Ricordiamo Carmela. Ricordarla è il minimo che possiamo fare. Perché è giusto così, perché è facile indignarsi su tutte le vicende riguardanti la violenza sulle donne ma poi diventa troppo scomodo, brucia, fa male pensare di vivere in un paese, in una società del genere, il pensiero si autocensura, va a finire lì, tra gli scaffali della memoria dove ci sono tutte quelle cose che si sa che sono lì ma non si guardano. Perché alla fine, è comodo pensare il solito “ma non succede a me” e poi comportarsi da donna inserita in una società che la considera, dopotutto, niente. E’ più comodo rifugiarsi nel proprio angoletto invece che effettivamente battersi. Ed è anche per questo, che siamo messe così. Troppe poche donne si battono, si ribellano, chiedono. E la povera Carmela deve essere un monito, perché Carmela potrebbe benissimo essere la nostra cuginetta, la nostra sorellina, nostra figlia.

Carmela aveva 13 anni e già una vita pesante sulle spalle. Una famiglia difficile. Ad un certo punto è stata inserita in comunità e da lì, una notte scappò. Rimase via per quattro giorni e in questi quattro giorni venne stuprata da ben cinque persone diverse: due minorenni e tre maggiorenni. Poi la serie imbarazzante delle denunce, dei “ma te la sei cercata”, dei ricordi strazianti. Carmela non ha retto la vergogna, non ha retto il peso di quelle violenze e si è gettata dalla finestra di una casa di amici a Taranto. A raccontare la sua triste vicenda, rimane solo il suo diario, recuperato dal patrigno e depositato agli atti, in cui sono indicati nomi e cognomi.

E questi nomi e cognomi corrispondono a cinque orchi, che sono chiamati a rispondere di quanto fatto: precisamente solo i maggiorenni. I minorenni sono stati, se così si può dire “ammoniti”. I maggiorenni finora non hanno fatto un solo giorno di carcere e hanno ancora il processo in corso: la prossima udienza è domani, l’ultima il 12 luglio. Poi la sentenza.

Per lei, in piazza sono scese le attiviste, del gruppo “compagne del Mfpr”, Movimento femminista proletario rivoluzionario assieme al patrigno, Alfonso Frassanito. Loro presidieranno l’aula del tribunale dove si terrà il processo. L’iniziativa si chiama “Con Carmela nel cuore!”, dedicato a “ogni donna uccisa, stuprata, offesa: siamo tutte parte lesa”. Per non dimenticarla, per cercare di fare qualcosa di più, perché una vicenda tanto raccapricciante non sia dimenticata.

E sempre per non dimenticare, Alessia Di Giovanni e Monica Barengo (edizioni BeccoGiallo) hanno illustrato e raccontato quel diario dell’orrore. La loro graphic novel si chiama “Io sò Carmela”, frase che la bambina scriveva ovunque. Come per cercare di ricordarsi che lei era sempre lei, si era persa ma si poteva ritrovare, nonostante le violenze e tutta la sua terribile vicenda.

Carmela Cirella nel cuore, di tutte le donne. Lei è il simbolo di una lotta che non deve fermarsi.

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