È dal 1977 che Roman Polanski evita accuratamente il rientro negli Stati Uniti e in tutti gli Stati dove è prevista l’estradizione verso gli USA. Il motivo è presto detto, e dipende dall’accusa di violenza sessuale ai danni dell’allora tredicenne Samantha Geimer, per cui Polanski non ha mai ricevuto la condanna definitiva, essendo fuggito dall’America prima il giudice potesse deciderla.

Anche all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, per esempio, dove presentava L’ufficiale e la spia, in originale J’accuse, Polanski non era fisicamente presente.

Grazie al patteggiamento deciso dalla famiglia di Geimer per non esporre la minore alla pubblica deposizione in tribunale, l’accusa per il regista venne ridotta al solo capo di rapporto sessuale extramatrimoniale con persona minorenne, per cui si dichiarò colpevole. Inoltre, la stessa Samantha, oggi cinquantaquattrenne, non ha voluto chiedere ulteriori condanne. Nonostante questo, il caso Polanski continua a suscitare indignazione anche a distanza di più di quarant’anni.

Tanto che, dopo la vittoria del César – l’equivalente dell’Oscar francese – proprio del film L’ufficiale e la spia – diverse donne, nel pubblico, hanno vistosamente rumoreggiato. Su tutte, l’attrice Adèle Haenel, candidata come miglior attrice per Ritratto di una giovane in fiamme, che si è alzata risentita abbandonando la sala, appena prima di essere seguita dalla regista del film, Celine Sciamma, e da altre donne e uomini presenti alla cerimonia.

“Vergogna” è la parola che Haenel ha usato, aggiungendo anche, mentre lasciava la sala, “Viva la pedofilia, bravo pedofilo!”; e non è certo una reazione sorprendente, quella dell’attrice, visto che già la notizia che il film del regista polacco fosse candidato ai prestigiosi premi era stata vissuta con perplessità, tanto che l’intero consiglio direttivo si era dimesso e Polanski stesso aveva dichiarato che non avrebbe preso parte alla cerimonia, temendo per la propria incolumità.

Lo stesso ministro francese della Cultura, Franck Riester, aveva definito “simbolicamente negativa” una eventuale vittoria di Polanski, “vista la posizione che dobbiamo adottare contro la violenza sessuale e sessista”.

Ma la reazione di Haenel non sorprende neppure perché, proprio nei giorni scorsi, l’attrice trentunenne aveva già spiegato la sua posizione in merito in un’intervista per il New York Times.

Premiare Polanski sarebbe sputare al volto di tutte le vittime, vorrebbe dire che non è poi così grave violentare le donne.

Adèle ha inoltre rivelato di essere stata vittima di molestie sessuali a sua volta dai 12 ai 15 anni da parte di Christophe Ruggia, regista del primo film interpretato, Devils. È chiaro, quindi, che ritenesse “pericolosa” la celebrazione di Polanski, il cui film, nonostante tutto, è stato candidato a ben 11 César.

Sfogliate la gallery per sapere altro sulla ribelle Adèle.

"Non è poi così grave violentare le donne", la rabbia di Adèle Haenel e le altre
Fonte: instagram @adelehaenel
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