano già che non solo il bianco era il colore migliore per un abito da sposa, ma che in realtà era sempre stata la scelta più appropriata. In un magazine per signore in voga all’epoca, il Godey’s Lady’s Book, si diceva che “il bianco è la tonalità più adatta [per le spose], qualunque sia il materiale. È un emblema della purezza e dell’innocenza della fanciullezza e del cuore immacolato che ora cede al prescelto”.

Ecco quindi che abito bianco ha assunto un valore del tutto nuovo: gli si è attribuito il significato di innocenza e verginità piuttosto che di ricchezza.

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