“La Cina sta compiendo un genocidio verso gli uiguri e di altri popoli a maggioranza musulmana”.

Sono le parole dell’ormai ex segretario di Stato americano, Mike Pompeo, rilasciate lunedì 20 nell’ultima comunicazione prima dell’insediamento della nuova amministrazione guidata da Joe Biden.

Credo che questo genocidio sia in corso e che stiamo assistendo al tentativo sistematico di distruggere gli uiguri da parte del partito-stato cinese.

La situazione cui fa riferimento Pompeo è quella della minoranza uiguri, etnia turcofona di religione islamica stanziata nel nord-ovest della Cina, in particolare nella regione autonoma dello Xinjiang, insieme ai cinesi Han; nei loro confronti il governo cinese avrebbe messo in atto, almeno da tre anni, una vera e propria eliminazione di massa, attuata attraverso la prigionia in quelli che i gruppi per i diritti umani chiamano “campi di rieducazione”, ma anche attraverso la sterilizzazione della popolazione, soprattutto femminile, o gli aborti forzati.

La Cina ha reagito con rabbia, liquidando la dichiarazione come “bugie oltraggiose”.

Questa è carta straccia – ha detto il portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying – Ci auguriamo che la nuova amministrazione statunitense possa avere un giudizio ragionevole e distaccato sulle questioni dello Xinjiang.

Peccato, però, che anche il neo segretario di Stato americano, Antony Blinken, si sia dichiarato d’accordo con il suo predecessore.

Sugli uiguri penso che siamo molto d’accordo – ha detto – Tengono con la forza uomini, donne e bambini nei campi di concentramento, cercando, in effetti, di rieducarli a essere aderenti all’ideologia del comunismo cinese.

Del resto, già ad agosto la squadra di Biden parlava di “un’indicibile oppressione… Per mano del governo autoritario cinese” subita dagli uiguri; chiaro, quindi, che l’orientamento di Blinken rispecchiasse quello dell’amministrazione Trump, che con la Cina, come sappiamo, ha aperto una vera e propria guerra fredda.

Nel frattempo, la Cina afferma di combattere “tre forze del male”: separatismo, terrorismo ed estremismo nella regione più occidentale dello Xinjiang, dove vive la maggior parte degli 11 milioni di uiguri, e che quelle che definisce “misure di addestramento” nello Xinjiang sono necessarie per sconfiggerle. C’è stato, in effetti, un rigurgito separatista negli anni passati, in particolare negli anni ’90, da parte della minoranza Han, poi repressa con misure di sicurezza estreme, e lo Xinjiang è ora coperto da una rete pervasiva di sorveglianza, tra cui polizia, posti di blocco e telecamere che scansionano qualsiasi cosa, dalle targhe ai singoli volti. Il governo cinese afferma che le misure sono necessarie per combattere la violenza separatista nella regione, ma è accusato di aver esagerato la minaccia per giustificare la repressione degli uiguri.

Gli attivisti affermano che la Cina sta cercando di sradicare la cultura uiguri, costringendo i musulmani a mangiare carne di maiale e bere alcolici. Lo Xinjiang rappresenta inoltre quasi un quinto della produzione mondiale di cotone, secondo le stime degli Stati Uniti, e il governo cinese è stato accusato anche di aver usato i campi di detenzione della regione adibendoli a luoghi di lavoro forzato, soprattutto proprio per la lavorazione del cotone.

Un’indagine della BBC del 2019 ha inoltre portato alla luce che i bambini nello Xinjiang venivano sistematicamente separati dalle loro famiglie proprio nel tentativo di isolarli dalle loro comunità musulmane. Infine (ma non meno grave), c’è l’inchiesta dell’Associated Press sulla sterilizzazione forzata delle donne uiguri.

L’inchiesta

L’Associated Press ha realizzato e diffuso un’inchiesta in cui spiega come la minoranza uiguri nello Xinjiang sia sottoposta a una campagna per il controllo delle nascite che definire aggressiva sarebbe un eufemismo. Quello che sta avvenendo è un vero e proprio genocidio demografico.

