Eccentrico, caratteristico nel look come solo gli artisti sanno essere, coinvolgente nelle sue lezioni mai banali e ben lontano dai sofismi degli accademici, anzi amabilmente candido nel confessare di non essere laureato.

Philippe Daverio è stato uno dei più grandi divulgatori dell’arte in tv, fino a quando la Rai, senza troppi fronzoli né troppe spiegazioni, decise di chiudere il suo programma, Passepartout, nel 2011, lasciando un vuoto incolmabile nei tanti che il docente e saggista, con l’immancabile papillon e gli occhiali tondi da dandy dei giorni nostri, era riuscito a far appassionare all’arte.

Daverio se n’è andato il 2 settembre 2020: malato da tempo, lo storico d’arte è morto a 70 anni all’Istituto dei Tumori di Milano, lasciandoci quello smarrimento che si prova solo quando se ne va un amico, una persona di fiducia, un volto che istantaneamente ti rassicura per la sua familiarità.

Non era facile riuscire a far amare i mosaici bizantini a un pubblico che, negli anni, si è fatto via più vicino ai reality show e a programmi giudicati più “leggeri”; Philippe, invece, col suo tono da amico erudito, più che da professore, ci è riuscito, superando spesso il milione di telespettatori, trascinati, tra un bicchiere di vino e una chiacchierata conviviale al tavolo con gli ospiti chiamati in studio, tra le meraviglie di un’Italia che lui stesso poi ha ripercorso, nel 2018, in Grand Tour per l’Italia a piccoli passi.

Philippe se n’è andato e con lui se ne sono andati anche alcuni dei suoi storici concetti, come quello, sull’erotismo della fedeltà, che lo ha posto come nemesi di un altro critico dell’arte apprezzato, Vittorio Sgarbi (soggetto di varie frecciatine), per cui invece la monogamia è praticamente impossibile.

Con la sua Elena Gregori, cui è rimasto legato per 48 anni – si conosceranno nel 1972, ma si sposeranno solo nel 1983 – Philippe ha creato un’unione artistica, sentimentale, affettiva totale, che non lo ha mai spinto verso la ricerca di altro. Anzi, come sostenuto in un’intervista per Dagospia nel 2019, Daverio trovava nella monogamia un’attrazione irresistibile.

La stabilità, che è una parola migliore di fedeltà, è il centro di gravità permanente. Se il tuo matrimonio è stabile puoi diventare un collezionista, perché non fai mai un trasloco. Il matrimonio è un metodo di accumulo. […] Però, guarda, chi si separa fa più carriera, perché non teme le novità … Io vorrei cambiare nido ogni tanto, nel senso di città, ma mia moglie non ne vuole sapere.

Nessun grillo per la testa, insomma.

[…] mia moglie mi sopporta da 47 anni, stiamo nella stessa casa da allora. Con sei cani, un coniglio e anche un figlio. Viviamo insieme, mangiamo insieme, nella stessa saletta, sullo stesso tavolo, no quello lo abbiamo cambiato, da 47 anni. Ho visto mio figlio crescere guardandolo da quel divano…

La bellezza della quotidianità, per Daverio, era pari solo a quella dell’arte. Quella che lui ha aiutato tutti noi a conoscere e a farci sentire più vicina. Ci mancherà, questo dandy contemporaneo dai capelli scapigliati che da dietro i suoi occhiali tondi da profesessore guardava il mondo con l’aria curiosa di chi non vuol smettere mai di imparare, pur avendo molto da insegnare.

Lo abbiamo omaggiato in questa gallery.

Philippe Daverio, la bellezza dell'arte e della monogamia
Fonte: web
Foto 1 di 6
Ingrandisci