Oggi Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni, è stata uccisa a 32
Oggi Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni e per questo vogliamo renderle omaggio come donna forte e giornalista appassionata.
Oggi Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni e per questo vogliamo renderle omaggio come donna forte e giornalista appassionata.
“Una bambina curiosa, che voleva imparare, ma che aveva anche idee chiare”, così mamma Luciana ricordava la figlia Ilaria Alpi nel libro Storia di un’esecuzione: Ilaria Alpi, una donna, una vita di Mariangela Gritta Grainer.
Oggi la giornalista avrebbe compiuto 60 anni, invece è stata uccisa a 33 assieme al cameraman Miran Hrovatin a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Il brutale agguato, le cui dinamiche rimangono ancora poco chiare, è da ricondurre alle indagini di Ilaria sul traffico di armi e rifiuti tossici in Somalia.
In occasione del suo anniversario vogliamo renderle omaggio attraverso i ricordi e le parole di chi l’ha amata e profondamente stimata.
Nata a Roma il 24 maggio 1961, figlia unica, Ilaria Alpi fin da bambina manifesta un carattere forte, determinato e molto sensibile. Ha sempre amato gli animali e i monili che, durante i suoi futuri viaggi per il mondo, porterà a casa per ricordo.
Si diploma al Liceo Tito Lucrezio Caro di Roma e prosegue gli studi conseguendo la laurea in Lingue e Letteratura araba all’Istituto di Lingue orientali dell’Università La Sapienza con il massimo dei voti.
A metà degli anni Ottanta le competenze linguistiche le aprono le porte verso il Medio Oriente, infatti ottiene le prime collaborazioni giornalistiche al Cairo per Paese Sera e l’Unità.
Amava i Paesi arabi. E più li conosceva e più desiderava raccontarne i segreti, i costumi, gli stili di vita, le tensioni interiori. Negli anni vissuti al Cairo maturò il desiderio di diventare corrispondente da quella città. Aveva imparato a respirarla, l’aria dell’Africa e dell’Islam.
Gli articoli di Ilaria Alpi raccontano in maniera inedita questa parte del mondo, regalando al lettore una nuova prospettiva incentrata anche sulla cultura locale.
La carriera di Ilaria Alpi è in ascesa e nel 1990 vince il concorso per giornalisti Rai. Da prima viene assunta a Rai Sat e successivamente viene trasferita alla redazione Esteri del TG3. Dal dicembre 1992 fino al marzo 1994 la giornalista viaggia per il mondo come inviata a Parigi, Belgrado, in Marocco e in Somalia.
Lei però fin da subito si accorse che preferiva approfondire le notizie e non semplicemente darle
spiegava il padre Giorgio, e per questo il sogno della figlia era quello di lavorare per un settimanale.
La determinazione e la passione che muovono Ilaria nel suo lavoro la portano a scavare in profondità per raggiungere il cuore della notizia, riesumando una verità difficile, scomoda. È con questo approccio che parte per la Somalia per seguire la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991.
Quella del giornalismo d’inchiesta è una profonda vocazione che la spinge ad intraprendere un’indagine assieme al cameraman Miran Hrovatin su un sospetto traffico di armi e rifiuti tossici. I due si recano a Bosaso per realizzare un’intervista al sultano Abdullahi Mussa Bogor che durerà quasi 3 ore, delle quali viene registrata traccia in un taccuino di Ilaria poi misteriosamente scomparso.
La chiave del caso sembra essere proprio nelle informazioni riservate in possesso della giornalista in merito al ruolo della Shifco, una società di pesca italosomala sospettata di essere coinvolta in questi traffici, e della nave Faraax Omar sequestrata dai miliziani somali.
L’indagine di Ilaria Alpi avrebbe minato potenti equilibri politici facendo emergere un traffico di rifiuti radioattivi di portata internazionale prodotti dai Paesi industrializzati e destinati a quelli poveri dell’Africa in cambio di denaro e armi a favore dei gruppi politici locali.
Domenica 20 marzo 1994 è una data che rimane tragicamente nel cuore delle famiglie di Ilaria e Miran: I due sono di ritorno a Mogadiscio e vengono scortati in auto dal loro autista. Sono diretti al loro albergo ma non ci arriveranno mai perché vengono fermati da un commando di sette killer che apre il fuoco uccidendoli all’istante.
Sarà Bianca Berlinguer che alle 15:00 di quello stesso giorno, comunica la terribile notizia alla famiglia:
“Luciana, devo darti una brutta notizia… Ilaria è morta”.
Tutti sono profondamente sconvolti, non solo i familiari e gli amici ma anche i colleghi e l’intero mondo del giornalismo. Le indagini hanno inizio e con esse un vero e proprio calvario per ottenere delle risposte, comprendere come siano andati i fatti e chi sia il mandante dietro la terribile aggressione.
Le prime due perizie balistiche nel 1994 e nel 1996 ipotizzavano che la sparatoria si fosse verificata da lontano, avvalorando la tesi della rapina. La famiglia si oppone a questa versione poco verosimile e grazie ad una superperizia verrà stabilito come i colpi siano stati sparati a bruciapelo, convalidando l’idea che si trattasse a tutti gli effetti di un’esecuzione.
Dal 1995 si snoda la lunga e tormentata vicenda giudiziaria che vede in cima alla lista degli indagati il sultano di Bosaso come possibile mandante dell’omicidio, ma la sua posizione viene ben presto archiviata. I sospetti ricadranno sul somalo Hashi Omar Hassan il quale, secondo la testimonianza dell’autista, avrebbe fatto parte del commando armato. Dopo un primo arresto viene rilasciato e condannato nuovamente all’ergastolo nel 2000.
