*** Aggiornamento del 23 giugno 2021 ***

Non è la prima volta che Fedez interviene per difendere il ddl Zan; già dopo la prima mancata calendarizzazione in Senato, infatti, il rapper aveva risposto al senatore Pillon che aveva esultato per il mancato arrivo della proposta a Palazzo Madama, mentre ora, attraverso le sue storie Instagram, si rivolge direttamente al Vaticano che ha chiesto il blocco dell’iter del ddl per presunte violazioni del Concordato, inserendosi, di fatto, nel percorso di approvazione di una legge italiana.

Fonte: instagram @fedez

Non avevamo concordato, amici del Vaticano, che ci davate delle tasse arretrate sugli immobili? L’Unione Europea ha stimato più o meno 5 miliardini, forse più, in realtà, non si sa perché avete perso il conto degli immobili, forse ne avete troppi. Magari dateci quei soldini, ci servono per far andare avanti il Paese, poi venite a rompere le palline sulle leggi italiane, magari.

E comunque, piccolo spoiler, amici del Vaticano, siamo uno Stato laico, so che non siete abituati a sentirvelo dire, però in teoria saremmo uno Stato laico. Un’altra cosa che non so se abbiamo concordato, amici del Vaticano, fatemi capire, voi potete rompere le palle sulle leggi italiane, metter becco, però quando in Italia viene sgamato, sapete uno di quei pretini pedofilini che gli piace toccare i bambini, ecco, mi spiegate perché, quando succedono cose come queste, il pretino non viene processato dalla giustizia italiana e invece lo processate voi in Vaticano?

Fedez poi abbandona il tono ironico per riflettere sul fatto, dice, che il Governo ha fra le mani un’occasione incredibile.

Non solo quella di far sì che venga non approvato il ddl Zan, ma che venga votato, e quindi che la democrazia faccia il suo corso, ma anche quella di abolire un Concordato anacronistico e di rivendicare la laicità dello Stato italiano.

*** Articolo originale del 22 giugno 2021 ***

Non c’è pace per il ddl Zan, il disegno di legge che, andando a implementare la legge Mancino del 1993 in merito a violenza e discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, con l’aggiunta di quelli per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, e agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, vorrebbe finalmente riconoscere l’omobitransfobia (e non solo) come reato nel nostro Paese.

Dopo essere stato calendarizzato dalla Commissione Giustizia in Senato ad aprile, in seguito a un iter lunghissimo e molteplici stop dovuti alle opposizioni del centro destra, oggi persino il Vaticano ha deciso di dire la sua in merito al disegno di legge, che violerebbe in alcuni suoi contenuti l’accordo di revisione del Concordato, quello siglato nel 1984 dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi a Villa Madama.

È la prima volta nella storia del rapporto tra i due Stati che la Chiesa interviene ufficialmente nell’iter di approvazione di una legge italiana, esercitando i poteri che le sono attribuiti dai Patti Lateranensi del 1929, e dalle sue successive modificazioni.

La protesta della Santa Sede è stata affidata all’inglese monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, una figura simile al Ministro degli Esteri, che lo scorso 17 giugno si è presentato all’ambasciata italiana presso la Santa Sede consegnando nelle mani del primo consigliere quella che, nel lessico diplomatico, è chiamata una “nota verbale”, ovvero una comunicazione formale preparata in terza persona e non firmata. All’interno del documento tutte le preoccupazioni della Santa Sede:

Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’’accordo di revisione del Concordato.

Si legge nel testo; i commi citati sono quelli che assicurano alla Chiesa “libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale” (comma 1) e garantiscono “ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (comma 2). Nelle ragioni della Santa Sede alcuni passaggi del ddl Zan metterebbero in discussione proprio la libertà di organizzazione; ad esempio, l’articolo 7 della proposta, che non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività per la Giornata contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia che dovrebbe crearsi proprio con l’approvazione della legge.

C’è di più: per il Vaticano il ddz Zan rappresenta un vero e proprio attentato alla libertà di pensiero dei cattolici, con il timore che approvare una legge di questo tipo possa condurre a rischi di natura giudiziaria.

Stando a quanto riportato dal Corriere, la nota sarebbe già nelle mani del Ministero degli Esteri e dell’Ufficio relazioni con il Parlamento della Farnesina, pronta per essere portata all’attenzione del premier, Mario Draghi, e del Parlamento. Una delle ipotesi che potrebbero profilarsi è quella dell’istituzione della cosiddetta commissione paritetica, per discutere della corretta applicazione delle norme contenute nel Patto.

Certo sorprende che, dopo aver più volte espresso il proprio malcontento per il ddl Zan attraverso varie voci, ora il mondo cattolico abbia scelto la via diplomatica per dirimere la questione; adesso la partita non si gioca più sul piano dei singoli pareri, che possono ovviamente essere in contrasto con le disposizioni del disegno di legge, come espresso dalla Cei nel 2020 – “Esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio” – e più recentemente dal suo presidente, Gualtiero Bassetti – “Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza” -, ma su quello dei rapporti fra Stati. E l’Italia, pur essendo a tutti gli effetti uno Stato laico, deve tenerne conto, anche in  virtù di quanto disposto dalla sua stessa Costituzione, che all’articolo 7 recita

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Di sicuro è la prima volta che il Vaticano si impone con un’ingerenza tanto pesante su un tema di natura sociale, e questo potrebbe rappresentare un ulteriore, importante ostacolo per l’approvazione della legge, il cui cammino va avanti dal 2020, da quando cioè il deputato Alessandro Zan ha ripreso le varie proposte che, negli precedenti, erano state abbandonate, prima da Nichi Vendola e poi da Antonio Soda.

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