Il fatto che le mestruazioni siano spesso vissute ancora come un tabù indicibile costringe molte persone, nel mondo, a non avere accesso a un’igiene mestruale appropriata e corretta.

E non parliamo solo di quelle donne che vivono nelle aree del mondo dove stereotipi e discriminazioni sono più forti e costituiscono una combinazione schiacciante con la povertà, ma anche di quelle che, per varie ragioni, vivono il periodo delle mestruazioni con difficoltà, come le donne con disabilità, e infine di alcune categorie di persone che mestruano, come le persone trans.

Per igiene mestruale, concetto strettamente connesso anche con la povertà o precarietà mestruale, si intende l’accesso a condizioni igieniche adeguate, a partire da luoghi sicuri in cui poter cambiare gli assorbenti, come i bagni pubblici, o l’accesso all’acqua, ma anche a prodotti adatti alle mestruazioni, come assorbenti e coppette.

Un diritto che dovrebbe essere appannaggio di ogni persona che mestrua e che, invece, ancora oggi spesso latita in molti Paesi: se da un lato, infatti, abbiamo esempi di eccellenza, come la Scozia, dove da tempo i prodotti igienici sono gratis in scuole, università e, più in generale, in strutture pubbliche, o la Francia, che dal 2024 consente alle donne fino ai 25 anni di chiedere il rimborso per i prodotti riutilizzabili per il ciclo mestruale, come coppette o assorbenti lavabili, dall’altro lato ci sono posti in cui le donne non riescono ad accedere a nessun servizio riguardante le mestruazioni, e vivono un vero e proprio ostracismo da parte della comunità di appartenenza. Senza andare troppo lontano, inoltre, ci sono Paesi, come il nostro, che ancora tassano i prodotti per l’igiene mestruale come “beni di lusso”: se nel 2023 la tampon tax era infatti scesa al 5%, nel 2024 è tornata al 10%.

Quali sono, quindi, le condizioni principali che ancora non rendono le mestruazioni un periodo sicuro per tutte le persone?

1. Il costo delle mestruazioni

In alcuni Paesi, come Germania e Finlandia, il costo di un singolo assorbente può essere di soli 0,04 dollari, mentre in altri, come gli Emirati Arabi Uniti, si può arrivare fino a 0,234 dollari. L’ Italia si è piazzata al nono posto nella classifica stilata da Healthnews, con prezzo medio di 0,108 dollari.

Stati Uniti, Australia, Svezia e Canada registrano i prezzi più alti per gli assorbenti; negli USA ben 36 stati applicano tasse sulle vendite per prodotti per l’igiene mestruale, cosa che non avviene per altri articoli come, ad esempio, preservativi e farmaci per la disfunzione erettile.

2. La period poverty

Su questa scia, la period poverty si fa ancora sentire, non solo nei Paesi meno sviluppati al mondo. Secondo una ricerca di ActionAid condotta nel 2023 su 2.060 adulti, l’8% delle persone con problemi economici legati ai prodotti per il ciclo aveva fatto ricorso al riutilizzo di assorbenti monouso usa e getta, con tutte le problematiche conseguenze del caso date dal possibile shock tossico.

Solo nel Regno Unito le persone che faticano a permettersi prodotti per l’igiene mestruale sono passate dal 12 al 21% nel giro di pochissimo tempo.

Inoltre 4 donne su 10 si sono astenute da esercizio fisico, lavoro e attività varie durante le mestruazioni, perché non si sarebbero sentite a proprio agio con ciò che avrebbero dovuto indossare, ma c’è anche un 7% di loro che non lo ha fatto perché non poteva permettersi di utilizzare il prodotto che avrebbe preferito.

3. Il problema culturale

Non si può negare quanto il problema culturale pesi e incida sulla salute mestruale. Secondo l’UNICEF, nel 2020, 42 Paesi potevano mettere a disposizione dati rappresentativi a livello nazionale su solo uno di quattro indicatori, 31 su almeno tre indicatori.