La famiglia di Ilaria Alpi, profondamente insoddisfatta di una giustizia che invece di battersi per far luce sulla vicenda sembra aver fatto di tutto per occultarla, si è sempre battuta con grande forza per mantenere vivo il ricordo della figlia, tramite manifestazioni, iniziative e interviste.
L‘associazione Ilaria Alpi dal 1995 si muove attivamente per tenere aperta la ricerca della verità sulla morte di Ilaria e Miran. Anche il movimento #noinonarchiviamo, promosso dalla Federazione nazionale della Stampa italiana, Usigrai e associazione Articolo21, continua a mantenere accesa l’attenzione sul caso.
I genitori di Ilaria purtroppo non ci sono più e la vicenda non è mai stata chiarita ma l’esempio della figlia come donna determinata a giornalista appassionata non sono mai stati dimenticati. In un’intervista, Giorgio Alpi dice:
Il fatto che lei era sempre in mezzo alle donne, a chiacchierare con loro, accarezzare i bambini, andava negli ospedali a vedere questa gente, secondo me è il significato di come lei vedeva il modo di fare del giornalismo.
Il contatto costante con le persone, per comprenderle, ascoltarle ha permesso a Ilaria di raccontare le notizie con grande coraggio e umanità, scavando nel profondo, soprattutto là dove è più buio pur di far emergere la verità anche mettendo a rischio la propria vita. Tutto questo fa di lei un modello per il giornalismo d’inchiesta incarnando a pieno i valori del Servizio Pubblico:
Dobbiamo essere degni in ogni momento del servizio che Ilaria e Miran hanno reso ai cittadini. – dichiara in un comunicato Fabrizio Salini, Amministratore delegato della Rai – In un periodo terribile come quello che stiamo vivendo, in cui è fondamentale avere presente che l’informazione, la credibilità e lo spirito di servizio devono essere al centro delle nostre azioni, dobbiamo meritarci di sentire Ilaria e Miran al nostro fianco in una Rai che non dimentica e non li dimenticherà mai.
A Ilaria Alpi è stato dedicato anche un premio giornalistico la cui eredità è stata raccolta dal DIG Award con l’intento di perpetrare il sostegno al giornalismo di inchiesta in Italia e nel mondo secondo gli stessi valori e la stessa professionalità che hanno sempre contraddistinto Ilaria.
Ilaria giunge per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991.
Il profondo interesse nei confronti del mondo orientale la spinge a raccontare l’Islam e l’Africa in un modo del tutto inedito per i lettori italiani, che grazie ai suoi articoli possono scoprire anche usi e costumi di una parte del mondo così difficile da penetrare e comprendere.
Ilaria Alpi è sempre stata una viaggiatrice esperta e prudente, ormai si era abituata al modo di vivere e al contesto culturale somalo. Quando partiva cercava comunque di tranquillizzare i genitori dicendo: “Noi abbiamo già dato a quel Paese”, riferendosi al nonno ucciso in questa terra nel 1896.
Durante un’intervista di Vaityfair, Rita del Prete, amica, collega e vicepresidentessa dell’associazione in memoria di Ilaria, ripercorre i momenti felici di quando abitavano insieme ricordandola così: “Era curiosa, aperta, umana. Molto diretta. Non correva dietro la carriera, le interessava solo fare bene il proprio lavoro. Aveva voglia di divulgare un mondo che aveva già conosciuto come studentessa”.
Luciana Alpi è sempre stata al fianco di Ilaria, lasciandola libera di fare le proprie esperienze. Fu proprio lei a trovare il bando per lavorare in Rai, e per questo Ilaria lo chiamava “il concorso di mamma” che fu ben contenta poi, di aver vinto. Luciana si è sempre battuta fortemente per fare luce sull’omicidio della figlia mantenendo i riflettori puntati sulla triste vicenda. Purtroppo ci ha lasciati il 12 giugno 2018 a 85 anni.
Dopo essere stati fermati da un commando di sette uomini, Ilaria Alpi e il cameraman Miran Hrovatin furono uccisi con diversi colpi di kalashnikov il 20 marzo 1994, in prossimità dell’ambasciata italiana a Mogadiscio. Dopo 27 anni la verità non è ancora emersa, ma giornalisti e sostenitori della famiglia continuano a lottare per ottenere giustizia.
La grande umanità e il senso di giustizia di Ilaria, emergono da un episodio raccontato dal padre, Giorgio Alpi, a seguito del massacro di 4 giornalisti americani a Mogadiscio: “Ilaria andrò assieme ad altri a recuperare i corpi di questi ragazzi. Poi venne a sapere che in tutta Europa se ne erano ricordati, l’unico Paese che non l’aveva fatto era l’Italia. Mandò un telegramma chiedendo che il servizio stampa italiano proponesse una giornata in onore di questi ragazzi. Noi siamo andati a questa mostra e sulla porta c’era il telegramma di Ilaria ma c’erano anche le sue fotografie”.
“Ne dimostrava di meno [anni], e questo le pesava. La faceva innervosire essere sottovalutata. – spiega Rita del Prete – La vedevano giovane e pensavano che non avesse esperienza, e invece ne aveva più di tanta altra gente. Ho visto colleghi partire senza nemmeno conoscere il posto in cui stavano andando. Lei non era contenta di se stessa se non si era preparata prima per il viaggio. Poteva andare anche in Marocco, un Paese che conosceva molto bene, non aveva importanza: studiava lo stesso”.
L’impegno di Ilaria Alpi resta ancora oggi grande fonte di ispirazione per le giovani giornaliste di domani: il libro “Ilaria Alpi. Una reporter senza paura” scritto da Fulvia Degl’Innocenti racconta una storia dove la vita della piccola Claudia si incrocia con l’esperienza di Ilaria che la spronerà nella ricerca della verità alimentando il suo naturale senso di giustizia.
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