La dottoressa stuprata a Catania: "Mi ha strappato i vestiti e violentata per un'ora e mezza"

A "Matrix" racconta l'orrore di quella notte, quando è stata violentata per più di un'ora senza riuscire a chiedere aiuto: poi è scappata fuori ed è finito il suo incubo.

Torna a parlare la dottoressa Serafina Strano, stuprata da un uomo in guardia medica a Trecastagni, nel Catanese. Era la notte tra il 18 e il 19 settembre 2017 quando la dottoressa è stata aggredita da Alfio Cardillo, salvo poi liberarsi e chiedere aiuto in strada. Immediato l’intervento delle forze dell’ordine che hanno messo fine al suo incubo: il giovane, invece, è stato subito arrestato.

Ora la donna, dopo averci messo la faccia in Parlamento, ha deciso di intervenire a “Matrix” su Canale 5. Questa la sua ricostruzione dei fatti:

“A mezzanotte ho sentito suonare il campanello e sono andata ad aprire […] Dietro il vetro riconosco il paziente, già visto in guardia medica perché era venuto altre volte. Mi chiede un antidolorifico. Io non mi insospettisco per niente anche perché la sera prima era venuto per lo stesso problema. Appena dentro l’ambulatorio, mentre mi volto per prendere il farmaco, lui mi aggredisce alle spalle con intenzioni chiarissime: mi strappa i vestiti e comincia una violenza che dura un’ora e mezza”.

Poi la dottoressa prova a premere il “pulsantino che è un accessorio del braccialetto SOS che in quel momento non indossava perché non ha copertura di segnale in tutti i locali della guardia medica”. Quando raggiungere il telefono, lui strappa i fili e non le permette a lei di chiedere aiuto. Alfio Cardillo, questo il nome del suo aggressore, continua nella sua violenza per più di un’ora:

“Ho lottato con lui attaccato per tutti i locali, non mi ha mollato un istante per un’ora e mezza tenendomi avvinghiata”.

Poi le ha chiesto di accendere una sigaretta. Solo in quel momento l’ha mollata per un istante e lei è riuscita a fuggire fuori chiedendo aiuto. Una situazione che la dottoressa ha voluto denunciare a gran voce poiché stanca di dover lavorare “in completa solitudine”. Altre colleghe, confida la dottoressa, “fanno i turni in guardia medica accompagnate dal marito, dal padre o da un conoscente”.

Ad oggi, secondo la dottoressa, nulla è cambiato:

“Quando ho detto che mi sono sentita violentata una seconda volta è perché sono passati 60 giorni e la violenza è stata perpetrata dal mio datore di lavoro, i dirigenti dell’Asp di Catania perché sono loro che dovevano, per legge, creare dei sistemi di sicurezza anti aggressione validi per le guardie mediche della Regione”.

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