Sono passati 20 anni da quando Jutta Kleinschmidt è entrata nella storia vincendo la Parigi-Dakar. Era il 21 gennaio 2001. Ancora oggi, e in tutto questo tempo, Jutta è ancora la prima e unica donna a essersi fregiata di questo titolo.

Jutta Kleinschmidt, classe 1962, vinse la 23a edizione di quella che ancora oggi è la gara automobilistica e motociclistica più difficile e famosa del mondo, nella categoria auto su una Mitsubishi Pajero in 21 giornate di rally, in cui vennero disputate 20 tappe con 20 prove speciali. La sua fu un’impresa storica, oltre che una storia di emancipazione femminile e sfida agli stereotipi di genere, tanto che a breve dovrebbe esserne fatto un film.

Nel suo lungo curriculum, la ex pilota tedesca vanta ben 17 partecipazioni alla Dakar – 3 in moto e le 14 consecutive in auto – ottenendo 3 podi e 6 posizioni nella Top 5 della classifica generale.

La storia di Jutte verso la conquista della Dakar

Jutte nasce a Colonia, per poi trasferirsi in Baviera con la mamma single e le tre sorelle. Di estrazione sociale molto bassa, si appassiona sin da subito agli sport di velocità, fino a che, a 18 anni, non avendo i soldi per comprarsi un’auto, opta per una moto usata. Da lì ha inizio la sua passione.

Inizia la sua carriera con le moto, per poi proseguire sulle 4 ruote. In un primo momento gareggia nei really come copilota di un uomo con il quale è anche fidanzata, il francese Jean Louis Schlesser, un nome importante nel nome delle corse, che nel 1998, quando Jutta corre da sola ed è davanti a lui, la prega di aspettarlo perché non riesce a tollerare che una donna sia più veloce di lui. Tre anni dopo – in quel famoso 21 gennaio 2001 – lei arriva prima, lui secondo.

Questo è quello che la Kleinschmidt ha dichiarato in un’intervista avvenuta nel 2016, ricordando la sua gloriosa impresa:

Nell’ultima tappa di Dakar, nel 2001, il mio sogno più grande si è avverato. È una sensazione meravigliosa. Attraversando il traguardo mi sono liberata di un’enorme pressione che avevo addosso. Dopo quasi 10.000 chilometri ero in testa alla corsa con solo 2 minuti e 53 secondi di vantaggio sul secondo classificato. Bastava restare bloccata nella sabbia o avere una gomma a terra per perdere la vittoria. Cosa significhi la vittoria, me ne sono reso conto solo settimane dopo.

Il suo contributo al mondo dello sport non è solo quello che ha dato come pilota: dopo la vittoria, è stata chiamata da una celebre casa di automobili a sviluppare prototipi di auto da corsa innovativi, entrando a far parte di una squadra di professionisti quasi interamente al maschile. Ancora una volta, riesce a distinguersi in modo fatto prevalentemente da uomini.

Oggi è una speaker motivazionale e allenatrice. La sua storia, di cui ha scritto un libro, dal titolo “My Victory at Dakar”, ispirerà un film: nel 2020, infatti, la Amblin Partners di Steven Spielberg ha acquistato i diritti di sfruttamento cinematografico della sua vita e dei relativi diritti del suo libro autobiografico. Pare che a dirigere la pellicola sarà David Leitch, regista di John Wick e Deadpool 2, tra gli altri.

L’impegno di Jutta per incoraggiare la partecipazione femminile in un mondo di uomini

Specie negli ultimi anni Jutta si è impegnata molto per incentivare una sempre maggiore partecipazione femminile al mondo automobilistico dei rally. Nel 2015 ha organizzato il “WIMC-QMMF Women’s Cross Country Selection”, un campo di selezione di piloti da corsa per incoraggiare un maggior numero di donne a praticare il cross country.

È anche membro della FIA WIMC (Women & Motor Sport Commission), il cui obiettivo, come dichiarato da lei stessa, “è quello di creare una cultura sportiva che faciliti e valorizzi la piena partecipazione delle donne a tutti gli aspetti dello sport motoristico“.

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