Che cosa diresti a una persona cara che non c’è più, se ti venisse data l’opportunità di parlarle un’ultima volta?

È una domanda che tutti, almeno una volta, si sono fatti, è la stessa che si è posta anche Gabriella Pession, soprattutto dopo aver interpretato Anna, una donna che perde il compagno, nella fiction televisiva La porta rossa.

L’attrice ha visto la sua vita rivoluzionarsi nel giro di pochissimo tempo; da attrice di fiction con doppio passaporto (è nata a Dayton Beach, negli Stati Uniti, da genitori italiani, ndr.), con diverse apparizioni anche al cinema e qualche sporadica esperienza proprio negli States, nel 2012 arriva la grande svolta, quando le viene offerto il ruolo di Eva Vittoria nella serie Crossing Lines, dove recita Donald Sutherland ma, soprattutto, Richard Flood, l’attore che la conquisterà e la porterà all’altare nel 2016 a Portofino, dopo la nascita di Giulio, avvenuta nel 2014.

Adesso però la Pession è pronta a tornare in Italia, dove dal 6 novembre andrà in onda, su Canale 5, il tv medical Oltre la soglia, prodotto da Paypermoon Italia, diretta da Monica Vullo e Riccardo Mosca e ideata da Laura Ippoliti, in cui lei sarà Tosca Navarro, primario di un reparto all’avanguardia nella cura di adolescenti con disagi psichici e a sua volta affetta da schizofrenia. Affronterà, insomma, un tema importante e delicato come la salute mentale.

Nella vita di Gabriella Pession c’è però anche un grande vuoto: quello lasciato da papà, scomparso proprio mentre la figlia girava la serie La porta rossa, con Lino Guanciale.

Quello con il padre, Walter, in realtà è sempre stato un rapporto piuttosto complicato per Gabriella: troppo occupato nel suo lavoro, troppo preso dalla sua arte per interessarsi a lei, che ha dovuto imparare presto a rimboccarsi le maniche, appoggiata dalla mamma, una donna che lei in un’intervista definisce “Onnipresente […] madre, sorella, amica, compagna di viaggio“.

Quando Gabriella si è trovata a essere a sua volta madre, ha compreso molti dei sacrifici che la sua, da moglie separata, aveva dovuto fare per crescerla serenamente, senza mai farle sentire il peso di un’assenza importante e dolorosa come quella del padre; ma assieme a questo, ha anche intuito tutta la bellezza del suo nuovo ruolo di genitore, il più bello mai avuto, e che lei dichiara di essere intenzionata a godersi appieno; in un’intervista per Vanity Fair, l’attrice parla del piccolo Giulio e del marito Richard come delle persone che, più di tutte, le hanno ridato la fiducia, ma soprattutto la libertà. Anche di non piacere. Perché in famiglia non sei sottoposta a un giudizio costante, non ti aspetti recensioni temendo di leggerne di negative, e se qualcosa di te non va, pazienza.

Mia mamma racconta spesso che a quattro mesi quando mi dava il biberon io prima di bere il latte facevo per assaggiarlo, per capire se era quello che mi aspettavo – racconta Gabriella al giornale – Richard mi ha insegnato la fiducia, e lui è a oggi la persona di cui mi fido di più al mondo, quella che con mio figlio mi ha reso più libera. Anche di non piacere. Perché quando crei una famiglia, lì e altrove puoi pure non essere perfetta, sgarrare. Tanto alla fine ti ritrovi a ridere da sola sul letto solo perché hai loro due e li pensi“.

Gabriella con il piccolo Giulio (Fonte: web)

Ma fra gli uomini della sua vita, Gabriella non può non pensare al terzo, proprio quello che l’ha fatta soffrire di più. Ne La porta rossa, dicevamo, lei ha interpretato Anna Mayer, la moglie del commissario Leonardo Cagliostro, ucciso durante uno scontro a fuoco e che, non avendo voluto varcare la fatidica “porta rossa”, che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, ha deciso di rimanere sulla terra come fantasma per indagare sulla propria morte e proteggere la moglie. In una scena in particolare, ricorda Gabriella, ha avuto davvero modo di pensare a quella domanda, quella che tutti ci siamo fatti una volta nella vita: se potessi parlare con chi non c’è più, cosa gli diresti?

Gabriella ci ha riflettuto mentre il suo personaggio, in coma, a metà fra il mondo terreno e l’aldilà, incontrava nuovamente l’amore perduto, e il pensiero delle parole che avrebbe davvero senso dire a una persona amata che è scomparsa è riaffiorato in lei spontaneo, naturale.

Quando le viene chiesto, su Vanity Fair, di spiegare cosa vorrebbe dire a papà Walter, lei dice: “Che ho ripreso a disegnare e a dipingere come amava lui. Mi hai fatto incazzare, gli direi, ma rimani qui, non eri nato per fare il papà, anche se io te l’ho chiesto fino alla fine, di esserlo, nella rabbia, perché non lo sapevi essere, perché eri distratto da Mozart e dai colori e ti perdevi in loro, invece di darmi presenza, protezione, autostima, regole“.

La perdita del padre le ha imposto, necessariamente, di ripensare a una grande verità: che quando chi ami se ne va, tutto sembra improvvisamente più piccolo, meno importante. La rabbia d’un tratto si appiana, e ciò che rimane è solo tanto rimpianto. “Non era portato per la paternità, era un artista, un uomo fragile – racconta di lui l’interprete di CapriMa solo quando se n’è andato l’ho visto nella sua interezza“.

Oggi, da moglie e mamma felice e realizzata, Gabriella dalla ferita lasciatele dal rapporto tumultuoso col papà e dalla sua scomparsa, ha imparato una grande lezione: l’importanza di non lasciar montare dentro di sé il rancore, di superare le cose, di amare al di là di tutto.

Così, da allora, quando litigo, faccio pace presto, e prima di andare a dormire rimetto a posto le cose con una buonanotte come si deve.

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