Si dicono amareggiate e deluse le donne che, nel 2018, esultarono per la condanna di Bill Cosby, l’attore noto per il ruolo del papà nella serie I Robinson, condannato per violenza sessuale aggravata a una pena compresa tra i tre e i dieci anni. Nella giornata di mercoledì 30 giugno la Corte Suprema della Pennsylvania ha infatti annullato la sentenza del 28 aprile di tre anni fa, rimettendo Cosby in libertà e permettendogli di fare rientro a casa, alla periferia di Philadelphia.

I motivi per cui la condanna è stata revocata dipendono dall’accoglimento delle richieste dei legali di Cosby, secondo cui il processo, iniziato nel dicembre del 2015 dalla Procura di Montgomery County, non è stato equo e corretto, sia a causa del condizionamento del dibattimento per via della presenza, in aula, di altre vittime estranee al merito della causa che per l’inchiesta, aperta dal sostituto procuratore Kevin Steele, chiusa dieci anni prima con un accordo stragiudiziale e con la promessa, da parte dei magistrati, di non incriminazione.

Cosby torna così libero dopo aver scontato circa tre anni in carcere, rifiutando di partecipare ai programmi di recupero che gli avrebbero consentito di ottenere gli arresti domiciliari.

Andrea Constand, la principale accusatrice di Cosby, ha definito la sentenza “deludente” e ha aggiunto che l’annullamento della condanna potrebbe indurre altre vittime di violenza sessuale a non denunciare. Come lei, anche Patricia Steuer, che ha accusato Cosby di averla drogata e aggredita nel 1978 e nel 1980, ha detto che si stava preparando alla possibilità che la condanna sarebbe stata annullata, ma di essere ancora “un po’ stordita” dalla sentenza del tribunale.

Mi sento triste perché questa è assolutamente una perdita per me. Mi chiedo che cosa conta il calvario che ho vissuto per 43 anni.

Adesso Cosby può dire di essersi vendicato o di essere stato perseguitato o che è innocente, ma so che non è vero, e anche le altre donne che si sono fatte avanti lo sanno.

Victoria Valentino, un’altra delle accusatrici di Cosby, ha detto ad ABC News di essere “profondamente angosciata, sopraffatta e devastata”.

Oltre alle vittime di Cosby, anche le associazioni a tutela delle donne si dichiarano devastate per la sentenza; l’Organizzazione nazionale per le donne ha denunciato il rilascio del signor Cosby, affermando che “il sistema giudiziario in America ha fallito verso le sopravvissute”, mentre Tina Tchen, a capo di Time’s Up, ha definito la decisione del tribunale “devastante”. Scott Berkowitz, presidente di RAINN , la rete nazionale di stupri, abusi e incesti, ha dichiarato:

Siamo profondamente delusi dalla sentenza odierna della Corte suprema della Pennsylvania e dal messaggio che questa decisione invia alle coraggiose sopravvissute che si sono fatte avanti per chiedere giustizia per quello che Bill Cosby ha fatto loro. Questa non è giustizia.

Prova a vedere il lato positivo l’avvocata Gloria Allred, che ha difeso gran parte delle donne coinvolte nella maxi causa contro l’attore.

Nonostante la decisione della Corte Suprema della Pennsylvania, questa è stata un’importante battaglia per la giustizia e anche se la Corte ha annullato la condanna per motivi tecnici, non ha giustificato la condotta di Bill Cosby e la decisione non deve essere interpretata come una dichiarazione o una constatazione che non ha commesso gli atti di cui è stato accusato.

Come detto, i guai giudiziari per Cosby cominciarono nel 2015, quando Andrea Constand lo accusò di averla drogata e stuprata poco più di dieci anni prima, quando lavorava per la Temple University. Una prima denuncia, nel 2005, cadde nel vuoto dopo che i legali di Cosby ottennero la non incriminazione, chiudendo la causa con un accordo i cui termini sono sempre rimasti privati.

Constand però non si arrese, e dieci anni più tardi riportò la denuncia all’attenzione del sostituto procuratore Steele, che fece quindi istruire il processo contro l’ex “papà Robinson”; dopo la testimonianza della donna uscirono allo scoperto circa altre 50 donne che accusarono Cosby, gran parte delle quali accettarono di testimoniare anche in aula; fra loro, l’ex top model Janice Dickinson.

I procuratori conclusero che Cosby fosse un predatore seriale, ma alla luce dell’attuale decisione proprio questo è stato il loro passo falso: i difensori dell’attore hanno potuto far leva sul fatto che nel processo si sarebbe dovuto giudicare solo il caso Constand, e non uno schema di comportamento abituale attuato nei confronti di altre donne, ma non sostenuto da prove.

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