1918. Mentre i boati della prima guerra mondiale si vanno spegnendo, a Vienna, nel cuore della Mitteleuropa, un’epoca dorata è ormai al tramonto. L’impero austro-ungarico comincia a disgregarsi. È il 31 ottobre. Quella notte, nel letto della sua casa, muore Egon Schiele, una delle 20 milioni di vittime causate dall’influenza spagnola. Se ne va guardando in faccia il male invisibile, come solo lui sa fare: dipingendolo. Ha 28 anni. Solo pochi mesi prima, il salone principale del palazzo della Secessione si era aperto alle sue opere: 19 oli e 29 disegni. La sua unica mostra di successo, celebrazione di una pittura che rappresenta le inquietudini e i desideri dell’uomo.

Qualche mese prima era morto il suo maestro e amico Gustav Klimt, che dall’inizio del secolo aveva rivoluzionato il sentimento dell’arte, fondando un nuovo gruppo: la Secessione viennese. Oggi i suoi capolavori attirano visitatori da tutto il mondo o diventano star al cinema in film come Woman in Gold, ma sono anche immagini pop che accompagnano la nostra vita quotidiana su poster, cartoline e calendari. Ora, cent’anni dopo, le opere di questi artisti visionari – tra Jugendstil ed espressionismo– tornano protagoniste assolute nella capitale austriaca.

Nasce da qui il film evento scritto da Arianna Marelli e diretto da Michele Mally, Klimt & Schiele. Eros e Psiche che vede la partecipazione straordinaria di Lorenzo Richelmy e che sarà in anteprima nelle sale italiane solo il 22, 23 e 24 ottobre in attesa di sbarcare nei cinema di tutto il mondo.

“A ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà”. È il motto che campeggia a lettere d’oro sull’ingresso del palazzo della Secessione e inaugura un tempo nuovo. Proprio quest’epoca rivive in Klimt & Schiele. Eros e Pische, raccontata dalla voce dell’attore Lorenzo Richelmy: una città negli anni in cui per le strade o nei caffè si potevano incontrare il giovane Ludwig Wittgenstein e a teatro andavano in scena i drammi di Arthur Schnitzler e all’opera si assisteva alla prima de La vedova allegra come alla Salomè di Richard Strauss. Il documentario si arricchirà così di immagini di straordinaria forza, con le decorazioni ammalianti e avvolgenti proprie dei quadri di Klimt fino alle tormentate linee di Egon Schiele. Nei suoi nudi magnetici e nelle figure contorte esplode un erotismo invincibile eppure sofferto. Un tema-scandalo – proprio negli anni in cui si sviluppava la psicoanalisi – che causò al pittore un’incarcerazione e un processo nella cittadina di Neulengbach.

Proprio l’erotismo è il filo segreto di questa storia.

Dal simbolico 1900 della pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, l’inconscio sale prepotentemente in superficie. La psicoanalisi, con le sue dirompenti teorie sulla sessualità infantile e le emozioni represse o rimosse, scuote una società benpensante che comincia ad aprire gli occhi sulla natura profonda dell’io.

Hermine Hug-Hellmuth, una delle prime donne ad essere ammessa alla Società Psicoanalitica di Vienna, pubblica il Diario di una giovinetta (1919) – scritto in realtà da lei stessa – sulla vita sessuale di una ragazzina: “un piccolo gioiello”, come lo definiva Freud. Una vicenda molto discussa, quella di Hermine Hug-Hellmuth, destinata a diventare anche caso di cronaca: nel 1924 la studiosa verrà trovata morta, uccisa proprio dal nipote Rolf che a lungo aveva non solo educato ma anche – queste le accuse di lui – psicoanalizzato. Le donne, del resto, sono sempre più al centro della vita pubblica: il salotto di Berta Zuckerkandl è un crocevia d’artisti, come lo studio di Dora Kallmus, la più famosa fotografa della capitale.

Un mondo di voci inconfondibili, che entreranno nel documentario attraverso letture dell’attrice e modella Lily Cole e interviste internazionali come quella al  Nobel per la medicina e neuroscienziato Eric Kandel, che potrà svelarci le connessioni tra inconscio, mente e creatività.

Un film evento per scoprire un’epoca d’oro per la cultura europea.

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