I bambini suicidi: perché sempre più ragazzini giapponesi si tolgono la vita

Il tasso di suicidio, in Giappone, supera di gran lunga quello degli altri paesi soprattutto nel caso dei bambini e dei giovani. I motivi sono vari e tutti concatenati: una società rigida, la poca importanza data all'unicità, il bullismo per chi è diverso e la crisi economica sono i principali fattori.

Il Giappone, terra apparentemente di pace e ordine, nasconde dei terribili segreti. In una nazione dove, nell’immaginario collettivo, tutto è efficiente e ordinato (basti pensare alla puntualità delle linee ferroviarie e dei mezzi di trasposto in generale) c’è una piaga che affligge i più giovani: il suicidio. Bambini e giovani adulti di età compresa tra i 10 e i 19 anni decidono di togliersi la vita a un ritmo che supera quello di tutte le altre nazioni. Da dove nasce il problema? Come mai così tanti bambini, nel periodo più spensierato della vita, decidono volontariamente di rinunciare al proprio futuro preferendo morire?

Le ragioni possono essere individuate in diversi fattori culturali e relativi alla società giapponese dove non tutto è così semplice e lineare come appare. Anzi, è proprio questo sottostare a regole rigide che, spesso, fa sì che i giovani avvertano sin dalla più tenera età l’impossibilità di esprimersi in maniera naturale mostrando i propri veri sentimenti.

1. Qualche dato per inquadrare il problema

Fonte: blogs.periodistadigital.com

Tra il 1972 e il 2013 si sono suicidati 18.048 bambini giapponesi. Questi sono i dati riportati da uno studio condotto dal Japan’s Cabinet Office (oggi aggiornato alla 26esima edizione), prendendo in analisi bambini a partire dai 10 anni e inserendo nello studio giovani adulti fino ai 24. A livello infantile il suicidio è la prima causa di mortalità nella nazione, superando di gran lunga incidenti e malattie.

Valutando anche gli adulti, dai 24 anni fino ai 44, il risultato non è molto diverso. Il suicidio si presenta sempre molto più elevato rispetto a tutte le altre nazioni, arrivando a sfiorare il 60% in più, soprattutto nel caso degli uomini. Una vera e propria paga sociale alla quale il governo cerca di far fronte, promettendo una diminuzione dei tassi di suicidio entro il 2025 con mezzi che, però, non risultano ancora del tutto chiari.

2. La visione sociale del suicidio

Fonte: pinterest.com

In occidente il suicidio è considerato una debolezza e un peccato, soprattutto per via della religione cristiana che da sempre ha individuato in questa pratica una sorta di offesa verso Dio, il solo in grado di donare o togliere la vita. Non in tutto il mondo, però, ha una connotazione così negativa.

In Giappone, infatti, il suicidio è ben altra cosa. Nei tempi antichi, come nel periodo Edo o ancora prima, si praticava il Seppuku, ovvero il suicidio rituale che comportava una morte onorevole. I samurai, per evitare di essere catturati dai nemici o per espiare una colpa e uscirne con l’animo puro, praticavano un taglio mortale nell’addome (conosciuto in occidente come Hara-kiri, sinonimo utilizzato nella lingua parlata giapponese). Un gesto nobile, quindi, di assunzione di responsabilità e coraggio che è rimasto nell’immaginario giapponese rendendo l’idea del suicidio maggiormente positiva rispetto a quella del mondo occidentale.

3. Depressione clinica e disturbi

Fonte: lindro.it

La società giapponese è più rigida della nostra e basata fortemente sul senso di onore. La bravura di un ragazzo o di una ragazza (e anche dei bambini) è valutata in base ai meriti scolastici e lavorativi, spesso difficili da conseguire per via dell’altissima competitività. Questo non implica che tutti i genitori debbano essere autoritari, ma più che altro che la società carichi di aspettative i giovani schiacciandoli in una morsa che spesso li stringe troppo, fino a portarli a uccidersi. Per i giapponesi la collettività e più importante del singolo individuo, cosa che li porta a sacrificare se stessi e la propria originalità per uniformarsi.

In questo contesto si sviluppano disagi di varia natura tra cui l’Hikikomori, la pratica di autoisolarsi e chiudersi all’interno di una stanza per anni, utilizzando come contatto con l’esterno internet e le nuove tecnologie, evitando di vedere addirittura i propri genitori.

Anche la depressione è ben al di sopra della media. Si stima che 1 bambino delle elementari su 12 sia clinicamente depresso (età dai 6 ai 12), e che lo sia 1 bambino su 4 alle medie (dai 12 ai 15 anni). Numeri davvero allarmanti considerando la giovane età dei soggetti.

4. Il bullismo nelle scuole

Fonte: termometropolitico.it

Oltre alla morsa della società che tende ad annullare le caratteristiche specifiche dei singoli, anche il bullismo fa la sua parte incrementando il tasso di bambini suicidi. Non a caso la maggioranza di essi si concentra nel periodo del ritorno a scuola, con picchi sconcertanti intorno al primo settembre.

La sensibilità di alcuni individui alle prese in giro (che possono essere pesanti) e agli atti dei bulli, fanno sì che pur di non tornare a vivere quegli episodi si preferisca farla finita. Il problema, spesso sottovalutato dalle scuole stesse, potrebbe essere uno dei motivi primari.

5. La situazione economica e finanziaria

Fonte: flickr.com

Tutte le motivazioni citate precedentemente rendono fertile il terreno dei suicidi considerando anche la situazione economica del Paese, dove il lavoro stabile non è più facilmente raggiungibile come un tempo. I giovani, vedendo le proprie prospettive sfumare, faticano a trovare delle motivazioni per andare avanti e non riescono a incastrarsi nel modello di società efficiente di cui fanno ancora parte i genitori. La ricchezza in Giappone non manca, ma è preclusa ai giovani. I risultati conseguiti dai genitori degli stessi sono irraggiungibili da un diciottenne di oggi, cosa che incrementa il suo senso di disagio.

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