Per Michele Fazio, ucciso a 15 anni dalla mafia ‘per errore’

Per Michele Fazio, ucciso a 15 anni dalla mafia ‘per errore’
Fonte: Facebook @Pinuccio Fazio
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La mafia ha ucciso tantissime persone innocenti, nella sua pluricentenaria storia; persone che lottavano per fermarla, che non avevano paura di combatterla, come i giudici Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici, i loro agenti di scorta, l’attivista Peppino Impastato, ma anche persone che avevano la sola colpa di essere parenti e familiari di boss mafiosi, come il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto senza pietà nell’acido, e addirittura vittime colpite per errore, per sbaglio, che con la rete mafiosa non c’entravano proprio nulla, come Michele Fazio.

Michele aveva solo 16 anni quando, il 12 luglio del 2001, rimase coinvolto in una faida tra clan rivali, gli Strisciuglio e i Capriati, nei vicoli di Bari vecchia; rientrava a casa dal lavoro al bar, portando le pizze per cenare con la famiglia, visto che papà Pinuccio aveva finalmente avuto qualche giorno di riposo.

Venne raggiunto da un proiettile vagante alla nuca, cadendo immediatamente riverso al suolo, mentre le sole parole che si sentirono per strada, dopo la tragedia, furono “Sim accis o uagnon bun” ovvero

Abbiamo ucciso il bravo ragazzo.

Perché Michele, bravo ragazzo, lo era per davvero; sognava di fare il carabiniere, di entrare nell’Arma, ma nel frattempo si era assunto il compito di fare l’uomo di casa, perché il papà, ferroviere, spesso era assente per lavoro; così lavorava nel bar, e la sera rincasava in quel quartiere dove erano cresciuti anche i figli dei boss, e che l’avevano reso irrespirabile, tanto da costringere le persone a chiudere le persiane di casa per non vedere, non sentire, non ritrovarsi in alcun modo coinvolti nei loro “affari”.

Sono passati vent’anni dalla morte di Michele, e papà Pinuccio e mamma Lella, dopo la tragedia, hanno scelto di aprirle, quelle persiane: hanno permesso al mondo di entrare a casa loro, per far conoscere la storia del loro ragazzo, ucciso dalla mafia come moltissimi altri innocenti. Ancora oggi i genitori di Michele girano le scuole, per parlare di loro figlio ma anche, e soprattutto, di come la mafia calpesti, sporchi, deturpi, uccida, di come la mafia sia quella “montagna di merda” di cui parlava Impastato.

Sono passati 20 anni non di lotta, perché quella spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura, ma di impegno – hanno detto Pinuccio e Lella all’Agi – Impegno trascorso nelle piazze, nelle sedi delle associazioni, nelle scuole di tutta Italia, a parlare ai giovani della nostra storia, per far sì che mai più nessuno finisca tra le mani della mafia.

A Michele  è intitolato il presidio di Libera di Giovinazzo, nella provincia barese, e un vino prodotto dalla “Cooperativa sociale terre di Puglia – Libera terra”, che opera su terreni sottratti alla criminalità organizzata a Mesagne, oltre all’associazione, con sede a Bari vecchia, che offre uno spazio e fa doposcuola per i ragazzi del quartiere.

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