Il genocidio uiguri si avvale di diversi strumenti. Le donne che fanno parte di questa minoranza musulmana in Cina sono obbligate a indossare delle spirali intrauterine e vengono sottoposte ad aborti forzati. Ci sono anche continui controlli per eventuali gravidanze. E non mancano le sterilizzazioni contro la volontà delle persone. Le donne vengono spiate e denunciate se incinte. Uomini e donne che hanno figli vengono deportati in campi di lavoro, dove vengono “rieducati” sul controllo delle nascite. Lo stesso viene fatto con i figli di queste persone, che vengono rinchiusi in orfanotrofi.

La Repubblica Popolare Cinese attua da sempre politiche choc per quello che riguarda il controllo delle nascite. Qualche anno fa, c’è stata però un’attenuazione di queste politiche: niente più obbligo del figlio unico dal 2015, ma questo non riguarda tutti. Nello Xinjiang vivono una maggioranza Han e una minoranza uiguri. Quest’ultima è oggetto di persecuzioni a causa del fatto che si vuole impedire che gli uiguri, poveri e poco istruiti, si riproducano. Gli Han, invece, più benestanti, sono incoraggiati ad avere più figli.

Anche in questo caso il governo cinese ha tuttavia bollato l’inchiesta dell’Associated Press come falsa, affermando, attraverso il suo Ministero degli Esteri, di trattare tutte le etnie allo stesso modo e di proteggere i diritti delle minoranze. In realtà, per decenni, prima della salita al potere del presidente Xi Jinping, gli uiguri hanno beneficiato di una serie di diritti in quanto minoranza: più punti per gli esami di ammissione all’università, quote per lavori governativi, allentamento delle restrizioni al controllo delle nascite soprattutto per coloro che vivevano nelle campagne.

Con l’avvento di Xi Jinping tutto è cambiato: niente più benefici per gli uiguri né per altre minoranze. La maggioranza Han invece è stata incoraggiata a fare più figli, in controtendenza con la politica dei figlio unico adottata in passato. E naturalmente le donne Han non sono costrette a utilizzare contraccettivi, ad abortire e non vengono sterilizzate contro la loro volontà.

L’intenzione – spiega Darren Byler, docente all’Università del Colorado ed esperto di uiguri – potrebbe non essere quella di eliminare completamente la popolazione uigura, ma ridurrà drasticamente la loro vitalità. Li renderà più facili da integrare nella popolazione cinese tradizionale.

I dati

Le donne che vengono forzate a ricorrere alla spirale intrauterina sono moltissime: c’è stato un incremento del 60% nella regione dello Xinjiang, mentre nel resto della Cina l’utilizzo di questo dispositivo è in forte calo. E si tratta di spirali “speciali”, progettate per non essere rimosse se non da personale specializzato con determinati attrezzi.

L’indagine della Associated Press si basa sulle statistiche di governo, i documenti di stato, testimonianze di ex detenuti nei campi di lavoro, i loro famigliari e anche un ex dipendente di questi campi. Gli uiguri vengono minacciati con la detenzione se hanno figli, e poi anche deportati se disobbediscono.

I dati parlano chiaro. Nelle regioni di Hotan e Kashgar, in cui abitano una gran parte di uiguri, il tasso di natalità è crollato del 60% tra il 2015 e il 2018. Nell’ultimo anno, il tasso di natalità è sceso del 24%, mentre il dato su base nazionale in Cina presenta un calo medio del 4,2%. E questo ha una ricaduta sull’economia, dato che il controllo delle nascite ha rallentato la crescita del non più tanto fiorente Xinjiang.

Secondo lo studioso cinese Adrian Zenz, si tratta di un disegno preciso per soggiogare gli uiguri, che, in quanto musulmani, sono visti come destabilizzanti per il governo cinese (tutte le religioni sono malviste dai regimi autoritari, ma gli islamici in Cina sono stati anche tacciati di essere terroristi o filoterroristi). Per alcuni esperti, lo stato vuole togliere fede e identità agli uiguri per assimilarli con la forza.

