Ijbol è il nuovo Lol? La Gen Z e il linguaggio di TikTok
Quello su ijbol è un argomento complesso, che coinvolge le generazioni, il settarismo nella lingua ma anche un canale di comunicazione studiato solo in tempi recenti: il digitale.
Quello su ijbol è un argomento complesso, che coinvolge le generazioni, il settarismo nella lingua ma anche un canale di comunicazione studiato solo in tempi recenti: il digitale.
Fino a qualche anno fa, in linguistica si distingueva tra canale orale e scritto, ma da qualche anno esiste anche il canale della comunicazione digitale, che costituisce un canale a sé. E proprio in questo canale nascono acronimi, slang, neologismi: uno di questi è ijbol, in un certo senso il nuovo lol (ma non proprio). Almeno dal 2010, anno in cui è nato, o meglio ancora dal 2021, anno in cui l’acronimo è diventato famoso.
Ijbol è al tempo stesso un neologismo e un acronimo. Sta infatti, come spiega UsaToday, per “I just burst out laughing”, ovvero, in italiano, “sono appena scoppiato a ridere”. È un acronimo che si unisce alla già lunga schiera di suoi simili che vengono utilizzati per esprimere risate fragorose, come lol (laugh out loud, cioè “ridere a voce alta”), rotfl (rolling on the floor laughing, cioè “rotolo dalle risate”) oppure lmao (laughing my ass off, che in italiano potrebbe essere l’equivalente di “mi scompiscio”).
Si tratta prevalentemente di sfumature – e di contesti, come vedremo – ma anche della necessità di dare un nome preciso a qualcosa. Ijbol viene presentato come il nuovo lol, ma non lo è, non completamente almeno. Sebbene lol sia nato ben prima dell’avvento dei social network – si usava già sulle piattaforme di blogging prima della nascita di MySpace e nelle chat istantanee come Msn Messenger – ijbol è nato in seno a TikTok e quindi è appannaggio delle giovani generazioni.
Nella sfumatura di senso, lol ha a che fare con qualcosa di comico che suscita una risata “di cuore”, mentre ijbol indica un modo di ridere esplosivo e improvviso, spesso fuori luogo.
Ijbol, dicevamo, è un neologismo nato in seno a TikTok, la piattaforma social cinese in cui vengono condivisi video, con la speranza che diventino virali. La piattaforma, sebbene sia frequentata da gente di tutte le età, presenta una grossa rappresentanza della Generazione Z, gli zoomer, ossia coloro che sono nati tra il 1997 e il 2012.
È un passaggio cruciale quello generazionale quando parliamo di linguaggio. Non solo perché appunto questo si evolve attraverso le generazioni, ma soprattutto perché si cerca di trovare nuovi termini (o acronimi in questo caso) per definire qualcosa che non è ancora stato definito. Perché il linguaggio è strettamente connesso alla comunicazione, e in quest’ottica c’è dell’altro.
A volte il linguaggio segue anche delle logiche settarie, talvolta inconsapevoli. La creazione di uno slang condiviso all’interno di un gruppo, sebbene vasto e internazionale, di persone è funzionale, a volte, a tenere fuori tutti gli altri. È in questo stesso modo che gruppi innocui, come i paninari, comunicavano tra loro, o come si comunica all’interno di un determinato genere musicale (per esempio il rap o la trap), tuttavia la questione del linguaggio settario ha coinvolto anche gruppi molto meno innocui, come le blogger pro-ana dei primi anni 2000.
Ijbol viene usato per indicare qualcuno che ride ma non dovrebbe, come qualcuno che fa esplodere fragorose risate di fronte a una tragedia. Per questo, dicevamo, c’è anche una caratteristica dell’acronimo legato al contesto, e questo contesto è l’essere fuori luogo.
In un’epoca di meme, tutti possono diventare icone involontarie di ijbol, in particolare coloro che credono di realizzare un video divertente, ma finiscono per risultare fuori luogo, insensibili.
Una delle icone celebri dell’acronimo è la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, che è solita scoppiare a ridere nei momenti meno opportuni. Ma siamo certi e certe che accada a diversi personaggi famosi, politici e non, in tutto il mondo.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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