L’inquinamento chimico e non solo è uno dei problemi più gravosi mai affrontati dall’essere umano e il più difficile da risolvere, dal momento che siamo (quasi) arrivati a un punto di non ritorno.

La leggerezza con la quale per decenni abbiamo rilasciato nell’ambiente sostanze tossiche di ogni tipo sta compromettendo irreversibilmente il futuro del nostro pianeta.
Non parliamo solo di rifiuti, ma dell’inquinamento chimico che avvelena la terra, i fiumi, gli animali. Un inquinamento che ogni anno uccide 9 milioni di persone, causando morti premature anche tra giovani e giovanissimi, secondo una ricerca congiunta delle università britanniche di Birmingham e Leicester, e delle americane , Harvard, e Cambridge.

Già nel 2017, del resto, su The Lancet era stato lanciato un allarme con numeri molto preoccupanti: nel 2015, un decesso su sei nel mondo è stato causato dall’inquinamento.

L’esplosione verificatasi recentemente a Leverkusen, in Germania, che ha coinvolto uno degli impianti chimici più grandi d’Europa e provocato la morte di almeno due persone (senza contare i danni incommensurabili all’ambiente), ci spinge a riflettere: cosa si può fare per risanare la nostra terra? E, soprattutto, siamo ancora in tempo?

L’assenza di protocolli internazionali per l’analisi del rischio prodotto dall’inquinamento chimico è certamente un ostacolo rilevante al raggiungimento di tale scopo, se consideriamo anche che vengono scoperte di continuo nuove molecole chimiche potenzialmente tossiche difficili da classificare.

In Italia, Legambiente ha valutato che il 60% dei fiumi e dei laghi nazionali non sono in buono stato. Dal nord al sud la situazione cambia poco. Sempre secondo i dati di Legambiente, dal 2007 al 2017 sono state emesse nei corpi idrici ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche, in gran parte metalli pesanti. Per questo è assolutamente necessario, per i cittadini, unire le forze e denunciare la presenza di scarichi inquinanti sul territorio.

Il Green Deal, messo di recente a punto dalla Commissione Europea, propone un piano di azione a “inquinamento zero”. L’obiettivo è quello di salvaguardare la biodiversità nelle acque dolci, riducendo il più possibile l’inquinamento causato dalla sovrapproduzione agricola e dalle microplastiche.
Un ruolo chiave, inoltre, è svolto dalle innovazioni tecnologiche. Il nuovo sistema Kando, ad esempio, è in grado di rilevare in anticipo la presenza di materiali inquinanti nelle acque reflue.
La legge 132/2016 ha oltretutto istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (Snpa), che ha lo scopo di potenziare e migliorare i controlli su tutto il territorio nazionale.

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