"Chiamatemi direttrice": Davide Livermore contro le donne che vogliono i titoli al maschile
Il regista ha lanciato una provocazione diretta alle donne che desiderano essere appellate al maschile.
Il regista ha lanciato una provocazione diretta alle donne che desiderano essere appellate al maschile.
Davide Livermore, regista recentemente confermato alla guida del Teatro Nazionale di Genova per i prossimi cinque anni, ha lanciato una provocazione alle donne che desiderano che la loro professione sia declinata al maschile anche quando esiste la variante femminile.
Il regista ha infatti chiesto di essere chiamato “Direttrice del Teatro Nazionale”, e non direttore. “Ci sono donne con incarichi di responsabilità che si fanno definire al maschile. Quanto a me, d’ora in poi chiamatemi direttrice” ha detto Livermore, come riportato da Repubblica.
Il riferimento è ad alcuni esempi recenti di questo tipo, tra cui quello di Giorgia Meloni, la quale, nel dicembre del 2022, aveva richiesto di farsi chiamare ‘il’ presidente e non ‘la’, nonostante il sostantivo sia ambigenere. Scelta preceduta da Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato, che aveva in più occasioni rifiutato l’articolo femminile per definire il suo incarico. O ancora, il caso di Beatrice Venezi, che nel febbraio dello stesso anno aveva richiesto di venire chiamata ‘direttore’ d’orchestra e non ‘direttrice’.
Il maschile, si sa, è spesso associato a potere e autorità, e quindi spesso viene utilizzato per abitudine, e retaggio di una cultura patriarcale, quando ci si trova a dover declinare professioni di una certa importanza. Ma, come spiega il professor Claudio Marazzini della Crusca ad Adnkronos, “I titoli al femminile sono legittimi sempre; chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato. Chi invece preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di farlo”.
“In presenza di un’oscillazione tra il maschile e il femminile, determinata da posizioni ideologiche, penso che ognuno possa e debba mantenere la propria piena libertà di espressione, optando di volta in volta per il maschile o per il femminile, in base alle proprie ragioni”, aveva argomentato, commentando la scelta di Meloni.
Occorre dunque abituarsi a non avere paura di queste oscillazioni linguistiche: la lingua non è un mai un monolite. Anzi, proprio nella varietà della lingua tutti i parlanti possono trovare il loro spazio e possono interagire positivamente con gli altri, superando le eventuali differenze, senza rinunciare a se stessi.
Perennemente con la musica in sottofondo e un libro di Flaubert in borsa, amo le grandi città e i temporali. Da bambina volevo diventare una scrittrice di gialli. Collaboro con Roba Da Donne, DireDonna e GravidanzaOnLine.
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