Quando parliamo di aborto, siamo abituati a pensare che la sua accettazione sia una conquista dei tempi moderni, a partire dalle lotte degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Eppure, non è così. Negli Stati Uniti del XIX secolo, ad esempio, era ampiamente accettato come mezzo per evitare i rischi associati alla gravidanza e al parto: l’idea di vietarlo – o punirlo – è venuta più tardi. E non per tutelare le donne, né gli embrioni, ma i medici.

Peritonite puerperale, febbre puerperale, sepsi puerperale, eclampsia e decessi durante il parto: nel 1800 portare avanti una gravidanza e dare alla luce un bambino era estremamente pericoloso per le donne. Per questo, l’aborto era spesso un’alternativa più sicura al parto, che alcune donne consideravano “patologico e spaventoso”, secondo il libro di James Mohr del 1978, Abortion in America. Come racconta Tamara Dean in un articolo sul The Guardian, abortire era un modo comune – per le donne di ogni etnia e classe sociale – non solo di controllare le nascite e limitare le dimensioni della famiglia così da poter gestire le risorse, ma anche di proteggere la loro salute.

Gli aborti effettuati prima del cosiddetto “quickening”, il momento in cui una donna incinta poteva sentire il feto muoversi (di solito intorno al quarto mese), erano legalmente e moralmente accettabili. Il termine ultimo era basato sulle percezioni delle donne, non su una diagnosi medica: in assenza di un test scientifico di gravidanza, era stato riconosciuto come la soglia dello sviluppo umano. Prima che il feto si muovesse, osserva Leslie J Reagan nel suo libro del 1996, When Abortion Was a Crime, nemmeno la chiesa cattolica credeva che esistesse una vita umana.

L’aborto era così frequente che, secondo un medico,

era raro trovare una donna sposata che ha attraversato il periodo fertile che non ne ha avuto uno o più. Le donne ne parlavano casualmente. Potevano decidere di essere “raddrizzate”, “aperte” o “sistemate”. (Non avrebbero detto “aborto”, poiché quel termine apparteneva al lessico medico, non al vocabolario della gente comune.) Un medico ha riferito che le donne “parlano comunemente di tali questioni e impartiscono informazioni senza risparmiarsi”.

Anche se la procedura veniva effettuata da alcuni medici, infatti, erano quasi sempre le donne che si occupavano in prima persona degli aborti, generalmente utilizzando droghe o erbe, un sapere che veniva tramandato di generazione in generazione. Almeno fino al 19 secolo, quando l’aborto è stato commercializzato e le conoscenze secolari delle donne sono state incapsulate in piccole o sciroppi prodotti su larga scala.

Le conseguenze di questa operazione drammatiche, non solo per le donne che li assumevano, ma anche per tutte le altre, e quelle che sono venute dopo: pastiglie e tinture non erano regolamentate e, pertanto, erano pericolose e talvolta letali. Per questo, negli anni ‘20 e ‘30 videro la luce le prime legislazioni sull’aborto, che in questa prima fase punivano i produttori di farmaci e non le donne che li usavano (purché prima del quickening).

Sarebbero passati più di cinquanta anni prima che l’aborto divenisse illegale, ma questo è stato il primo passo verso la sua criminalizzazione. Una criminalizzazione arrivata non per tutelare la vita e la salute delle donne, né quella degli embrioni che portavano in grembo. Come spiega ancora Dean,

Nel 1857, l’American Medical Association (AMA) di recente costituzione avviò una campagna, guidata dal dottor Horatio R Storer, per porre fine all’aborto. Le ragioni dell’organizzazione erano molte, ma la salute delle donne non era la principale tra queste. Reagan scrive che l’AMA e i suoi membri stavano tentando di “conquistare il potere professionale, controllare la pratica medica e limitare i loro concorrenti, in particolare gli omeopati e le ostetriche.
Ansie di classe, razziali e di genere sono state prese in considerazione nella paura dei medici di perdere il potere.

Poco più di 30 anni dopo, nel 1880, ogni stato aveva approvato leggi per vietare di interrompere intenzionalmente una gravidanza in qualsiasi fase.

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