Cosa ci sarà mai da dire di tanto importante sulle mestruazioni da farci un Festival?

Con questa convinzione alcune persone hanno ridicolizzato l'annuncio del primo Festival del Ciclo Mestruale, che si terrà a Milano dal 17 al 19 giugno. A loro in particolare va il nostro invito a partecipare. Nel frattempo qui trovate qualche anticipazione sulle tante, tantissime cose che ci sono da dire. Ed è ora di farlo.

Il tema del ciclo mestruale è spesso ridotto a una costante biologica e periodica nella vita fertile di una donna. Una cosa normale, su cui non serve fare tanto chiasso. Sicuramente non serve scrivere libri, articoli, né tanto meno organizzare festival.

Con questa convinzione alcune persone hanno ridicolizzato l’annuncio del primo Festival del Ciclo Mestruale, che si terrà a Milano dal 17 al 19 giugno su iniziativa del podcast Eva in Rosso, delle associazione Errante e Promise e dello Studio But Maybe; e di cui noi di Roba da Donne siamo orgogliosamente media partner.
Nulla di che. Il dissenso, le opinioni contrastanti, l’opposizione, la critica fanno parte di quella logica dialettica che garantisce alle persone il diritto di manifestare le proprie idee e, nella migliore delle ipotesi, possono generare un dibattito proficuo da cui tutte le parti traggono crescita e vantaggio.

Diverso è il caso di giornaliste e giornalisti che, scrivendo su testate registrate, hanno banalizzato il discorso e, soprattutto, sono venute meno a una serie di doveri della loro professione, tra cui quello di fornire un’informazione completa e documentata.  Scrive una giornalista iscritta all’albo:

Tornando al festival, un calendario ricco di eventi tra talk, performance e concerti. Tra quelli degni di nota sicuramente “Sanguinare: la guerra delle mestruazioni”, un talk in cui – come riporta il sito dell’evento – verrà affrontato il tema del ciclo come una guerra che si gioca sul corpo di donne, bambine e di tutte le persone che mestruano, specialmente quando hanno corpi non bianchi o non conformi. Cioè? Quale dannata guerra affrontano le donne ogni mese? Inevitabile buttare nel calderone anche la differenza tra corpi bianchi e no, altrimenti il rischio di non essere esageratamente politically correct era troppo alto.

“Cioè? Quale dannata guerra affrontano le donne ogni mese?”, si domanda la giornalista. Se ci avesse contattato glielo avremmo spiegato volentieri. “Sanguinare. La guerra delle mestruazioni” è infatti il talk reading ideato dalla sottoscritta, che si terrà sabato 18 giugno al Nuovo Armenia (ore 15), e che vedrà avvicendarsi quattro importanti ospiti: Elise Thiébaut, giornalista francese e autrice di Questo è il mio sangue. Manifesto contro il tabù delle mestruazioni (Einaudi); Kaaj Tshikalandand, formatrice di origine congolese, ideatrice del progetto Dance of Oya, spazio di educazione e riappropriazione della spiritualità e del pensiero filosofico africano; Martina Micciché, attivista, scrittrice, esperta in geopolitica e fondatrice del progetto Always Ithaka; Elia Bonci, attivista e scrittore che, attraverso la sua esperienza di persona trans, fa divulgazione e si batte per la rappresentazione delle persone che mestruano.

L’invito è aperto a tutte e tutti, soprattutto a coloro che si stanno chiedendo Quale dannata guerra affrontano le donne ogni mese? Nel frattempo, anticipiamo qualcosa, a partire dal fatto che ne parleremo anche con Thièbaut, che in apertura del suo libro scrive:

Il tabú resta così forte che quando menziono il tema di questo libro la gente intorno a me fa una faccia strana: «Il ciclo? Ma quale ciclo?»
[…] In genere, non appena capiscono che non si tratta del ciclo economico o del ciclo del carbonio, i miei interlocutori vogliono sapere che cosa abbia di così interessante questo argomento da dovergli dedicare addirittura un intero libro. «In fin dei conti che c’è di più naturale?» mi ha detto una zia, confessando di non essersi mai fatta domande su quel sangue che perdeva ogni mese.

È vero, le mestruazioni sono una costante biologica e periodica nella vita della maggior parte delle donne. Sono, o dovrebbero essere, una cosa “normale”, per usare un termine che ha senso se applicato alla statistica, per definire una norma. Meno, quando si parla di persone, di emozioni, sintomi, percezione del dolore, soggettività.
E infatti le mestruazioni sono molto di più: pregiudizi, superstizioni, stigma, vergogna, innanzitutto. Ma anche una condizione igienico-sanitaria che, al di fuori di situazioni di privilegio, può determinare la discriminazione, l’isolamento o persino la morte della persona che mestrua.

