Feste dall'estetista per i compleanni delle bambine: l'assurdo trend diffuso tra i genitori

Si chiamano make up party, e sono feste di compleanno organizzate per bambine, spesso anche molto piccole, nei saloni estetici. Ma cosa ne pensa la pedagogia?

È un trend che sta prendendo piede a Bologna, Milano e in altre città italiane: feste di compleanno per bambine non a tema cartoni animati, con palloncini, unicorni e torte colorate, ma organizzate nei saloni estetici, con unghie finte, smalti e pennelli per il make up.

Le protagoniste sono bimbe spesso anche molto piccole, che con le amichette spengono le candeline tra una sessione di trucco e una manicure, con tutti  i “ma” e le perplessità del caso; se da un lato, infatti, c’è chi giudica queste festicciole innocue e un semplice modo per giocare e divertirsi a fare “le signore”, dall’altro la preoccupazione è quella di una prematura ed eccessiva adultizzazione delle bambine, oltre che una loro sessualizzazione.

Ciononostante, pare che questa nuova moda stia riscuotendo un grande successo, con centri estetici che dichiarano di aver ricevuto un vero e proprio boom di prenotazioni e di cercare di accontentare tutti.

Ma come si può valutare questo nuovo fenomeno dal punto di vista pedagogico? FanPage lo ha chiesto al pedagogista Luca Frusciello, che ha spiegato “Rifarsi le unghie e giocare con i trucchi non è un’attività da demonizzare, ma deve essere appunto un gioco. Se però mio figlia di 5 anni sceglie una festa make-up, anziché una festa con i palloncini dove si corre e ci si sporca, forse è il caso di chiedersi cosa ho inserito nella sua educazione per condizionarla”.

Gioco simbolico sì, dunque, anzi è estremamente importante nei bambini, purché non si passi dall’imitazione dell’azione al compiere l’azione stessa. Far finta di truccarsi, quindi, è assolutamente diverso dal festeggiare il proprio compleanno in un salone estetico per rifare pedicure, manicure o per farsi truccare.

Inoltre, prosegue Frusciello, un altro pericolo legato ai make up party  è quello di inseguire a tutti i costi non tanto la bellezza, quanto l’estetica. “I bambini non hanno bisogno di sentirsi belli, ma di sentirsi apprezzati per un bel disegno, per un gesto gentile o semplicemente perché sono la gioia di mamma e papà. Non di certo per delle unghie ben laccate, che non c’entrano nulla con la personalità o l’identità di una persona. […] Ad andare avanti con il concetto del ‘che male c’è’, abbiamo dato gli smartphone ai bambini di 3 anni, abbiamo lobotomizzato i bambini davanti ai cartoni animati e ora portiamo i bambini a fare le feste al negozio di dove si fanno le unghie.

[…] L’educazione è un investimento, una trasmissione di valori che possano costruire la persona e possano orientare il suo comportamento all’interno di un mondo. E se invece che seminare bene seminiamo superficialità e valori approssimativi, gli effetti magari non si vedranno subito, ma si faranno certamente sentire negli anni a venire. Ecco che male c’é”.

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