La storia del femminismo, dai suoi albori alle declinazioni attuali: questo è ciò che si propone Johanna Demetrakas, regista del nuovo documentario dedicato ad uno dei movimenti politici e socioculturali che più ha avuto impatto sul nostro mondo. Il titolo del progetto, originario Netflix, è Femministe: ritratti di un’epoca, e sarà disponibile alla visione dal prossimo 12 ottobre 2018. Il trailer ufficiale, rilasciato dall’emittente, ci ha permesso di dargli un primo sguardo.

Il documentario prende spunto dall’interessante libro fotografico Emergence di Cynthia MacAdams, pubblicato nel 1977. Al suo interno troviamo una ricca collezione di ritratti delle donne che hanno dato una svolta alla società, gettando i semi di quello che è diventato il movimento chiamato femminismo. A partire dalle storie di questi personaggi, il documentario ci conduce attraverso i meandri della storia del femminismo, sino ad arrivare ai risvolti odierni che questo termine porta con sé.

Protagoniste di “Femministe: ritratti di un’epoca” sono alcune tra le donne che hanno fatto la storia di questo movimento. Come l’attrice Jane Fonda, attivista nei confronti dei diritti delle donne, la sua collega Lily Tomlin, la musicista Michelle Phillips, l’artista Laurie Anderson, la scrittrice Kate Millet e la produttrice Judy Chicago. Sulla base delle fotografie scattate da Cynthia MacAdams, il documentario riporta stralci di interviste dell’epoca e interroga nuovamente le protagoniste affinché raccontino la loro storia.

“Femministe: ritratti di un’epoca” è un viaggio attraverso i mutamenti storici e sociopolitici che la figura della donna ha vissuto dagli anni ’70 ad oggi, affrontando temi delicati e complessi quali la maternità, l’aborto e l’identità di genere. Quali sono le prospettive per il futuro del femminismo? A parlarne sono le protagoniste che hanno vissuto il momento d’oro del movimento, e che ancora oggi si battono per migliorare la condizione di ogni donna.

La regista Johanna Demetrakas, che ha diretto il documentario, ha raccontato che cosa abbia significato per lei questo progetto:

“La parola ‘femminismo’ sembra essere la più spaventosa del dizionario, ma non per coloro che conobbero quel risveglio rivoluzionario che fu il cosiddetto femminismo della seconda ondata, negli anni ’70. Crescere come donne negli anni ’50 e ’60 significava non solo essere dal punto di vista legale cittadini di seconda classe, ma essere anche esseri umani di seconda classe: escluse dagli ambiti della medicina, dell’arte, della legge, dell’educazione e della religione, con l’unica eccezione rappresentata dal lavorare come segretarie. Il nostro film scava a fondo nelle nostre esperienze personali di sessismo e liberazione, e si interroga su come questa dicotomia ancora esista nel ventunesimo secolo”.

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