Il Covid-19 sta avendo un impatto negativo generale sull’istruzione. Le scuole restano chiuse e sono ridotte a didattica a distanza in molti Paesi, e questo porterà inevitabilmente conseguenze sulla formazione e l’istruzione di bambini e bambine. Ma il costo maggiore lo pagheranno quest’ultime, soprattutto nei Paesi più poveri.

Negli ultimi 25 anni si è registrato un aumento del tasso di iscrizione delle ragazze – passato dal 73% all’89% – un risultato che la pandemia da Covid-19 rischia di bloccare, invertendo bruscamente il trend. Nonostante il progresso degli ultimi anni, questo dato non è comunque abbastanza: a oggi sono ancora 132 milioni le ragazze che non vanno a scuola. E solo nel 66% dei Paesi si è raggiunta la parità di genere nell’istruzione primaria, una percentuale che si abbassa di molto se si analizza l’istruzione secondaria: il 45% per quella secondaria inferiore e addirittura il 25% per quella secondaria superiore. Si pensi che meno del 40% delle ragazze dell’Africa subsahariana completa la scuola secondaria inferiore.

A confermarlo è Audrey Azoulay, Direttore generale dell’UNESCO, che afferma la necessità di un maggiore impegno globale per combattere la disuguaglianza di genere, citando i risultati, tutt’altro che incoraggianti, dell’ultimo Global Education Monitoring Report, dal titolo A New Generation: 25 anni di sforzi per l’uguaglianza di genere nell’istruzione:

Sappiamo tutti che l’istruzione è la pietra miliare della parità, e l’istruzione delle ragazze e delle donne è il primo passo verso un mondo più equo di genere. Anche se siamo felici di riferire i progressi raggiunti nell’educazione delle bambine e delle donne attraverso i continui sforzi della comunità internazionale, questa pubblicazione mostra ancora che stiamo continuano a penalizzare i più svantaggiati: tre quarti di tutti i bambini in età primaria che potrebbero non mettere mai piede a scuola sono bambine.

Come accennato, questo scenario non può che aggravarsi di fronte a un fatto di portata universale come la pandemia da Covid-19, i cui effetti pesano sempre di più sul genere femminile, già ampiamente discriminato.

La lotta alla discriminazione di genere è uno degli obiettivi principali della Giornata Internazionale dell’Educazione (24 gennaio), istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni per sostenere la centralità dell’accesso universale all’istruzione e all’apprendimento, riconosciuto come un passo imprescindibile per creare società più inclusive e raggiungere l’uguaglianza di genere, spezzando il ciclo di povertà che ancora mette in ginocchio moltissimi paesi.

Giunta alla sua terza edizione, la Giornata Interazione dell’Educazione 2021 non poteva che essere incentrata sulle conseguenze che la pandemia sta generando e le misure da approntare per una ripresa globale più efficace: Recover and Revitalize Education for the Covid-19 Generation. In questo anno, la chiusura di scuole, università e altri istituti di apprendimento così come l’interruzione di molti programmi di alfabetizzazione, ha colpito la vita di 1,6 miliardi di studenti in oltre 190 Stati, andando a gravare su una situazione già precaria in molti Paesi in via di sviluppo.

L’obiettivo – anche attraverso il GEM Report sopracitato che spiegheremo meglio in seguito – è quello di intensificare la collaborazione e la solidarietà di tutta la comunità internazionale, evidenziando iniziative e programmi di politica economica e finanziaria che si sono dimostrati vincenti per ridare all’educazione i principi di equità e rilevanza, soprattutto nei Paesi più svantaggiati, garantendo una ripresa più rapida che vede al centro la garanzia di un accesso all’istruzione per tutti, infrastrutture più efficienti e la lotta al fenomeno dell’abbandono scolastico e della disuguaglianza di genere.

Le conseguenze della chiusura delle scuole sulle bambine

Non abbiamo ancora dati precisi sulla situazione attuale, ma le ricerche sulle pandemie precedenti possono darci degli indizi e ci dicono che gli effetti non termineranno nell’immediato dopo la fine della crisi, ma avranno strascichi lunghi e importanti che coinvolgeranno soprattutto le ragazze e la loro vita futura.

Tra i pericoli principali di una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo vi è un alto tasso di abbandono scolastico delle ragazze, che, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, significa una vita più povera e maggiormente soggetta a gravidanze precoci, subordinazione, malattie e abusi, considerato che la realizzazione dei diritti delle donne è intrinsecamente legata alle loro opportunità educative.

E sono molte le cause e le condizioni che possono spingere ragazze e bambine ad abbandonare la scuola in modo permanente in un momento del genere.

Soprattutto nei Paesi poveri, con la chiusura delle scuole, le ragazze sono spesso incaricate di un maggior numero di lavori domestici, tra cui la cura dei bambini, che possono ridurre notevolmente il tempo da dedicare all’apprendimento. Inoltre, può capitare che i genitori, soprattutto nelle famiglie più povere, scelgano di tenere a casa le figlie anche dopo la riapertura della scuola.

Con una crisi sanitaria come la pandemia da Covid-19 – come del resto era già successa con l’epidemia di Ebola nel 2014 – la malattia e la mortalità dei genitori o di altri membri della famiglia possono interferire con l’educazione delle bambine stesse. La perdita di un genitore comporta infatti perdita di reddito e una maggiore necessità per i figli – le figlie in particolare – di lavorare. Ad esempio in Liberia, durante l’epidemia di Ebola, le ragazze hanno rappresentato le principali fonti di reddito nelle loro famiglie.

