"Accettate noi queer solo se siamo chiusi in una scatola": la verità di Adrian Fartade

Piovono insulti sul divulgatore scientifico Adrian Fartade, "reo" di aver trasgredito le regole della mascolinità e di essersi mostrato in harness e impegnato in una sessione di shibari.

Come ormai abbiamo ampiamente capito, i social permettono non solo di esprimere opinioni, ma anche di dar sfogo a frustrazioni e cattiverie gratuite, trincerandosi dietro l’anonimato di profili fake creati ad hoc. Ne abbiamo avuto l’ennesimo esempio leggendo le parole del divulgatore scientifico Adrian Fartade, che in un post Instagram riassume, in tono amareggiato, gli insulti che si è sentito rivolgere per essersi mostrato impegnato in una sessione di shibari (la legatura di una persona che, pur essendo nata in un contesto erotico, non va sempre e solo considerata dal punto di vista sessuale), e con un harness, un capo d’abbigliamento usato spesso nel BDSM.

Da minacce di violenza a foto di cappi per dirmi di usarli la prossima volta come corde a migliaia di unfollow, insulti omofobi, emoji di vomito, thread di insulti su twitter in cui si parla di me al femminile perché darmi della donna è un insulto per loro (e la dice lunga sulla visione sulle donne) a messaggi in cui vengo insultato riguardo al corpo non palestrato, in cui mi si dice che non scopo mai o che la gente si vergogna di avermi seguito o di avere il mio libro, fino a possibilità che lavori saltino per due foto. Tutto questo NON è folle, NON è straordinario, non è assurdo.

È routine ed è la normalità in questo paese. Persone che mi hanno scritto le peggio cose hanno profili normalissimi di loro con cuccioli o in giro a passeggiare con amici. Non sono mostri, sono le persone intorno. La paura dei corpi, della sessualità e di qualsiasi cosa sia queer è incredibilmente radicata.

La verità è che per la maggior parte delle persone che si mettono a sbandierare arcobaleni una volta all’anno, va tutto bene finché è una cosa lontana. A molti va benissimo che esista un aspetto queer finché è in una scatola a parte che non devono affrontare ma nel momento in cui entra nella loro quotidianità con una persona NORMALE che la vive, allora non va più bene.

Poi potrei stare qui a spiegare che lo shibari non è una cosa per forza sessuale ma un’arte teatrale o che i harness non lo sono e per tutti gli anni 90 era pieno di serie tv da Hercules a Xena con solo leather, ma il punto è che questa gente ha visto il lato sessuale perché è quello che spaventa. E succede perché appunto, a noi queer, ci accettano per modo di dire. Abbiamo il contentino di essere strani al pride e di farlo in contesti artistici se sei cantante per dire (vedi casi recenti) ma guai a provare a viverlo nella tua normalità. Non osare mettere in crisi la visione etero cis conservatrice della realtà con quello che sei.

Mi è stato ripetuto di continuo di essere solo divulgatore ma questo sono io e continuerò ad esserlo. Sempre.
Immaginate se avessi fatto le stesse foto da donna, come la reazione sarebbe stata diversa e sarei stato ipersessualizzata ed oggettificata. Pensateci quando succede.

Ci sono molti punti toccati nella riflessione di Adrian: in primis la non accettazione di ciò che, di fatto, viene ancora considerato stra-ordinario, nel senso proprio di “fuori dall’ordinario”, e quindi anche la concezione di un uomo queer, o di un uomo che pratica lo shibari o indossa harness; in secondo luogo la disparità di vedute – e quindi di trattamento -, che avrebbe portato commenti di tutt’altro tenore se in una foto con harness o durante uno shibari la protagonista fosse stata una donna.

Infine, c’è anche chi mette in dubbio che un divulgatore scientifico, quale appunto è Adrian, possa essere anche “qualcosa di diverso”, secondo un’assurda necessità di etichettare chiunque e di accettarlo o prenderlo sul serio solo nella misura in cui resta “nei ranghi”. Ma Adrian ha dimostrato che si possono essere molte cose insieme, e di fare tutto esattamente bene.

Del resto, lui è allo stesso tempo youtuber, scrittore, attore, performer, che dalla Romania all’età di 15 anni si è trasferito in Italia per prendersi un diploma in informatica e una laurea in storia e filosofia, con un focus particolare su scienza e astronomia, grazie al quale ha cominciato a parlare di cosmo e pianeti in modo accessibile a tutti e tutte. E che, sicuramente, ha dimostrato di essere decisamente al di sopra di ogni forma di insulto o offesa.

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