Quando si deve trattare un tema delicato come quello della violenza femminile è sempre difficile riuscire a trovare le parole più giuste. Da un lato si deve cercare di essere imparziali, dall’altro è quasi impossibile (almeno per me) non esprimere sdegno e disgusto davanti alla ferocia dei gesti raccontati, ma anche profonda compassione per le vittime. E stima, grandissima, davanti alla forza dimostrata dalle donne che trovano il coraggio di reagire e fermare il carnefice.

E poi si apre il tema della giustizia, soprattutto quando ci si trova di fronte a vicende come questa, dai contorni sicuramente ancora molto confusi, ma in cui a ferire sono – al di là della sentenza – le giustificazioni apportate. Stiamo parlando del caso della ragazza di Fortezza del Basso (della quale non conosciamo né nome, né il cognome) che nel 2008 era stata stuprata da un gruppo di ragazzi, assolti qualche giorno fa dalla Corte d’Appello, dopo una prima condanna (va detto, per onore di cronaca, che al tempo più di una polemica si sollevò anche su questa sentenza, in quanto la non consensualità della ragazza era stata messa più volte in dubbio per varie motivazioni). Una sentenza forse non del tutto inattesa in ambito giuridico, ma una doccia fredda per l’opinione pubblica e che, a prescindere dagli approfondimenti, ha lasciato l’amaro in bocca, soprattutto per le motivazioni addotte dai giudici a giustificazione del verdetto.

Secondo i magistrati, infatti, la ragazza (che all’epoca aveva 23 anni) avrebbe denunciato il rapporto sessuale di gruppo per cercare di giustificare o rimuovere un “discutibile momento di debolezza e fragilità”. Dagli atti risulta infatti che la ragazza fosse ubriaca, a seguito di una serata passata con i suoi stupratori. Parole durissime, anche perché i giudici hanno giustificato il comportamento dei giovani coinvolti sostenendo che gli stessi potevano aver “mal interpretato” la disponibilità della ragazza.

Davanti a tutto questo la giovane è rimasta sgomenta, ma ha deciso comunque di reagire. E lo ha fatto pubblicamente, scrivendo una lettera sul blog Abbatto i muri. Poche righe, nelle quali esprime tutto il suo rammarico e la sua rabbia per una sentenza destinata a far molto discutere:

Come potete immaginare che io mi senta adesso? Non riesco a descriverlo nemmeno io. La cosa più amara e dolorosa di questa vicenda è vedere come ogni volta che cerco con le mani e i denti di recuperare la mia vita, di reagire, di andare avanti, c’è sempre qualcosa che ritorna a ricordarmi che sì, sono stata stuprata e non sarò mai più la stessa.

La ragazza ha voluto ribadire alla Corte d’Appello che lei, nonostante tutto quello che è successo, esiste ancora. Che la violenza subita non l’ha annullata né come donna, né come persona:

Esisto. Nonostante abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruire a stenti briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza: la violenza che mi è stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui è stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale.

La sentenza è stata definita, dall’avvocato della vittima, come “impregnata di moralismo” perché indaga sul passato e sulle abitudini sessuali della ragazza – dichiaratamente bisessuale e con una vita sessuale che i giudici hanno voluto definire “confusa” – quasi che essere sessualmente disinibite significhi necessariamente accondiscendere a un’azione sessuale di gruppo. In rete c’è chi commenta aspramente questa decisione dei giudici. Scrive ancora la giovane nel suo intervento pubblico:

Abbiamo perso tutti. Hanno vinto solo loro, gli stupratori, la loro arroganza, il loro fumo negli occhi, le loro vite vincenti.

Con la sentenza del primo processo i sei ragazzi erano stati condannati a 4 anni e mezzi. Questo secondo appello, invece, li ha visti assolvere completamente dai giudici. Un ribaltamento inaspettato ed estremamente deludente per la giovane che ha dichiarato che se potesse tornare indietro forse non denuncerebbe neanche le violenze subite:

Per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze oltre alla tua o le prove del DNA. Conta solo il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse. O che tipo di biancheria indossi, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa. […] Se sei una donna non conforme, non puoi essere creduta.

Non possiamo che augurarle di lasciarsi questa triste storia alle spalle. Dimenticare sarà impossibile, ma continuare a vivere è necessario. E voi ragazze cosa pensate di questa sentenza?

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