Dopo lo stop dello scorso anno, dovuto al Covid, nel 2021 le Olimpiadi di Tokyo si svolgeranno regolarmente, dal 23 luglio all’8 agosto, mentre dal 24 agosto al 5 settembre andranno in scena le Paralimpiadi, a cui parteciperà, fra gli altri, la ventenne Alia Issa.

La storia di Alia è davvero molto particolare: nata in Grecia nel 2001, la ragazza, specializzata nel lancio della clava, è fra i sei atleti che compongono il Paralympic Refugees Team, ovvero la squadra dei rifugiati. Suo padre, Mohament Issa, ha lasciato la Siria per la Grecia nel 1996 in cerca di una vita migliore per la sua famiglia, vivendo per quattro anni da solo, lavorando come sarto, fino a quando non ha messo da parte abbastanza soldi per portare sua moglie e i loro quattro figli nel Paese. Lì, come detto, è nata Alia, che a quattro anni ha contratto una forma particolarmente grave di vaiolo, che l’ha costretta al ricovero in ospedale a causa di una febbre altissima. La malattia le ha provocato danni irreparabili al cervello, lasciandola sulla sedia a rotelle con difficoltà nell’esprimersi.

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Ma nonostante le avversità, il percorso e la vita di Alia sono sempre stati segnati da una fortissima determinazione.

Mio padre mi ha insegnato a sognare in grande e in realtà il suo sogno era che diventassi un medico.

Ha detto a Olympics.com. Il padre, proprio colui che le ha dato il maggior incoraggiamento per seguire i suoi sogni, purtroppo è venuto a mancare per una forma di cancro molto aggressiva, più o meno nello stesso momento in cui la sorella di Alia, che viveva in Norvegia, riusciva a superare il suo. Alia aveva sedici anni all’epoca, e ammette:

Mi ci è voluto un anno per fare i conti con il fatto che non c’era più. È stato un periodo molto difficile.

Da bambina è stata vittima di bullismo a scuola, episodi che l’hanno ferita ma non piegata; assieme al padre la mamma di Alia, Fatima Najjar, si è impegnata per garantirle il supporto di un logopedista e di un fisioterapista. Oggi, che con la famiglia è rientrata in Grecia dalla Norvegia ottenendo definitivamente lo status di rifugiata, con orgoglio appartiene alla spedizione paralimpica che presto partirà per il Giappone, e guiderà la squadra durante la cerimonia di apertura, in prima fila.

Lo sport mi ha dato l’indipendenza. Ora sono improvvisamente parte di una nuova comunità che fa nuove amicizie con obiettivi simili – ha detto – Non restate nelle vostre case. Attivatevi. Vi darà l’indipendenza e un modo per essere inclusi nella società.

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