Facciamo alcune esempi, prima che si dica “che esagerazione!”. Sebbene il Nepal lo abbia abolito, il chhaupadi è una tradizione ancora viva e praticata in alcune aree, dove le ragazze e le donne mestruate, poiché considerate impure, vengono allontanate, isolate in piccole casette di fortuna. Può accadere, e accade, che alcune muoiano di stenti o di freddo. Ma senza andare in Nepal, pensiamo alle mestruazioni delle donne e delle persone senza tetto o nelle carceri. Pensiamo, infine, alle mestruazioni in guerra e al fatto che negli elenchi dei beni di prima necessità dei carichi umanitari compaiono alimenti non deperibili, farmaci, abiti e, sempre, i pannolini per bambini, raramente o quasi mai gli assorbenti. A dirci, qualora servisse, che gli altri sono beni di prima necessità; mestruare è un lusso.

“Cioè? Quale dannata guerra affrontano le donne ogni mese?”, insomma, è una domanda che ci possiamo permettere di fare solo da persone privilegiate, convinte che il discorso delle mestruazioni si esaurisca alla nostra personale esperienza.

E qui entra l’altro tema, contestato. “Inevitabile buttare nel calderone anche la differenza tra corpi bianchi e no, altrimenti il rischio di non essere esageratamente politically correct era troppo alto.”
Di nuovo, bastava chiedere. Avremmo risposto che sì, è inevitabile. Ma non in ragione di un politicamente corretto che non esiste. Anzi, è talmente politicamente scorretto parlare di mestruazioni da un palco da fare scandalo e sucitare l’indignazione di molti. Parlare di ciclo mestruale, e quindi anche di gestione del dolore, di gravidanza e di parto senza dire che una donna bianca ha da due a tre volte meno probabilità di morire di parto o di complicazioni post partum di una donna nera o non bianca, significa fare disinformazione, e avvallare un sistema sanitario in cui il razzismo introiettato fa vittime spesso senza sapere di farle. E una volta che lo si dice, vanno analizzate le motivazioni, visto che le statistiche a loro volta parlano chiaro: il gender health gap fa sì che, a parità di condizioni, muoiano più donne che uomini; mentre il razzismo sistemico determina che, tra quest’ultime, muoiano in percentuali maggiori quelle che bianche non sono.

Sulla presenza di un uomo trans, a dirci che non tutte le donne mestruano e alcuni uomini mestruano, c’è poco da aggiungere: è un dato di fatto. La scienza ha pochi dubbi sulla parzialità dei costrutti di genere che ci siamo imposti nel dividere gli esseri umani tra femmine (uguale vulva e, dagli 8-16 anni in poi mestruazioni) e maschio (uguale pene, niente mestruazioni ma polluzioni notturne). Non si tratta né di accettare la cosa, men che meno di scandalizzarsi. Si tratta, di nuovo, di parlarne e di ascoltare. La ridicolizzazione perpetrata da alcune testate sulla presenza di Elia Bonci al Festival delle Mestruazioni non ha a che fare con il diritto di opinione, ma con la transfobia: è, cioè, a tutti gli effetti violenza. 

Ecco perché serve un festival delle mestruazioni.
Abbiamo bisogno di uscire dalla nostra esperienza singola, per comprendere come quell’espulsione mensile di muco cervicale, secrezioni vaginali, acqua e tessuti organici provenienti dall’endometrio possa avere conseguenze profondamente diverse sulle nostre vite a seconda del colore della nostra pelle o della nostra identità di genere, del fatto di vivere in un Paese in pace o in guerra, in Occidente o nel Medio Oriente. Cambia, la nostra esperienza delle mestruazioni, a seconda della classe sociale, dell’età, o di patologie che hanno ritardi diagnostici perché “le donne hanno sempre avuto le mestruazioni senza fare tanto chiasso”.

Ecco, forse è tempo di fare un po’ di chiasso. Anche se personalmente preferisco pensare che si possa parlare, dialogare e, soprattutto, ascoltare.
L’invito è dunque aperto a tutte e a tutti. Soprattutto a coloro che pensano “Cosa ci sarà mai da dire sulle mestruazioni da farci un Festival, o scriverci libri?”.

Qui il programma del Festival delle Mestruazioni

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