Internata contro la sua volontà e con l’inganno per non farle fare l’interruzione di gravidanza che voleva.

Sembra la trama di un romanzo drammatico in stile Charles Dickens, eppure non solo tutto questo è incredibilmente reale, ma avvenuto appena pochi mesi fa.

La CNN, che per prima ha scoperto e riportato la storia, infatti, ha raccontato dettagliatamente quanto accaduto a una minorenne irlandese che, proprio nel 2016, incinta ma non intenzionata a tenere il bambino, è stata convinta, con l’inganno, a recarsi in una clinica di Dublino, dove era convinta di poter procedere all’aborto. In realtà, però, è stata rinchiusa in un istituto di salute mentale, proprio per impedirle di interrompere la gravidanza.

Certo, un’adolescente incinta è sempre una questione particolarmente dedicata da affrontare, ma la soluzione adottata nel suo caso è assolutamente inammissibile e inaccettabile.

Già questo, di per sé, sarebbe sufficientemente scioccante, ma non è tutto: se vi state domandando come sia stato possibile internare una ragazza evidentemente sana, sappiate che in questa terribile vicenda sono state rispettate tutte le leggi attualmente in vigore in Irlanda. Lo psichiatra che si è occupato del caso della minorenne, infatti, ha potuto fare appello al Mental Health Act, la legge che permette di internare le persone in centri di salute mentale senza il loro permesso, evidenziando nella ragazza palesi segni di depressione e di tendenza al suicidio. Se fosse vero o no tutto questo, naturalmente, non lo sappiamo, ma è lampante che ciò sia bastato per convincere gli assistenti sociali a ritenere opportuno l’internamento nella clinica.

Secondo quanto riportato dalla Child Care Law Reporting Project, un’organizzazione che si occupa proprio di minori sul territorio irlandese, però, alla ragazza non è stata applicata la procedura per i casi di aborto, ma è stata rinchiusa, contro la sua volontà, nella struttura psichiatrica per diversi giorni. Solo quando le è stato assegnato un altro medico, una volta dentro l’istituto, il quale ha stabilito invece che non esistevano motivi affinché rimanesse lì, l’adolescente (la cui identità è ovviamente sconosciuta) è stata finalmente liberata.

Tutto questo, tuttavia, lo abbiamo anticipato, è incredibilmente avvenuto nel pieno rispetto delle leggi che vigono nel paese, e non parliamo solo del Mental Health Act: la normativa irlandese sull’aborto, infatti, è letta in chiave estremamente restrittiva, tanto da essere rimasta ferma all’approvazione, con conseguente entrata in vigore, della Carta Costituzionale, datata 1937. Insomma, si parla di ottant’anni fa, e l’approccio assolutamente arcaico e rigido rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza stride terribilmente con i passi avanti compiuti, ad esempio, in materia di unioni omosessuali, con i matrimoni tra persone dello stesso sesso che sono stati definitivamente legalizzati il 23 maggio 2015. Sembra che il paese viva una sorta di strana contraddizione tra i tentativi di liberarsi dalle fortissime radici cattoliche in cui storicamente vive, e quelli invece per rimanervi aggrappato.

In linea generale, le interruzioni volontarie di gravidanza in Irlanda sono illegali, e l’unica deroga prevista concerne il potenziale pericolo di vita della madre.

Una donna – cita la Costituzione – può considerare l’aborto solo quando la sua vita è in un pericolo immediato, ma non in caso di stupro, incesto o malattia mentale della madre.

L’ottavo emendamento della Carta Costituzionale approvato nel 1983, inoltre, compara i diritti del feto a quelli della madre.

Nel caso della ragazza rinchiusa è intervenuta la portavoce della campagna dei diritti dell’aborto, Linda Kavanagh, che ha scritto:

È difficile non pensare che lo psichiatra in questo caso abbia utilizzato essenzialmente la legge sulla salute mentale come strumento per costringere una ragazzina a continuare una gravidanza indesiderata, esclusivamente a causa delle proprie credenze personali. È chiaro che abbiamo bisogno di un processo che garantisca ai professionisti medici che tali obiezioni di coscienza non debbano in alcun modo impedire una tempestiva assistenza sanitaria in casi critici.

Anche il popolo irlandese, inoltre, sembra chiedere a gran voce un cambiamento delle leggi sull’aborto, tanto che nell’aprile 2017 il governo di Dublino ha preso visione delle votazioni nelle assemblee cittadine che si sono espresse proprio a favore della modifica della normativa sull’interruzione di gravidanza nel paese. Il Primo Ministro Leo Varadkar ha promesso di tenere un referendum sui diritti rispetto all’aborto nel 2018, ma la data non è stata ancora fissata. Il Ministro della Sanità, Simon Harris, si è invece rifiutato di esprimere qualsiasi commento sulla vicenda.

Inutile dire che la questione dell’interruzione volontaria di gravidanza denoti sempre contrapposizioni piuttosto nette ed evidenti, e presenti lati difficili da comprendere o su cui giudicare, soprattutto se vissuti dall’esterno; ma, in qualunque modo la si pensi, di certo nessuno dovrebbe vedersi privato della propria libertà e internato in una clinica psichiatrica, con l’inganno, solo per aver espresso la volontà di esercitare quello che dovrebbe essere un diritto, il diritto alla scelta, almeno quello.

 

 

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