Bea ha lasciato la sua armatura di pietra che la teneva incollata al mondo e ha messo le ali.

Potrebbe sembrare il lieto epilogo di una bellissima fiaba dove, alla fine, l’eroina finalmente riesce a liberarsi dalla trappola di cui era prigioniera per volare via, lontana. Ma non è così.

Bea, conosciuta da tutti come “la bambina di pietra” se n’è andata. Ha scelto il giorno degli innamorati, San Valentino, per lasciare questo mondo. Per tornare ad abbracciare mamma Stefania, che la aspettava in Paradiso dal 5 agosto del 2017, quando il tumore contro cui lottava dal maggio dello stesso anno l’ha portata via dalla sua bambina.

Dalla persona che lei proteggeva con tutta se stessa ogni giorno, per cui lottava e per cui cercava di sorridere sempre, nonostante il destino facesse di tutto per porle davanti ostacoli insormontabili ai più. Tutto solo per regalarle quella vita normale che alla loro famiglia sembrava interdetta da quando a Bea, a soli nove mesi, è stata diagnosticata una malattia terribile, sconosciuta, che non ha precedenti e quindi, purtroppo, cura. Le sue ossa si sono calcificate quando la bambina era davvero piccola, relegandola in uno stato di immobilità perenne. Proprio come un’armatura, appunto, dentro cui Bea viveva. Dentro cui ha vissuto, combattendo con la grinta e la forza di una leonessa a dispetto dell’età, fino al 14 febbraio del 2018, quando ha deciso di volare via. Come la più bella delle farfalle che ha lasciato il suo bozzo. Per tornare dalla mamma, per essere libera di correre con lei.

È stata  la zia, Sara Fiorentino, ad annunciare la scomparsa della piccola, sulla pagina Facebook creata nel 2012 da Stefania e dal marito, Alessandro, Il mondo di Bea.

Del resto, sempre Sara nella mattinata di San Valentino aveva pubblicato un altro post, in cui spiegava che Bea non stava bene.

La piccola, riporta la sezione torinese di Repubblica, era ricoverata nella rianimazione del Regina Margherita, sedata per volontà della famiglia, perché non potesse soffrire. Spesso Bea aveva crisi respiratorie piuttosto gravi, per cui, a causa della sua condizione, non poteva neppure essere intubata; ma questa volta Sara aveva parlato, racconta ancora il quotidiano, di una compromissione grave dei polmoni. Forse un effetto della calcificazione, che avrebbe potuto impedire alla gabbia toracica di espandersi a sufficienza per permettere ai polmoni di respirare normalmente. Bea è morta per un arresto cardiorespiratorio.

L’ultima foto postata su Facebook, l’11 febbraio, la ritraeva con il vincitore di Sanremo, Ermal Meta; un altro beniamino che Bea era riuscita a incontrare, dopo Emma, il suo mito assoluto.

Sono davvero poche le parole che si possono usare in casi del genere, semplicemente perché non ce ne sono. È impossibile anche solo lontanamente immaginare lo strazio e il dolore di una famiglia che ha lottato da sempre contro una sorte avversa, che ha dato l’addio prima a una moglie, a una sorella, e ora a una figlia, a una nipote.
Non si può non pensare ad Alessandro, il papà di Bea, rimasto improvvisamente solo, al suo smarrimento nel non trovare più accanto a sé le sue donne a dargli la forza necessaria per andare avanti, a stringere le sue mani. Non si può non pensare alla zia Sara, che ha portato avanti la battaglia di Stefania contro il destino, come una vera seconda mamma per Bea.

Bea ha deciso, forse, che entrambi erano abbastanza “grandi” per camminare da soli. Che forse era arrivato il momento di vedere come se la sarebbero cavata senza di lei. Che forse mamma Stefania, Lassù, aveva bisogno del suo angelo, perché ne sentiva troppo la mancanza. Forse. Ce ne sono tanti, troppi, in una storia che non ha spiegazioni e non può rispondere agli infiniti perché.

Perciò, almeno, ci piace pensare che sia così.

Ci piace pensare che la storia abbia avuto il lieto fine che Bea voleva; che la crisalide che sognava di volare finalmente abbia messo il suo paio di ali e ce l’abbia fatta. Ci piace pensare che ora Stefania la stia aspettando con la mano tesa e pronta a guidarla attraverso le strade di un mondo dove “cancro, calcificazione delle ossa, malattia, immobilità e dolore” sono parole remote, che non si conoscono, che non possono toccare né fare male. Ci piace pensare che il suo papà, la zia Sara e la sua famiglia vivano immaginandola libera di saltare, ridere e giocare.

Sì, Bea, ci piace pensarti così. Felice di essere una bambina per sempre.

Bea "è volata via. Ha deciso di correre ad abbracciare la sua mamma."
Facebook @il mondo di bea
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