Sheroes, il caffè dove le donne sfregiate dall'acido tornano a vivere

Nato per aiutare le donne indiane vittime di attacchi con l’acido a riacquisire sicurezza in se stesse e a reinserirsi nel mondo lavorativo e nella società, lo Sheroes Hangout Café si è ritrovato costretto a chiudere le proprie porte a causa della pandemia.

Secondo le statistiche ufficiali, tra il 2014 e il 2018 si sono verificati, in India, circa 1.600 attacchi con l’acido: quasi uno al giorno.

In realtà, tuttavia, le aggressioni di questo tipo sono molte di più rispetto a quelle registrate dai rilevamenti e riportate dal South China Morning Post. Nella maggior parte dei casi, infatti, esse avvengono in comunità chiuse e in villaggi dominati dall’omertà, le cui vittime non possono o non osano sporgere denuncia. La cifra, quindi, sale vertiginosamente, giungendo persino a più di 1.000 casi all’anno, come si legge su L’Espresso.

Destinatari principali degli attacchi con l’acido: le ragazze e le donne, di qualsiasi età. La motivazione risiede nella cultura profondamente patriarcale che permea l’India, per la quale l’acido è l’arma preferita da parte di tutti quegli uomini che vedono rifiutate le proprie avance o proposte di matrimonio.

Di qui, l’utilizzo del liquido corrosivo, finalizzato a deturpare irreversibilmente il volto delle vittime e a confinarle nelle proprie abitazioni, limitandone libertà ed espressione personali. Come spiega su Vogue Arabia Jaf Shah, direttore esecutivo di Acid Survivors Trust International:

La violenza con l’acido è un atto premeditato progettato per sfigurare, mutilare e accecare, ma non per uccidere. Spesso l’intenzione degli autori è che la sopravvissuta viva con la sua deturpazione facciale in isolamento sociale. Ciò è particolarmente pronunciato nelle società in cui la bellezza femminile è messa in discussione, spesso con la violenza.

Per consentire alle donne – e non solo – vittime di tale tipo di aggressione di reinsediarsi nella società, dunque, la ONG Stop Acid Attacks ha inaugurato nel 2014, nella città di Agra e a pochi passi dall’iconico Taj Mahal, lo Sheroes Hangout Café, un locale che ha offerto a una decina di donne sopravvissute agli attacchi con l’acido un impiego e uno stipendio per vivere dignitosamente.

Ma, soprattutto, ha donato loro un luogo in cui non sentirsi più “estranee” a se stesse, in cui riconoscersi nel dolore e riconquistare fiducia, mostrando, senza remore, i propri volti, i propri occhi e la propria pelle danneggiati dall’acido. Senza nascondersi, ma delineando la fisionomia di una nuova “normalità”.

L’idea è venuta ad Ashish Shukla, direttore della Fondazione Chhanv, promotrice della campagna Stop Acid Attacks e nata proprio per aiutare le vittime, allontanate da possibili posti di lavoro a causa dei volti deturpati, a riappropriarsi della propria autonomia economica e sociale.

Come si legge su CNN Travel, l’intuizione di aprire lo Sheroes Hangout Café è sorta in seguito all’incontro con una madre e una figlia – aggredite entrambe dal marito/padre per non aver dato alla luce un figlio maschio –, le quali hanno chiesto alla Fondazione se fosse possibile fornire loro un lavoro per fronteggiare le spese quotidiane.

Erano in condizioni pietose – ha dichiarato Shukla. – Pensavamo di aprire un negozio di alimentari per loro, ma eravamo un po’ scettici perché non sapevamo se sarebbero stati in grado di gestirlo o meno. Poi, mi è venuta in mente l’idea di un ristorante, che poteva impiegare non solo una persona, ma molte.

In seguito agli iniziali problemi finanziari, il Café – fornito anche di una libreria, di display informativi e di una stazione radio – è divenuto particolarmente popolare tra i cittadini e i turisti e, dopo pochi anni, ha visto un’espansione anche nella città di Lucknow, dove circa 30 vittime di attacchi con l’acido sono state impiegate come collaboratrici.

Nel corso del tempo, in questo modo, le donne coinvolte nel progetto hanno saputo riconquistare fiducia e speranza, condividendo i propri traumi e le proprie storie non solo tra di loro, ma anche con gli avventori, ai quali si sono ritrovate spesso a raccontare i propri vissuti.

Un modo per acquisire maggiore sicurezza in se stesse e nel mondo che le circonda, che, però, è stato bruscamente interrotto nel corso dell’ultimo anno. A causa della pandemia da Covid-19, infatti, lo Sheroes Hangout Café si è visto costretto a chiudere le proprie porte, per i danni apportati dal lockdown, dalla vertiginosa diminuzione del turismo e da una diminuzione delle entrate pari all’80%.

Come spiega Alok Dixit, fondatore della ONG Stop Acid Attacks a Nuova Delhi,

il crowdfunding ha aiutato a tenerlo a galla per un po’, ma solo fino a un certo punto. Ha aiutato a pagare stipendi parziali per mantenere il personale in grado di soddisfare i propri bisogni di base, e anche il nostro padrone di casa è stato molto comprensivo: non gli paghiamo l’affitto da un anno. Ma quando le passività hanno continuato a crescere, sapevamo che avremmo dovuto chiudere.

Non sapendo quale sarebbe stato il destino del locale, le lavoratrici hanno, così, deciso di reinventarsi – ancora una volta – e di dedicare il proprio tempo all’acquisizione di nuove competenze, dall’estetica all’inglese, dal cucito all’informatica, fino alla creazione di gioielli e alla moda. Alcuni di questi prodotti artigianali saranno, inoltre, venduti online nell’ambito di in servizio che l’ONG ha avviato per permettere loro di guadagnarsi da vivere.

Che cosa ne sarà dello Sheroes Hangout Café? Ancora non è dato sapere, molto dipende dall’andamento della pandemia. Ciò che è certo, tuttavia, è che queste donne, se pur con fatica, non cesseranno mai di essere vere e proprie “eroine”.

Sfogliate la gallery per conoscere alcune delle loro storie:

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