I libri di Harry Potter sono probabilmente i racconti di fantasia più popolari del periodo a cavallo tra il 19esimo e il 20esimo secolo.

C’è chi ha visto solo i film, chi ha letto solo i libri e chi ha fatto entrambe le cose. Di certo i più “puristi” sostengono che il film non sarà mai all’altezza del libro. Succede lo stesso con tutte le saghe famose.

Il primo capitolo, si sa, è quello che si scorda più difficilmente. Harry Potter e la Pietra Filosofale è stato messo in vendita nel Regno Unito nel 1997 e in Italia nell’anno successivo.

Tra i milioni di lettori italiani, ce ne sono migliaia che si sono interrogati sul significato della copertina italiana. Com’è noto, è raffigurato Harry Potter con indosso un copricapo da topo e al suo fianco un topo adagiato su una tavola da scacchi.

Per oltre venti anni i fan della saga si sono chiesti perché Serena Riglietti abbia scelto quei dettagli così particolari. E pochi giorni fa se lo è chiesto perfino la “madre” di Harry Potter, J.K. Rowling!
La scrittrice, sul suo profilo Twitter, ha affermato di aver “sempre amato” quella copertina perché “bizzarra”; la Rowling si è anche chiesta il perché della testa di topo e del topo gigante con il foulard.

Il sito Portkey ha finalmente dato una risposta a queste domande. E lo ha fatto chiedendole alla mente della copertina italiana: Serena Riglietti.

L’illustratrice ha rilasciato una lunghissima intervista, parlando anche delle altre copertine da lei ideate e di alcuni retroscena interessanti.

Infine ha anche risposto alla domanda che molti si sono fatti. Innanzitutto ha precisato che Harry non gioca a scacchi “contro” un topo ma “con” un topo. L’avversario è il lettore o la lettrice. Per quanto riguarda la scelta degli scacchi la Riglietti spiega che quando le è stata commissionata la copertina conosceva pochissimi dettagli circa la storia, solo che un bambino avrebbe dovuto affrontare delle prove e delle sfide in una scuola di magia. Da lì la scelta degli scacchi. E il copricapo da topo? Qui la Riglietti replica senza troppi giri di parole: “A me piace mettere i cappelli strani sulle teste dei miei personaggi”.

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