Elisabetta Mijno, 31 anni, torinese, arciere con due medaglie paralimpiche sulla bacheca (una di bronzo nel 2016 a Rio e una d’argento nel 2012 a Londra), è conosciuta per via delle sue prodezze nel tiro con l’arco più che per la sua vita al di fuori dell’arcieria.

Un’intervista rilasciata a La Repubblica.it mette in luce la Elisabetta meno conosciuta, quella che si è laureata in medicina con una specialistica in ortopedia, e che nel quotidiano lavora come chirurgo della mano presso l’ospedale Cto di Torino.

Elisabetta è costretta a stare su una sedia a rotelle per via di un incidente stradale da quando ha cinque anni. Ma quale è stata la molla che l’ha avvicinata alla chirurgia, e perché proprio della mano?

Quando ho iniziato a fare medicina – spiega Elisabetta Mijno ai microfoni della Repubblica.it – mi è entrata subito in testa la chirurgia della mano, anche se all’inizio era solo un’idea. Se la vogliamo vedere in modo più romantico, invece, da piccola avrei voluto aggiustare le mani di mia nonna Carla. Per me era sempre stata una figura molto importante e aveva una brutta artrite reumatoide deformante. Con gli anni le idee passano e il percorso è stato lungo. Però mi piaceva la chirurgia e l’ortopedia è diversa dalle altre perché spesso è risolutiva, talvolta riesci anche a vederne subito i risultati

Una professione che però presenta qualche criticità per chi è costretto a stare sempre seduto, come Elisabetta. Ma la campionessa-medico non ne fa un problema ed è in continuare ricerca di una soluzione.

Per adesso la chirurgia alla mano nella maggior parte dei casi la faccio da seduta. Ma la mia figura professionale non è ancora formata al cento per cento e io sto cercando tutte le soluzioni per migliorare. Ad esempio c’è il sistema verticalizzante che però non trovo così comodo, e quindi sono alla ricerca anche di altre soluzioni,
ha spiegato a La Repubblica

Fra un’impegno e l’altro in ospedale Elisabetta non si dimentica certo la passione per il tiro con l’arco, e sta già lavorando per preparare le Paralimpiadi di Tokyo 2020 e, soprattutto, Los Angeles 2028.

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