100% dei ginecologi obiettori in almeno 15 ospedali: i dati nascosti dell’aborto

C'è il 100% di ginecologi obiettori in almeno 15 ospedali italiani. Ma le relazioni ufficiali non lo dicono. Questi sono i dati nascosti dell'aborto che evidenziano quanto sia ancora difficile la situazione nel nostro Paese.

Mentre la legge 194 viene periodicamente messa in discussione in Italia – vedasi le non troppo lontane politiche adottate dalla regione Umbria in tema di aborto farmacologico, per fare un esempio, o la proposta del comune di Iseo per scoraggiare gli aborti – emergono dati “sommersi” sulla praticabilità effettiva delle interruzioni volontarie di gravidanza nel nostro Paese che non possono non far pensare.

In almeno 15 ospedali in tutta la penisola c’è il 100% di ginecologi obiettori di coscienza; è il dato principale che emerge dall’indagine Mai dati!, presentata il 10 ottobre dall’Associazione Luca Coscioni, nel corso del Congresso Nazionale, curata dalla docente di Storia della Medicina Chiara Lalli e dall’informatica e giornalista Sonia Montegiove. È un dato impressionante che colpisce soprattutto perché non ve n’è traccia nella Relazione sulla legge 194 fatta dal Ministero della Salute che, aggregando i dati per Regione, di fatto non rende pubbliche le percentuali circa la presenza di obiettori nelle singole strutture.

Stando a quanto riportato dalla Relazione, infatti, è la Sicilia la Regione con il maggior numero di obiettori, con l’85,8%. Ma nessuna parola sui dati singoli.

L’immagine riportata dalla Relazione, spiegano dall’Associazione Coscioni, è in realtà piuttosto nebulosa, e non corrispondente in toto alla realtà; o meglio, quella del Ministero della Salute, presentata lo scorso 16 settembre, è un’indagine parziale e poco approfondita che mal spiega come sia effettivamente applicata la legge sull’interruzione di gravidanza nel Paese.

Lalli e Montegiove, invece, hanno analizzato a fondo la situazione delle singole strutture ospedaliere, e il dato più interessante, ma che ovviamente lascia anche più perplessi, è proprio quello citato poc’anzi: esistono 15 ospedali in cui c’è il 100% di ginecologi obiettori e 5 presidi in cui la totalità del personale ostetrico e degli anestesisti è obiettore. Dietro, altri 20 strutture in cui la percentuali di obiettori fra i medici supera abbondantemente l’80%, e 13 che presentano la stessa percentuale tra personale medico e non medico (sul sito dell’Associazione è possibile vedere la mappa con tutte le strutture esaminate).

Sbaglia chi pensa che il 100% degli obiettori sia presente solo nelle strutture del Sud Italia: a figurare nell’elenco ci sono infatti sì ospedali di Campania, Basilicata e Puglia, ma anche di Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria e Marche.

La nostra indagine – dicono le autrici – ha una ragione politica e una pratica: i dati dovrebbero essere pubblicati regolarmente e in modo diverso: aperti e dettagliati sulle singole strutture, come previsto dal codice dell’amministrazione digitale per il principio che i dati devono essere aperti e accessibili. Solo se sono aperti i dati hanno davvero un significato e permettono alle donne di scegliere in quale ospedale andare, sapendo prima qual è la percentuale di obiettori nella struttura scelta.

Non tutte possono scegliere perché vivono in una città dove c’è un solo ospedale oppure in una regione dove c’è un unico non obiettore. Un servizio medico non dovrebbe essere applicato in modo tanto diverso e non omogeneo.

Peraltro, al 30 settembre 2021 ha risposto alla richiesta di accesso civico alle ASL e alle aziende ospedaliere censite dal Ministero della Salute circa il 60%; l’Associazione Coscioni assicura di aggiornare i risultati dell’indagine appena saranno disponibili tutte le risposte.

Nel frattempo, è chiaro che per la legge 194 non c’è pace, se si ha presente l’articolo 9 della stessa, quello relativo proprio agli obiettori di coscienza:

Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.

Con un 100% di personale medico obiettore, è estremamente difficile pensare che questo comma sia effettivamente rispettato; il che significa che la legge sull’IVG in Italia è costantemente in pericolo.

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