Giulio Regeni: "Così è stato torturato e ucciso"

Dopo cinque lunghi anni la procura di Roma chiude le indagini sull'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito la notte del 25 gennaio 2016: sarebbe stato seviziato e ucciso barbaramente da quattro agenti segreti egiziani nella stanza 13. Nel frattempo, però, i genitori del ragazzo presentano un esposto contro il Governo italiano per gli scambi commerciali con l'Egitto.

*** Aggiornamento dell’11 gennaio 2021***

Mentre nel dicembre del 2020 la procura di Roma chiudeva le indagini sulla morte del ricercatore Giulio Regeni, rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016, così come abbiamo riportato nell’articolo originale che segue, i genitori del ragazzo, Paola Deffendi e Claudio Regeni, supportati dall’avvocata Alessandra Ballerini, hanno deciso di depositare un esposto contro il Governo in procura, proprio nell’ambito del procedimento penale aperto dalla procura di Roma.

L’esposto fa riferimento alla commessa miliardaria che l’Italia ha chiuso con l’Egitto, con la vendita di due fregate multiruolo Fremm (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), originariamente destinate alla Marina miliare italiana, oltre ad altre quattro navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M34.

L’esposto è dovuto all’illecito commesso dall’Italia nel momento della conclusione degli accordi con il Paese nordafricano, in base alla legge 185/90 che vieta esportazione di armi “verso Paesi responsabili di violazione dei diritti umani accertati dai competenti organi e il governo egiziano è tra questi“.

Paola e Claudio hanno inoltre ribadito che le dichiarazioni della procura egiziana

Continuano a gettare fango, confermano ancora una volta l’atteggiamento conosciuto bene negli ultimi cinque anni, dimostrano l’impunità di cui sentono di godere scaricando la responsabilità su persone innocenti. È come se avesse parlato direttamente al Sisi, è uno schiaffo non solo a noi ma all’intera Italia. E il governo italiano è troppo remissivo e troppo debole, le sue sono parole senza azioni conseguenti.

E hanno fatto appello affinché sia richiamato anche l’ambasciatore italiano in Egitto: “Lo chiediamo come atto forte. Con queste persone, con questo governo [quello egiziano, ndr.] non si tratta, bisogna reagire, perché diversamente i nostri figli non saranno più sicuri, perderanno fiducia e speranza“.

La frattura fra i coniugi Regeni e il nostro Governo sembra quindi piuttosto profonda, ma certamente sulla morte di Giulio, nonostante siano spuntati i nomi dei presunti responsabili del suo massacro, ci sono state per anni, e continuano a esserci, troppe ombre e un lassismo preoccupante da parte delle istituzioni egiziane, con una famiglia che, dall’altra parte, chiede solamente giustizia.

Vi riportiamo di seguito l’articolo originale con cui abbiamo dato notizia della chiusura dell’inchiesta romana.

*** Articolo originale dell’11 dicembre 2020

A due anni dall’iscrizione nel registro degli indagati, la procura di Roma chiude l’inchiesta riguardo ai quattro 007 egiziani appartenenti alla National Security, ritenuti responsabili della morte del ricercatore friulano Giulio Regeni, rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Le accuse sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.

Con un documento di 94 pagine firmato dal procuratore capo Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco, la procura di Roma ne chiede il giudizio, chiudendo così cinque anni di indagini. Un atto di accusa che non solo si sofferma sulle responsabilità materiali dell’omicidio di Giulio, ma anche su quelle politiche della magistratura e delle istituzioni egiziane, responsabili di aver ostruito la ricerca della verità, depistando le indagini e occultando e manipolando fonti di prova.

Giulio sarebbe stato seviziato e torturato per giorni nella stanza 13, situata al primo piano di una villa degli anni ’50 nel centro del Cairo, dove vengono relegati i cittadini stranieri ritenuti responsabili di attività sovversive. Come scrivono i pm nell’atto di accusa, tutto è partito “a seguito della denuncia presentata, negli uffici della National Security, da Said Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo Ovest“. I quattro indagati “dopo aver osservato e controllato direttamente ed indirettamente, dall’autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all’interno della metropolitana del Cairo e dopo averlo condotto contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly, lo privavano della libertà personale per nove giorni“.

Fondamentali sono state cinque testimonianze raccolte in questi cinque anni dalla Procura di Roma, delle quali due in particolare, sarebbero state decisive: quella di un ex agente che vide Giulio bendato nella stazione di polizia di Dokki poco dopo il suo sequestro da parte di alcuni agenti della National Security la sera del 25 gennaio e quella di un ex agente della stessa Nsa che, tra il 28 e il 29 gennaio, dopo il sequestro, vide Giulio torturato nella “stanza numero 13” di Lazoughly.

Questo è quello che si legge nel verbale del suo interrogatorio:

Era il giorno 28 o 29 (gennaio, ndr), ho visto Regeni in quell’ufficio 13 e c’erano anche due ufficiali e altri agenti, io conoscevo solo i due ufficiali. Entrando nell’ufficio ho notato delle catene di ferro con cui legavano le persone. Lui era mezzo nudo nella parte superiore, portava dei segni di tortura e stava blaterando parole nella sua lingua, delirava. Era un ragazzo magro, molto magro. Era sdraiato steso per terra, con il viso riverso. L’ho visto ammanettato con delle manette che lo costringevano a terra. Ho notato segni di arrossamento dietro la schiena, ma sono passati quattro anni, non ricordo bene i particolari. Non l’ho riconosciuto subito, ma cinque o sei giorni dopo, quando ho visto le foto sui giornali, ho associato e ho capito che era lui.

Regeni è stato privato della libertà e sottoposto per nove giorni a sevizie e torture atroci, avvenute “utilizzando strumenti taglienti e roventi“, che hanno provocato numerose lesioni al capo, al volto, sul dorso e in diverse parti del corpo, portando alla morte del giovane ricercatore. Nel documento si legge che Giulio sarebbe stato torturato “attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci o pugni e l’uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni, mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso contro superfici rigide ed anelastiche.

Gli uomini responsabili del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Regeni sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Ibrhaim Kamel Athar, Helmy Uhsam e Sharif Abdelal Maghdi. È stata invece chiesta l’archiviazione per un quinto agente, Mahmoud Najem, perché, come si legge in una nota, non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, per sostenere l’accusa in giudizio.

Ripercorriamo la storia e la vita del giovane ricercatore friulano.

Giulio Regeni: "Così è stato torturato e ucciso"
Fonte: dal web
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