“Molestare una donna per strada non è reato”, la storia di Gaia e di tutte noi
Questo racconto somiglia a molti altri, di donne che hanno subito molestie in luoghi pubblici senza poter contare su alcun aiuto per difendersi.
Questo racconto somiglia a molti altri, di donne che hanno subito molestie in luoghi pubblici senza poter contare su alcun aiuto per difendersi.
Può accadere ancora oggi che una donna venga molestata nel silenzio di chi la circonda e delle autorità, che dovrebbero garantirle protezione e che invece si trovano con le mani legate da una legge che sembra ormai anacronistica.
Soprattutto quando ciò succede per strada o in altri luoghi pubblici, a volte addirittura sotto lo sguardo indifferente di altre persone. Come la storia di Gaia, raccontata magistralmente su Facebook da Carmelo Abbate, giornalista, scrittore e autore di trasmissioni televisive che affrontano proprio temi riguardanti la giustizia e la cronaca nera.
Gaia è una ragazza come tante: ha 25 anni, abita in un paesino emiliano e ha mille interessi. Una famiglia a cui è profondamente legata, un fidanzato con il quale ha iniziato da poco a convivere, un lavoro soddisfacente. Insomma, un ritratto che accomuna molte di noi. Ma da qualche settimana la sua vita è cambiata, e tutto a causa di un piccolo “incidente di percorso”, come potrebbe dire qualcuno. Quel giorno, Gaia ha subito una violenza che l’ha turbata a tal punto da lasciarle addosso una paura atavica ora difficile da scrollarsi via.
Eppure quella molestia non è considerata tale dalla legge: d’altronde, le è “solo” capitato che un uomo in auto l’abbia fermata suonando il clacson e le abbia rivolto commenti sgraditi sul suo fisico, mentre camminava per strada verso l’abitazione dei suoi genitori. E poi, le è “solo” successo che, alla sua risposta piccata, l’uomo di cui sopra abbia fatto inversione con l’auto e abbia iniziato a seguirla, quasi a volerla investire per aver avuto il coraggio di rifiutare i suoi “complimenti”.
Per fortuna, Gaia è riuscita a raggiungere il suo ufficio e vi si è rifugiata, sbattendo la porta. Dall’altra parte, le arrivavano ancora le urla e gli epiteti sessisti di una persona che non sembrava volersi arrendere.
Recatasi in caserma assieme a suo padre per una denuncia, Gaia ha scoperto che i carabinieri non potevano fare nulla per lei. Nessun reato commesso nei suoi confronti, perché oggi molestare una ragazza per strada, insultarla ripetutamente e terrorizzarla al punto da farla scappare in lacrime non è contro la legge.
Eppure di passi avanti, in questo ambito, ne abbiamo fatti: proprio qualche mese fa è passata al vaglio dei parlamentari il cosiddetto Codice Rosso, la legge che introduce nuove fattispecie di reato e inasprisce le pene di quelle già presenti contro la violenza domestica e di genere.
Piccoli cambiamenti che rappresentano un forte segnale, ma a quanto pare non basta. Non possiamo considerare civile una società che permette a chiunque ne abbia voglia di molestare una ragazza che cammina per strada, anche se tali molestie si manifestano “soltanto” con parole non gradite.
Perché questa è solo l’anticamera di un problema ben più profondo, una concezione maschilista della società che vede la donna come oggetto, e in quanto tale nella piena disposizione dell’uomo di turno. Una concezione secondo la quale si può arrivare a giustificare non solo i complimenti sgradevoli per strada, ma anche gli abusi, le violenze, le percosse.
E non è possibile attendere sempre il tragico finale per poter agire. Ogni donna deve sentirsi tutelata sin dal primo momento in cui avverte un pericolo o una minaccia nelle parole e nei comportamenti delle altre persone. O soltanto lo stupro, la violenza, l’uccisione sono gesti da condannare?
La storia di Gaia è solo una tra le tante, un esempio che dovrebbe aiutarci a riflettere su ciò che c’è da cambiare in materia legale per far sì che ognuna di noi sia davvero protetta dalle molestie. Ma sono davvero molte le testimonianze di donne che hanno subito – e ogni giorno subiscono – violenze simili. La denuncia di Carmelo Abbate può risvegliare le nostre coscienze e permetterci di aprire gli occhi. Perché quello che è accaduto a Gaia non è “soltanto” un episodio sgradevole:
“C’è un motivo che mi ha spinto a scrivere questa storia. – ha scritto Ababte sotto il suo post – Quando ho letto l’email di Gaia, lei, quasi per timore, ha premesso che al confronto delle storie terribili che affronto ogni giorno, la sua era una “sciocchezza”, ma che in ogni caso l’aveva turbata. Ho letto le sue parole, le ho chiesto il numero e l’ho chiamata. Giaia mi ha spiegato che non le era successo nulla di fisico, ma che si sentiva comunque abusata e che ora ha paura ad andare in giro da solo per le strade del suo paese. Ho scritto questa storia perché la ritengo grave, anche se non verrà mai raccontata dai media. È grave perché sta esattamente nel punto che bisogna colpire e contrastare, se si vuole davvero fare qualcosa contro la violenza sulle donne”.
Il post di Carmelo ha riscosso grande interesse da parte del pubblico social, e non sono mancate numerose testimonianze che raccontano quanti episodi simili accadano ogni giorno. Abbiamo raccolto in gallery alcune di queste storie:
La storia di Gaia non è certo l’unico esempio di come sia davvero necessario intervenire in maniera sostanziale sul problema delle molestie.
La violenza di genere è una realtà allarmante, ma non si cela solo tra le mura di casa. Anche per strada, ci sono uomini che si sentono in diritto di fare ciò che desiderano se si trovano di fronte a una donna.
Pensare di non poter più uscire di casa in tutta tranquillità se si è da sole è qualcosa da far gelare il sangue nelle vene. Ed è proprio per questo che bisogna intervenire il prima possibile.
Sentirsi apostrofare con epiteti volgari e insulti, essere seguita per strada e subire i “complimenti” degli uomini: tutte violenze verbali che devono essere riconosciute in quanto tali, e non sottovalutate.
È importante agire subito, perché le molestie verbali possono essere solo il primo segnale d’allarme di ciò che verrà in seguito. Non tutte le situazioni volgono al peggio, certamente. Ma il rischio è concreto e troppo elevato per permettersi di lasciar correre.
Ma anche se una molestia verbale non si trasformasse mai in un vero e proprio attacco fisico, è comunque un gesto da condannare. Perché le ripetute violenze di questo tipo ti lasciano dentro un terrore che è poi difficilissimo da vincere.
Ciascuna di noi ha il diritto di uscire di casa e vivere la propria vita senza dover temere che un giorno quel “complimento” poco gradito si trasformi in un’aggressione fisica.
La storia di questa ragazza è da brividi: a rischio non solo la sua incolumità, ma anche quella della sua bambina, a causa delle minacce dell’ex compagno.
Cosa ne pensi?