L'Australia che brucia in 14 immagini e nell'addio della piccola Charlotte a papà

L'Australia che brucia in 14 immagini e nell'addio della piccola Charlotte a papà
Fonte: instagram @nancirenner
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Il dramma che sta scuotendo ormai da settimane l’Australia è nelle immagini, terribili, che ogni giorno vediamo sui media e sui social, nell’ecatombe degli animali uccisi dal fuoco, delle persone disperse o che negli incendi hanno perso la propria casa. Ma è anche nel volto di Charlotte, 20 mesi appena, che posa davanti al feretro di suo papà pompiere indossando il suo elmetto.

Le foto della piccola, che nella chiesa cattolica di Nostra Signora delle Vittorie a Horsley Park, Sydney, non lascia nemmeno per un secondo la bara dentro cui riposa il papà, hanno fatto il giro del mondo: i suoi occhi, spalancati sul mondo con l’aria inconsapevole di chi ancora non può comprendere davvero cosa sia successo, sono l’immagine più nitida e, proprio per questo, devastante, della tragedia che si sta consumando sotto lo sguardo di tutti noi.

Andrew O’Dwyer aveva 36 anni, e da 16 faceva il vigile del fuoco; si trovava sul camion con il collega Geoffrey Keaton, di 32 anni, quando il mezzo si è capovolto dopo l’impatto con un albero caduto sulla strada mentre correvano alla città di Buxton per domare un incendio. Sull’abitino bianco di Charlotte, il giorno dei funerali, brilla una medaglia al valore.

Charlotte devi sapere che il tuo papà era un uomo altruista e speciale. Solo per questo è andato via.

Ha detto il comandante dei pompieri australiani, Shane Fitzsimmons. Che aveva già appuntato una medaglia anche sulla camicetta del piccolo Harvey, 19 mesi, figlio di Geoffrey.

6 milioni gli ettari di terreno distrutti, oltre un miliardo, secondo le ultime stime Wwf, gli animali vittime dei roghi e 25 (fino a ora) le persone morte – oltre a diversi dispersi – a causa degli incendi scatenatisi per via delle altissime temperature – oltre i 40° – di un inizio estate che ha seguito la primavera (corrispondente all’autunno nel nostro emisfero) più secca di sempre. Questi fattori, uniti alla scarsità di piogge che dal 2017 interessa soprattutto New South Wales e il Queensland, hanno rappresentato la combinazione letale che ha dato il là a una tragedia di proporzioni immani.

Dopo la Siberia e l’Amazzonia, anche l’Australia brucia.

E dire che qualche avvisaglia c’era stata già a settembre, quando a bruciare era stato il Binna Burra Lodge, uno stabilimento alberghiero in una zona nelle montagne del Queensland generalmente umida e fresca, in cui il pericolo incendi è a dir poco raro. Da lì i roghi si erano espansi, nelle settimane seguenti, raggiungendo quota settanta a novembre, quando almeno 1500 vigili del fuoco sono intervenuti per contrastarli.

L’11 novembre, infine, lo stato del New South Wales aveva catalogato come “catastrofico” il rischio incendi, prima volta da quando è in uso l’attuale sistema di classificazione, ovvero dieci anni. Non è bastato al primo ministro Scott Morrison l’annuncio della creazione di una grande agenzia nazionale per il recupero degli incendi boschivi su larga scala; su di lui sono piovute le critiche per il ritardo con cui ha messo insieme le risorse nazionali per far fronte allo stato d’emergenza.

Morrison ha inoltre anche dichiarato che non intende indirizzare il suo governo conservatore a un rafforzamento delle politiche volte a contrastare i cambiamenti climatici, cosa che ha indubbiamente contribuito a peggiorare la sua posizione, già in bilico dopo l’indifferenza verso la situazione di cui molti australiani lo accusano da tempo.

Nelle ultime ore, ad aggiungere ulteriore drammaticità alla cronaca di questi giorni, è arrivata anche la notizia dell’arresto di 183 persone, accusate di aver appiccato deliberatamente incendi boschivi. Di questi roghi, 29 sarebbero stati deliberatamente causati nella regione di Shoalhaven, nel sud-est del New South Wales, in appena tre mesi: in quest’ultima regione, sono 24 le persone arrestate per aver appiccati incendi, 43 in Victoria e 101 nel Queensland. Fra loro, il 70% è minorenne.

Tutto il mondo rimane con gli occhi puntati verso l’Australia, sperando nelle piogge e nel calo delle temperature che potrebbero dare tregua ai boschi e agli esseri viventi che li popolano; dal 6 gennaio sul continente piove abbondantemente, ma i meteorologi hanno raffreddato le speranze, spiegando che si tratterà di una situazione non duratura, e che già da giovedì le temperature potrebbero alzarsi nuovamente.

Speriamo con tutto il cuore che l’Australia trovi un po’ di pace, anche perché le immagini che ci arrivano raccontano davvero un’apocalisse terribile che non ha risparmiato nessuno. Tutti noi dovremmo riflettere guardando queste foto drammatiche.

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