Ultimamente si cominciano ad aprire gli occhi su molte cose, e soprattutto su un’istituzione che molti di noi vedono come guida e come apparente “rifugio” da tutti i mali: il Vaticano. Gli scandali e i misteri che accerchiano quello stato sono da sempre noti, sapietemente insabbiati ma comunque qualcosa è scappato, ma ultimamente qualcosa inizia a far breccia nella facciata di apparente integrità che presenta ormai da secoli e secoli.

 

Per questo sbarchiamo a Londra, dove vengono rese note indiscrezioni (nè confermate nè smentite) su proprietà del Vaticano, precisamente immobili, gestite da una società che farebbe riferimento direttamente allo Stato pontificio. Nel dettaglio, il locale che ospita la gioielleria Bulgari a Bond street, la più esclusiva via dello shopping e l’edificio in cui ha sede la Altium Capital, una delle più ricche banche di investimenti di Londra e altri che non sono stati resi noti.  Questo patrimonio sarebbe stato costruito nel corso del tempo grazie al denaro ottenuto dalla Santa Sede in contanti, da parte di Mussolini, come contraccambio per il riconoscimento dello stato fascista, fin dai primi anni Trenta.  

Il Guardian riporta la notizia con un servizio in terza pagina, raccontando la ricerca svolta su questo tesoro da sempre tenuto nascosto, con uno sforzo notevole, dal Vaticano. E sempre segrete sono rimaste anche le trattative con la British Grolux Investment Ltd, la società titolare di tale cospicuo investimento. Due autorevoli banchieri inglesi, entrambi cattolici, John Varley e Robin Herbert, hanno rifiutato di divulgare alcunché e di rispondere alle domande del giornale in merito al vero intestatario della società, cosa che poi è stata comunque appurata dal giornale, rivelando anche un’altra vicenda dai contorni poco chiari: sin dalla Seconda Guerra Mondiale, il Vaticano risulterebbe titolare anche di un’altra società chiamata Profima, con sede presso la banca JP Morgan a New York e formata in Svizzera.  I servizi segreti britannici la accusarono di “attività contrarie agli interessi degli Alleati”. In particolare le accuse erano rivolte al finanziere del papa, Bernardino Nogara, che aveva preso il controllo di un capitale di 65 milioni di euro (al valore attuale) . Alla richiesta di commenti sulle rivelazioni all’ufficio del Nunzio Apostolico a Londra, la risposta è stata soltanto un “no comment” da un portavoce.

Non c’è che dire: di certo, quel patrimonio immobiliare e le quote in società non andranno in beneficienza.

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