Ricorderete tutte Tiziana Cantone, la giovane trentunenne morta suicida lo scorso 13 settembre dopo che alcuni suoi video privati sono stati fatti circolare sui maggiori social network e sui siti hard, scatenando una vera e propria gogna mediatica a sue spese, con tanto di meme creati con il suo volto e una terrificante pioggia di insulti quasi giornaliera; proprio il peso dell’umiliazione continua, insistente, soffocante, del suo nome e della sua faccia spiattellati praticamente ogni giorno  su Facebook affiancati a epiteti che definire “osceni” non è sufficiente a rendere l’idea, di quelle pagine create dopo la diffusione del video al solo scopo di insultarla, alla fine ha portato la ragazza al gesto più estremo.

Proprio quella rete virtuale da cui tanto sembriamo dipendere oggi alla fine l’ha intrappolata, schiacciandola. Tiziana non ha avuto la forza di reagire staccando la spina, comprendendo che la realtà non è quella di chi, dietro una tastiera, fa il leone ai danni degli altri ma ben oltre il monitor di un PC o lo schermo di uno smartphone, e ha scelto di allontanarsi per sempre dai giudizi maligni, dai sussurri alle sue spalle, da un mondo che vive troppo di social network e troppo poco di umanità.

Oggi, a portare avanti la lotta di Tiziana, la lotta di tutti coloro che dal cosiddetto cyberbullismo (che sarà anche  virtuale ma fa male quanto quello fisico) vengono oppressi, è Maria Teresa Giglio, la madre, che in un’intervista a Vanity Fair racconta di sua figlia, di quanto sia difficile andare avanti ora che Tiziana non c’è più, di come il pensiero di avere giustizia per la sua ragazza sia la sola ragione che la spinge a sopravvivere.

Sono rimasta sola in questa casa che adesso è troppo grande, mi tormenta. Lei ha sempre vissuto qui con me e mia madre. Hanno distrutto un’intera famiglia, alla mattina non vorrei mai aprire gli occhi, perché era Tiziana a svegliarmi. Quando non lavoravo mi portava il caffè in camera, mi ripeteva sempre ‘mammina quanto ti amo’. Ci facevamo le coccole, era dolce. Adesso, ogni notte, per addormentarmi tengo accanto a me il vestito che si metteva negli ultimi giorni, perché ho bisogno di sentire il suo odore. La forza per andare avanti me la stando lei.

Poi, a fatica, Maria Teresa parla anche di Sergio Di Palo, l’ex compagno che a lei non era mai piaciuto e che l’aveva persino portata, per un periodo, ad allontanarsi da Tiziana. La donna parla di lui come un manipolatore, che avrebbe illuso la figlia promettendole quella famiglia con tanti bambini che lei desiderava. Lei cercava protezione, dice Maria Teresa, e lui l’ha convinta, forse con i suoi dieci anni in più, che gliela avrebbe data. Dopo un messaggio pieno di volgarità, la mamma convince Tiziana a tornare a casa, lei si lascia persuadere e, a settembre 2015, torna, piena di lividi.

In macchina mi disse solo ‘Mamma portami a casa’, era piena di lividi ma non volle denunciare. Non voleva più uscire di casa, era devastata, mi ripeteva ‘Mamma in giro mi additano, mi ripetono quella frase’ (Stai facendo un video? Bravo, ciò che lei dice nel video all’ex, n.d.r.)

Già, il video maledetto. Che cosa ha raccontato Tiziana a sua madre?

Mi era riuscita solo a dire che si era trovata in questa situazione per compiacere lui, che non lo aveva mai tradito come tutto il web insinuava. Quando i video vennero pubblicati venne qui a casa con lui per dirmi quello che stava succedendo. Poi chiese un procedimento d’urgenza perché sul web nascevano pagine su pagine contro di lei, che istigavano alla violenza, alla discriminazione ma nulla è stato fatto. Le indagini sono state svolte con molte lacune. […] L’ennesima mortificazione è stata quella sentenza maledetta, arrivata a fine agosto e comunicata a noi a inizio settembre, con cui addirittura Tiziana è stata condannata a risarcire i siti internet che aveva citato in giudizio e le venne negato il diritto all’oblio. L’ha dovuto trovare da sola, mettendo fine alla sua giovane vita. Oggi continuano ancora a fare soldi sul suo nome e questa è la vergogna più grande.

Dunque l’ennesima beffa anche dopo la morte della ragazza, ma anche il vero e unico motivo per cui Maria Teresa non intende mollare.

Dall’inizio di questa storia -dice- sono passati due anni e io non ho ancora il nome del colpevole, fino a quando mia figlia mi darà la forza di stare in piedi andrò avanti e chiederà giustizia per lei.

Maria Teresa è disposta tutto ciò che è necessario per arrivare all’approvazione di una legge che intervenga tempestivamente e ponga un freno a questi terribili casi, tutelando coloro che ne sono vittime. Nel frattempo, però, la mamma di Tiziana rivolge un consiglio a tutte le donne che non vogliono rischiare di trovarsi nella situazione di sua figlia: fare un giusto utilizzo di internet, e stare molto attente “perché quella virtuale non è la realtà ideale, un contenuto illecito si allarga a macchia d’olio“.

Poi una considerazione amara e cruda nella sua spietata verità:

Mi tiene in piedi solo la rabbia, perché Tiziana è stata sottoposta a una gogna terribile sia quando era in vita, così come dopo la sua morte. Non è stata considerata un essere umano, per ottenere il diritto all’oblio, negatole dai giudici, si è dovuta togliere la vita.

E forse nemmeno così c’è riuscita. Speriamo che il suo nome, un giorno, almeno, possa condurre davvero a concretizzare quei provvedimenti necessari a mettere, finalmente, i leoni da tastiera in una gabbia, virtuale o reale che sia.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!