Quelle scritte sull'abito di Natalie Portman e gli Oscar in 10 immagini
Dall'abito provocatorio di Natalie Portman ai discorsi dei vincitori: ecco i momenti più belli e significativi degli Oscar 2020
Dall'abito provocatorio di Natalie Portman ai discorsi dei vincitori: ecco i momenti più belli e significativi degli Oscar 2020
Non c’è Oscar senza polemica, e così anche la 92ma edizione degli Academy Awards, che ha visto il trionfo del sudcoreano Parasite – prima volta che un film del Paese asiatico si aggiudica il prestigioso riconoscimento – ha avuto il suo momento di provocazione.
La colpa, o il merito, dipende dai punti di vista, è tutta di Natalie Portman e della sua cappa firmata Dior e disegnata da Maria Grazia Chiuri – come del resto l’abito -, che hanno riportato l’attenzione su quello che, a tutti gli effetti, è un dato di fatto, ovvero l’assenza di donne registe tra le candidate all’Oscar.
L’attrice di Léon e di V per Vendetta, grande sostenitrice del femminismo e del movimento MeToo, peraltro, non è nuova a manifestazioni di disappunto verso il maschilismo con cui il mondo cinematografico sembra puntualmente “snobbare” le registe, dato che anche nel 2018, presentando sul palco dei Golden Globe proprio la categoria “Miglior Regia”, aveva detto
Ed ecco la lista tutta maschile di candidati.
Questa volta, quindi, Natalie, non impegnata nelle premiazioni, ha comunque voluto dire la sua su questa ennesima mancanza, e ha perciò chiesto che sulla sua mantella nera fossero incisi, in dorato, i nomi di tutte le registe escluse dalle nomination.
Ma, verve polemica a parte, questa edizione degli Oscar ha comunque fatto vivere più di un momento emozionante e commovente, dal discorso di Joaquin Phoenix, annunciato e meritatissimo vincitore della statuetta come Miglior attore per Joker, fino al premio a Renée Zellweger, splendida interprete di Judy.
Ecco come sono state distribuite le statuette:
Attrice non protagonista: Laura Dern, Storia di un matrimonio
Miglior attrice protagonista: Renée Zellweger, Judy
Miglior attore: Joaquin Phoenix, Joker
Miglior film: Parasite
Regia: Bong Joon Ho, Parasite
Miglior Film Internazionale: Parasite(Corea del Sud)
Documentario: American Factory
Costumi: Piccole donne
Film d’animazione: Toy Story 4
Corto animato: Hair Love
Sceneggiatura originale: Parasite
Sceneggiatura non originale: Jojo Rabbit
Cortometraggio: The Neighbor’s Window
Scenografia: C’era una volta a… Hollywood
Cortometraggio documentario: Learning to Skateboard in a Warzone (If You’re a Girl)
Montaggio sonoro: Le Mans 66 – La grande sfida
Sonoro: 1917
Fotografia: 1917
Montaggio: Le Mans 66 – La grande sfida
Effetti speciali: 1917
Trucco e acconciature: Bombshell
Colonna sonora: Joker
Canzone originale: (I’m Gonna) Love Me Again, Rocketman
Riviviamo tutti i momenti più belli e significativi in gallery.
Lorene Scafaria (Le ragazze di Wall Street – Hustler), Lulu Wang (The Farewell), Greta Gerwig (Piccole donne), Mati Diop (The Farewell), Marielle Stiles Heller (Un amico straordinario), Melina Matsoukas (Queen & Slim), Alma Har’el (Honey Boy) e Céline Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme): questi i nomi delle registe escluse dagli Oscar che Natalie ha voluto ricordare con la sua mantella firmata Dior.
In effetti, solo 5 registe fino a oggi hanno ricevuto la nomination, solo una, Kathryn Bigelow, ha vinto nel 2010 con The Hurt Locker.
Volevo dare un riconoscimento alle donne di cui non è stato riconosciuto l’incredibile lavoro di quest’anno.
Ha dichiarato l’attrice.
Vincitore del premio come Miglior attore, dopo quattro nomination, Phoenix punta ancora una volta sulle discriminazioni.
Il dono più grande per le persone come me è l’opportunità di dare la nostra voce a chi non ha voce – ha detto – […] Tutte le volte che parliamo di diseguaglianze di genere, razzismo, diritti LGBTQ, diritti degli animali e dei nativi, parliamo della lotta contro l’ingiustizia. Parliamo della lotta contro la credenza per cui una nazione, una persona, una razza, un genere, una specie ha il diritto dominarne, usarne e controllarne un’altra impunemente.
Non manca ovviamente il riferimento a River, morto di overdose a 21 anni, per cui Joaquin si commuove:
Sono stato un uomo malvagio per tutta la mia vita, sono stato egoista, a volte sono stato crudele, è stato difficile lavorare con me, e sono grato che molti di voi in questi stanza mi abbiano dato una seconda possibilità. Penso che è quello che succede quando siamo al meglio: quando ci sosteniamo l’un l’altro. Non quando ci cancelliamo a vicenda per gli errori passati, ma quando ci aiutiamo l’un l’altro per crescere. Quando ci educhiamo a vicenda, quando ci guidiamo a vicenda verso la redenzione. Quando aveva 17 anni, mio fratello scrisse questo verso. Diceva: ‘’Corri verso il rifugio con amore e la pace seguirà’.
Altra vincitrice annunciata, Renée Zellweger sul palco dedica l’oscar a Judy Garland, che ha interpretato nel biopic.
Judy non ha ricevuto questo onore quando avrebbe dovuto, ma credo che questa sia un’estensione del suo lavoro perché ci ha lasciato in eredità la generosità di spirito e la capacità di inclusione, che va al di là del successo artistico. Garland, questo è per te.
Miglior film, miglior regista, Bong Joon Ho, migliore pellicola straniera: sono quattro in totale le statuette che il film sudcoreano conquista, superando la concorrenza di The Irishman, di 1917 e di C’era una volta a… Hollywood.
Dopo le critiche piovute sulla sua compagna, l’artista Alexandra Grant, con cui si è presentato ai Met Gala, stavolta l’attore sceglie di accompagnarsi alla mamma, la costumista Patricia Taylor. Il pubblico lo ha immediatamente eletto “best son”.
Si conferma Miglior attore non protagonista per C’era una volta a… Hollywood, Brad Pitt, anche lui arrivato con la mamma alla cerimonia degli Oscar.
Vorrei ringraziare tutti quelli che ci permettono di fare il nostro lavoro. Dobbiamo dimostrare gratitudine ai nostri stuntman, alle nostre controfigure.
Questo Oscar va ai miei bambini: tutto quello che faccio è per voi.
Il regista si presenta con un abito viola con il 24, il numero del campione di basket morto tragicamente il 26 gennaio, ricamato sui revers, e ai piedi un paio di Nike arancioni e nere.
Su Kobe Bryant Spike Lee aveva diretto un documentario nel 2009, Kobe: Doin’ Work, sulla sua celebre etica del lavoro.
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