La mattanza dei cani del festival di Yulin, che neanche la pandemia ha fermato

Neanche la pandemia ha fermato il festival di Yulin, in cui ogni anno si macellano circa 10mila cani. Una barbarie che scuote molto le coscienze occidentali, ma abbiamo mai provato a fare un altro tipo di riflessione?

La pandemia non ha fatto cessare il famigerato festival di Yulin, che ogni anno uccide circa 10mila cani, macellati spesso in maniere molto cruente, per essere mangiati.

Anche quest’anno, quindi, il giorno del solstizio d’estate, 21 giugno, nella città della Regione Autonoma di Guangxi Zhuang è cominciata la mattanza, nonostante da qualche anno ormai siano state denunciate le scarsissime condizioni igienico-sanitarie in cui il tutto si svolge (che dopo la pandemia dovrebbero rappresentare un criterio fondamentale), e nonostante, già dal 2020, il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali della Cina, pubblicando la versione finale dell'”Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame”, abbia decretato che cani e gatti siano esclusivamente animali da compagnia.

Molti dei cani che finiscono imprigionati nelle gabbie o nelle reti per essere macellati a Yulin sono animali domestici rubati, o cani da guardia che aiutano le famiglie delle campagne; durante i viaggi per essere trasportati ai mattatoi vivono in condizioni orribili, spesso ammalandosi, ed è anche per questo che il festival rappresenta un vero e proprio potenziale ricettacolo di batteri e malattie.

Ormai da anni su Change.org è stata lanciata una petizione per bloccare il festival, sia per un discorso di salute che, come detto, per il fatto che i cani non siano considerati animali da reddito, anche per stessa dichiarazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Inoltre, in realtà a Yulin e nell’intera Cina è davvero molto bassa la percentuale di persone che mangia effettivamente carne di cane (appena il 28% a Yulin e il 20% nel Paese nel suo complesso), mentre ben più della metà della popolazione (64%) vuole abolire il festival. Segno che si sta portando avanti un’usanza davvero barbara solo per ragioni “culturali”, per rispettare una tradizione ormai vecchia e che può quindi essere tranquillamente abbandonata.

Forse, però, dovremmo fare anche un altro tipo di riflessione: è chiaro che vedere cani brutalmente macellati scuota moltissimo le coscienze occidentali, perché culturalmente il cane è solo ed esclusivamente un animale da compagnia, che mai sogneremmo di mangiare. Per questo le immagini di questi poveri quattro zampe chiusi in gabbie piccolissime in attesa di morire ci toccano sempre molto nel profondo, ma non va dimenticato che si tratta sempre di cultura e di abitudini con le quali si è cresciuti.

Per un indù il fatto che da noi si è soliti mangiare, ad esempio, bistecche di mucca, molto probabilmente lo indignerebbe con la stessa veemenza con cui noi invochiamo a gran voce – giustamente – la fine della barbarie di Yulin.

In America, per fare un altro esempio, è stata promossa persino una norma federale – poi abolita da Obama nel 2011 – per vietare la macellazione dei cavalli; il disgusto nel cibarsi di carne equina trae le proprie origini dai colonizzatori inglesi, e infatti in Inghilterra ancora oggi praticamente nessuno mangia fettine o hamburger di cavallo, considerato animale da compagnia e da competizione. Mentre sappiamo benissimo del precetto islamico che vieta di nutrirsi di carne suina, seppur per altre ragioni (nel Corano infatti il maiale è descritto come un animale immondo, impuro e sporco).

Tutto questo per dire che, culturalmente e storicamente, diverse aree del mondo hanno concezioni differenti rispetto agli animali e non possono quindi che guardare con orrore e disgusto a quei Paesi che li trattano semplicemente come bestie da macello; senza contare che mucche, maiali, polli o conigli, che in Europa finiscono frequentemente in tavola, molto spesso non hanno un’esistenza migliore, prima del macello, dei poveri cani di Yulin.

Conosciamo bene, purtroppo, la realtà degli allevamenti intensivi, le condizioni igienico-sanitarie terribili in cui molti di loro sono costretti a vivere in attesa della morte, l’abuso di antibiotici esercitato su di loro, e questo, anche se può toccare meno la sensibilità di qualcuno, non li rende diversi dai cani. La mattanza dei capretti per il giorno di Pasqua o qualsiasi festival basato su un tipo di carne in fondo non differisce nei principi da ciò che accade a Yulin. Discorso diverso per le modalità con cui i cani di Yulin vengono rubati, catturati e sull’opportunità, dopo una pandemia mondiale, di continuare a portare avanti una “tradizione” tanto deleteria.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!