È successo a El Salvador, un piccolo paese dell’America Centrale: una donna identificata solo con il nome di Esme è stata condannata a 30 anni di carcere per avere avuto un aborto spontaneo. L’accusa, però, è quella di omicidio aggravato.

Confinante con il Guatemala e l’Honduras, El Salvador è uno dei paesi con le leggi più restrittive al mondo, in ambito di diritti delle donne. L’interruzione di gravidanza è illegale e completamente vietata dal 1998 e viene punita in qualsiasi circostanza, anche in caso avvenga per cause naturali.

Nell’ottobre 2019 la donna era stata arrestata. Esme si era rivolta a un ospedale pubblico per problemi di salute emersi durante la gravidanza. Dopo quasi due anni in custodia cautelare è stata condannata lunedì 9 maggio 2022.

Il codice penale di El Salvador prevede una condanna da due a otto anni di reclusione, per le donne che abortiscono. I giudici, tuttavia, spesso considerano l’interruzione di gravidanza un omicidio aggravato e lo puniscono con pene che vanno dai 30 ai 50 anni di carcere, anche se, come nel caso di Esme, si tratti di aborto spontaneo. Il suo non è infatti un caso isolato: tutte le donne del Paese sono obbligate a portare a termine la gravidanza a qualsiasi costo, anche se minorenni, stuprate o in gravi condizioni di salute.

Morena Herrera, presidente dell’organizzazione Citizen Group for the Depenalization of Abortion, ha dichiarato:

La sentenza è un duro colpo sulla strada per superare la criminalizzazione delle emergenze ostetriche che, come ha già sottolineato la Corte interamericana dei diritti umani, devono essere trattate come problemi di salute pubblica“.

Come si legge su il Post, secondo alcuni gruppi di attiviste, negli ultimi 20 anni più di 180 donne di El Salvador che avevano provocato un aborto spontaneo con problemi di salute sono state incriminate per aborto o per omicidio aggravato. E ancora, dal 2000 al 2014, almeno 49 sono state condannate, e altre decine sono state denunciate.

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