Possiamo decidere di non guardare, ma a Ghouta i bambini stanno morendo

Possiamo decidere di non guardare, ma a Ghouta i bambini stanno morendo
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Sì, è esattamente così: possiamo far finta di niente, non guardare, ignorare il problema e vivere le nostre perfette vite scandite dalla frenesia, dagli happy hour con gli amici, dagli appuntamenti dal pediatra dei figli e dalle stories su Instagram. Possiamo, certo, ma nel frattempo, a migliaia di chilometri da noi, troppo lontani per sembrarci reali, eppure assolutamente, dannatamente veri, ci sono i bambini di Ghouta che muoiono sotto il fuoco di una guerra che dura da tanto, troppo, che non hanno cercato, di cui forse non conoscono nemmeno il significato, ma che stravolge le loro vite mentre noi andiamo avanti con le nostre.

In Siria c’è una guerra civile che va avanti da ormai  sei anni; l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), un’organizzazione non governativa con sede a Londra, come si legge su Wikipedia, ha documentato 301.781 morti tra il marzo 2011 e il settembre 2016, un terzo sono civili (86.692) e i restanti due terzi combattenti, divisi equamente tra chi sta dalla parte di Assad e gli anti-governativi, moderati ed estremisti. Se si includono anche le morti non documentate, il totale di persone che hanno perso la vita nel conflitto siriano si aggira attorno alle 430.000.

Sono numeri impressionanti, ma sono “solo” numeri; troppo remoti idealmente da noi per farci prendere davvero consapevolezza di quella che potrebbe tristemente guadagnarsi il poco onorevole titolo di carneficina più terribile del XXI secolo, troppo lontani dal nostro concetto di “palpabile” e “reale” per essere analizzati, interpretati e assimilati veramente.

E allora solo le foto possono essere d’aiuto, laddove non arrivano le parole, dove non servono le grandi cifre, per raccontare il dramma dei bambini di Ghouta, delle anime incolpevoli che la guerra rende orfani, feriti, denutriti, cadaveri, in qualunque caso sempre vittime.

Servono le foto, ad esempio, di Abdulmonam Eassa, che lavora per l’agenzia di stampa francese AFP, il quale ha raccontato, attraverso un intenso diario di guerra riportato da TPI, cosa sta accadendo a Ghouta, in quella striscia di terra nella periferia di Damasco, dove abitano circa 400 mila persone e che è controllata dai ribelli siriani.

1.200 le persone ferite dai bombardamenti del regime, circa 500 i morti dal febbraio 2018; erano tre anni che non si assisteva a un simile bilancio di morti e feriti. Il 19 febbraio quattro ospedali sono stati bombardati nel Ghouta orientale, area assediata per anni dal governo di Bashar al-Assad e sottoposta a devastanti attacchi chimici nel 2013.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una tregua di 30 giorni in Siria il 24 febbraio, includendo ovviamente la parte orientale di Ghouta, ma gli accordi non sono stati rispettati, e martedì 27 febbraio 2018 i combattimenti sono proseguiti nella zona est della città.

I ribelli, come si legge in un altro articolo di TPI, hanno affermato di aver subito attacchi aerei e di artiglieria da parte delle truppe governative, mentre la Russia, che attraverso il presidente Putin aveva ordinato, lo scorso 26 febbraio, una pausa quotidiana di cinque ore ai combattimenti, dalle 9 alle 14, per permettere l’evacuazione dei civili, ha affermato che a violare la tregua sarebbero stati proprio i ribelli, colpevoli di aver bombardato un corridoio umanitario destinato appunto a permettere ai civili di fuggire. Si parla di quasi 400 mila persone rimaste intrappolate nell’enclave vicina alla capitale.

Medici Senza Frontiere ha aggiornato i terribili dati riguardanti morti e feriti, con un bilancio che parla di più di 1000 persone rimaste uccise e 4800 ferite. Fra i 1000 morti, 215 sono bambini.

Nel frattempo, mentre la guerra si combatte a colpi di mortaio e di granate nei territori, e con colpi bassi tra i tavoli della diplomazia (la Russia, che appoggia in maniera indiretta Assad, aveva già provato a bloccare il cessate il fuoco dell’Onu, ponendo il veto alla risoluzione di tregua) la portavoce Unicef Monica Awad fornisce un quadro terribile della situazione che riguarda proprio i bambini siriani.

Almeno 1.100 bambini stanno morendo di stenti nella zona di al Ghouta. Tra i casi registrati negli ultimi tre mesi, ce ne sono 232 gravissimi, con bambini bisognosi di cure immediate per sopravvivere alla morte. Almeno altri 1500 bambini, soprattutto neonati, rischiano la vita perché le loro stesse madri sono malnutrite.

Da circa cinque anni, denunciano le ONG, Ghouta è sotto assedio e continuamente bombardata, i corridoi umanitari sono totalmente chiusi, mancano beni di prima necessità e il costo del cibo è ormai proibitivo. Secondo Ismael Hakeem, medico all’Al Hakim Emergency Hospital, ad al Ghouta, un bambino ogni quattro soffre per la malnutrizione.

Del resto, già nel gennaio 2018 Hoda, una dottoressa di Ghouta, aveva denunciato

Tutti i bambini che vengono da noi sono come scheletri, ridotti pelle e ossa.

I medici e il personale sanitario che lavorano nella zona orientale di Ghouta non hanno gli strumenti adatti a fornire cure mediche appropriate, soprattutto per quanto riguarda malattie gravi come il cancro, il diabete o le malattie cardiache; mancano farmaci e forniture chirurgiche, tutto l’occorrente affinché i malati ricevano l’assistenza idonea.

No, non si può spiegare a parole tutto l’orrore che si respira ancora adesso in Siria, e anche se in Occidente sembra esserci qualcosa di più “appetibile” di cui parlare, nel frattempo i bambini di Ghouta continuano a morire sotto i colpi di un massacro di cui non hanno scelto di essere i protagonisti. Non è buonismo, non si tratta di moralismo. È una realtà troppo brutta da guardare e a cui credere, ma è la realtà di un intero popolo. Possiamo continuare a far finta di niente come fanno i bambini quando si tappano gli occhi per scacciare i brutti sogni, possiamo continuare a vedere in quei numeri “solo” dei numeri. La differenza è che i nostri bambini, una volta tolte le mani dagli occhi, hanno davanti tutt’altra realtà. Per quelli di Ghouta, l’incubo è continuo, e non cessa mai.