Il re della Pop Art, Andy Warhol, nato il 6 agosto del 1928, fu anche il re della Factory, una ex fabbrica di Manhattan che trasformò in un luogo d’arte unico. Dal 1962 al 1968 fu il punto di ritrovo per modelle e artisti più o meno conosciuti in quegli anni: Nico, i Velvet Underground, Edie Sedgwick, Mick Jagger, Jim Morrison, Jackie Curtis, Salvador Dalì e molti altri. La prima sede si trovava al quinto piano di un edificio che oggi non esiste più, sulla 47esima Strada al 231 East a Midtown Manhattan

Questo studio fu il centro della vita artistica e culturale newyorkese degli Anni ‘60, un posto dalle molteplici identità dove il pittore produsse le sue famose serigrafie di figure iconiche, girò i primi film e organizzò feste all’insegna degli eccessi. The Factory inizialmente fu un rifugio per tutti coloro dal carattere eccentrico, e man mano che ne cresceva la popolarità divenne una sorta di luogo simbolo della New York artistica di quegli anni.

A frequentare lo studio non c’erano soltanto dive dello star system, ma anche modelle, attrici e cantanti alle prime armi che nella Factory e dall’incontro con il poliedrico artista trovarono un trampolino di lancio. Andy Warhol negli anni ebbe diverse muse, tra le quali spiccano Edie Sedgwick, modella e attrice tormentata che a soli 21 anni divenne la regina indiscussa della Factory, e Nico che nei primi anni della sua carriera ebbe un grande successo come modella e recitò in film importanti, tra cui anche La Dolce Vita di Federico Fellini, e con l’aiuto di Warhol, riuscì a realizzare il sogno di diventare una cantante.

Edie, nata nel 1943 a Santa Barbara, era una bellezza androgina. Appartenente a una famiglia prestigiosa, un bisnonno fu uno dei firmatari della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, si trasferì giovanissima a New York con l’intento di iniziare una nuova vita e sfuggire agli incubi della sua adolescenza. Nella Grande Mela, Edie, poco più che ventenne, cominciò a frequentare la vita mondana: proprio durante una festa conobbe Warhol e fin dal loro primo incontro, avvenuto nel 1965, si instaurò un rapporto di forte complicità. In quello stesso anno comparve in circa una decina di film dell’artista, tra cui Kitchen e Poor Little Rich Girl e per circa due anni fu la ragazza più popolare della Factory. La fama però non placò i suoi turbamenti interiori. Nel 1968 lasciò New York e tornò in California, dove fu ricoverata in diversi ospedali psichiatrici e nel 1971 morì per un’overdose di barbiturici.

Negli anni in cui i suoi disturbi presero il sopravvento, un’altra donna sbarcò alla Factory: l‘enigmatica Nico. Quando arrivò a New York era già una modella affermata, ma stanca del suo lavoro. Nata nel 1943 a Colonia, all’anagrafe Christa Päffgen, intraprese la carriera di mannequin e mentre posava a Parigi conobbe Bob Dylan, grazie al quale arrivò a Warhol. Lui si interessò maggiormente alla sua voce e nel 1966 propose a una band, allora pressoché sconosciuta, di collaborare con Nico. 

Dopo i primi concerti live nel marzo del 1967 arrivò il primo album del gruppo: The Velvet Underground & Nico. Nel disco, con la banana disegnata da Warhol in copertina, lei cantò tre pezzi scritti da Lou Reed, Femme Fatale, All Tomorrow’s Parties e I’ll be Your Mirror. Questa collaborazione musicale non durò a lungo e nel 1967 la cantante esordì come solista con l’album Chelsea Girl. Nico cominciò a odiare l’idea di essere apprezzata solo per la sua estetica e la sua musica, con temi e atmosfere dark, rispecchiava proprio questo. La storia post-Factory della ragazza fu segnata dalla dipendenza dalle droghe: iniziò a fare abuso di eroina e morì nell’estate del 1988 dopo un incidente in bicicletta.

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