Nel campo della contea di Karakax nello Xinjiang ci sono 484 detenuti: tra essi, ci sono 149 prigionieri accusati di aver avuto troppi figli. Vengono tenuti lì con una scusa: istruzione e formazione, ma in realtà vengono rieducati e sottoposti a sterilizzazione e contraccezione forzata. Nel 2017, nello Xinjiang le multe per aver avuto figli si sono triplicate e ammontano a tre volte il reddito annuale dell’intera contea. Le multe interessano anche la maggioranza Han, ma i campi di lavoro, dove le persone vengono mandate se non possono pagare, sono solo per gli uiguri. In più vengono incentivati i matrimoni misti tra Han e uiguri. Le coppie miste ricevono infatti bonus ed elettrodomestici in regalo dal governo.

Nei campi di lavoro sono le donne a pagare il prezzo più alto. Sono costrette a frequentare delle lezioni in cui viene spiegato loro quanti figli dovrebbero avere. Oltre alla spirale intrauterina, vengono obbligate ad assumere anticoncezionali per bocca o endovena, ricevendo anche effetti collaterali da questo trattamento. Molte di loro, dopo la detenzione, quando si sottopongono a controlli medici, scoprono di essere sterili. Per i bambini non va meglio: chiusi negli orfanotrofi sono tristi e credono, a ragione, che forse non rivedranno mai più i genitori.

Le testimonianze

Gulnar Omirzakh, 28enne kazaka di origini cinesi, dopo aver avuto il terzo figlio, le fu ordinato dal governo di utilizzare una spirale intrauterina. A gennaio 2018, dei funzionari in mimetica le hanno poi dato una multa di 2685 dollari per aver avuto più di due figli. Una cifra chiaramente impossibile per lei, che e moglie di un fruttivendolo. Le dissero che, se non avesse pagato, lei e il marito sarebbero stati deportati in un campo di lavoro. Si è indebitata per pagare la multa e quando il marito è stato rilasciato, la coppia è fuggita in Kazakistan con i figli. Ha ancora la spirale, che le causa infiammazioni, sanguinamento e dolori lancinanti.

Impedire alle persone di avere figli è sbagliato – ha detto – Ci vogliono distruggere come popolo.

Un’altra storia narrata nel reportage di Associated Press è quella di Abdushukur Umar, uno dei primi a cadere vittima di questa politica repressiva di controllo delle nascite. L’uomo ha avuto sette figli. Nel 2016 è iniziata verso di lui una vera e propria persecuzione, tanto che alcuni suoi parenti si sono rifugiati in Turchia: Umar è stato invece imprigionato in un campo di lavoro per sette anni, uno per ogni figlio avuto. Altri non sono stati così fortunati: molti detenuti per aver avuto troppi figli hanno ricevuto una sentenza di decenni.

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Un’altra testimonianza giunge da Dina Nurdybay, che ha visto compagne di detenzione essere sottoposte a queste aberrazioni. Lei è stata risparmiata, essendo single e senza figli. Ma ha raccontato di violenze e umiliazioni ricevute dalle altre. Come Tursunay Ziyawudu, che è stata sottoposta a un trattamento per endovena finché non ha smesso di avere le mestruazioni, ed è stata presa ripetutamente a calci nel basso ventre durante gli interrogatori: ora è sterile e sanguina spesso dalla vagina. Ogni tanto, in questi campi di detenzione, vengono concesse le visite coniugali, a patto che vengano assunti degli anticoncezionali prima degli incontri. C’è chi è scomparsa dal campo di lavoro dopo essere rimasta incinta. O c’è chi ha provveduto da sé a un aborto, con tutto il rischio che questo comporta: era troppa la paura delle alternative forzose.

Nel 2017 Gulzia Mogdin, una donna kazaka in visita in Cina, è stata fermata dalla polizia che le ha trovato WhatsApp sullo smartphone. In base alle sue urine si è scoperto che era incinta e le hanno detto di abortire o avrebbero trattenuto il fratello. Il feto le fu risucchiato con un aspirapolvere e fu rimandata a casa, mentre veniva organizzata la sua deportazione. È riuscita a tornare in Kazakistan, ma non può più avere figli.

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