Ma non è tutto: spesso di fronte a queste situazioni le ragazze diventano le prime badanti per i membri malati delle famiglie oppure sono responsabili della cura della casa o dei fratelli più giovani. E in molti casi, queste situazioni non sono temporanee, ma allontanano le ragazze da scuola in modo permanente. La perdita di reddito familiare può anche spingere le ragazze a sposarsi giovani e ad abbandonare definitivamente il percorso scolastico.

Senza la scuola, che rappresenta anche un luogo di sicurezza oltre che di istruzione, e con il confinamento in casa, si verifica poi un rischio maggiore di violenza domestica e di abusi sessuali per le bambine. Questo fenomeno si traduce anche in un aumento delle gravidanze adolescenziali. In Sierra Leone, dopo la crisi dell’Ebola, si è assistito a un aumento importante della gravidanza tra le giovanissime. L’aumento di gravidanze a cui assisteremo nello scenario attuale sarà poi aggravato dal fatto che le risorse e le strutture per la maternità e la riproduzione saranno probabilmente riorientate per contrastare la pandemia, ponendo ulteriori minacce alla salute e alla sicurezza delle adolescenti e delle giovani donne.

Infine crisi sanitarie e finanziarie come quella in corso possono provocare una ingente riduzione dei budget destinati all’istruzione, sia a livello nazionale che domestico, a svantaggio ovviamente della popolazione femminile. Durante la crisi finanziaria dell’Asia orientale degli anni ’90, ad esempio, le disparità preesistenti tra ragazzi e ragazze si sono moltiplicate.

Il Fondo Malala, basandosi sulle esperienza delle precedenti epidemie prevede tassi di abbandono scolastico più elevati per le ragazze in seguito alla chiusura delle scuole. L’UNESCO stima che potrebbero ammontare a 5,2 milioni le ragazze della scuola primaria e secondaria che non torneranno a scuola in seguito alla pandemia da Covid-19.

Come contrastare le disuguaglianze di genere nel mondo dell’istruzione post-Covid

In questo scenario che vede bambine e ragazze più a rischio di abbandono scolastico, con le conseguenze che abbiamo affrontato in precedenza, è necessario che si intervenga con delle misure precise. Suzanne Grant Lewis, direttrice dell’IIEP (International Institute for Educational Planning), durante un recente webinar dell’UNESCO ha avvertito che la crisi del Covid-19 accentuerà in modo esponenziale le disuguaglianze di genere, esortando tutti i partecipanti della comunità internazionale ad agire in modo tempestivo con la messa a punto di una serie di provvedimenti mirati. Tra questi:

  • garantire un‘equa rappresentanza di donne e uomini nei processi decisionali legati alle situazioni di crisi;
  • raccogliere dati attendibili rispettosi del genere, per mettere in atto risposte che tengano conto dei bisogni e delle esigenze di tutte le categorie;
  • utilizzare reti di donne a livello di comunità per individuare risposte alla crisi più efficienti;
  • incoraggiare le ragazze a continuare a dedicarsi allo studio durante e dopo la crisi e spingerle a fare lo stesso con le loro coetanee;
  • incoraggiare uomini e donne a dividere tra loro la gestione dei figli e dei compiti domestici;
  • spingere le ragazze a denunciare la violenza domestica e creare ambienti sicuri per le donne vittime di abusi;
  • garantire un accesso a un’educazione sessuale per tutti gli studenti, aspetto che consente di prevenire la violenza di genere nelle scuole e porta anche a una riduzione delle gravidanze precoci.

Dal punto di vista dei programmi scolastici, per fare in modo che le ragazze non restino indietro e non siano spinte ad abbandonare la scuola, è fondamentale che questi tengano conto delle esigenze domestiche che coinvolgono per la quasi totalità le ragazze, con orari di studio flessibili che consentano a queste ultime di dedicarvisi con maggiore facilità senza essere totalmente assorbite dall’attività domestica. Non solo, è necessario intervenire per superare il divario digitale di genere – che ad oggi vede ancora uno sbilanciamento a danno delle ragazze – se si vuole evitare che queste perdano la possibilità di dedicarsi all’apprendimento a distanza online per mancanza di mezzi. Inoltre, uno strumento efficace contro l’abbandono scolastico di bambine e ragazze potrebbe essere l’istituzione di un programma di controllo da parte della rete degli insegnanti per monitorare la situazione e garantire che il maggior numero possibile di studentesse ritorni a scuola dopo la sua riapertura.

Il rapporto GEM, di cui abbiamo parlato in apertura, sostiene inoltre che per abbattere il divario di genere è necessario che insegnanti e consulenti scolastici siano formati per evitare che stereotipi di genere si riversino nell’insegnamento o influenzino negativamente le scelte delle materie e delle future carriere degli studenti. La percentuale di donne che effettua studi ingegneristici o in ambito tecnico è inferiore al 25% in oltre due terzi dei paesi, essendo ancora influenzata da un pregiudizio di genere. Inoltre, i programmi di studio e libri di testo devono rappresentare le donne in modo da non perpetuare questi stereotipi di genere e contribuire così a un cambiamento culturale di cui possano beneficiarne tutti, in primis le donne.

Per dimostrare la necessità e i benefici dell’eliminazione della disuguaglianza di genere, il Rapporto GEM ha lanciato anche una campagna chiamata #Iamthe1stGirl, con lo scopo di mostrare al mondo intero l’impatto positivo sulle comunità i cui governi scelgono di investire nell’istruzione delle ragazze.

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