Gli indicatori presi in esame sono:

  • Consapevolezza dell’esistenza delle mestruazioni prima del primo flusso mestruale.
  • Uso di prodotti per il ciclo mestruale per trattenere e contenere il sangue mestruale, come assorbenti, panni, tamponi o coppette.
  • Accesso a un luogo privato per lavarsi e cambiarsi quando si è a casa.
  • Partecipazione alle attività durante le mestruazioni, come la scuola, il lavoro e le attività sociali

Quasi la metà dei Paesi in cui l’igiene mestruale è più difficile da raggiungere si trova in Africa subsahariana: in particolare, le persone subiscono limitazioni alla partecipazione a scuola, al lavoro e alle attività sociali, e non riescono ad accedere facilmente ai prodotti per l’igiene mestruale.

Il 15% delle ragazze in Burkina Faso, il 20% in Costa d’Avorio e il 23% in Nigeria hanno saltato la scuola negli ultimi 12 mesi a causa delle mestruazioni.

Più della metà delle donne in Bangladesh e più di due terzi in Nepal hanno dichiarato di non partecipare alle attività quotidiane durante le mestruazioni. In Ciad e nella Repubblica Centrafricana, una su tre ha dichiarato di non parteciparvi.

Molte ragazze, inoltre, non avevano la consapevolezza delle mestruazioni prima dell’arrivo del primo flusso mestruale.

Nei due Paesi con dati nazionali, solo il 32% e il 66% delle ragazze era a conoscenza delle mestruazioni prima del primo ciclo, rispettivamente in Bangladesh e in Egitto. In Egitto, il 74% delle ragazze che non erano a conoscenza si è sentito sconvolto, spaventato o ha pianto durante la prima comparsa. Allo stesso modo, in Bangladesh, il 69% si è sentito spaventato.

Per quanto riguarda l’uso di prodotti per il ciclo mestruale e la presenza di luoghi sicuri in cui cambiarsi, seppur elevati nella maggior parte dei Paesi considerati, va detto che

  •  Il 6% delle donne ha usato carta in Niger; il 12% ha usato solo biancheria intima in Burkina Faso; l’11% non ha usato nulla in Etiopia.
  • In Niger, Tunisia e Burkina Faso, solo il 52%, il 56% e il 74%, rispettivamente, disponeva di spazi sicuri in cui cambiarsi.

4. I falsi miti e le superstizioni

Attorno alle mestruazioni esistono ancora falsi miti e superstizioni e, anche se interessano soprattutto i Paesi che abbiamo citato poco sopra, non sono del tutto estinti nella cultura occidentale, anzi…

Se a questo aggiungiamo la già citata esclusione dalla vita della comunità, l’impossibilità di frequentare la scuola durante le mestruazioni, o la permanenza di pratiche terribili come il chaupadi, che isolano letteralmente le donne che mestruano, capiamo che spesso l’arretratezza culturale e l’emarginazione vanno di pari passo.

5. L'educazione mestruale

Le mestruazioni sono sempre state viste come un tabù, qualcosa di “segreto” di cui non poter parlare, seppur siano un fenomeno del tutto fisiologico e naturale e, di fatto, l’indicatore di poter procreare, sempre che lo si desideri.

Il sangue ci è stato spesso dipinto come qualcosa di “sporco” e, complici anche anni di pubblicità che hanno “colorato” il sangue mestruale di blu, non sempre è facile parlarne, specie con i figli, mentre gli uomini lo hanno quasi sempre considerato come un argomento da loro molto lontano.

Eppure, come spiega questo articolo, anche la componente maschil dovrebbe essere sufficientemente informata sulle mestruazioni, per una serie di ragioni.

Lo stesso discorso vale per i bambini, che spesso sono “affascinati” dal sangue mestruale e fanno domande a cui gli adulti si rifiutano di rispondere o rispondono con bugie, storie alternative o “edulcorazioni” che, tuttavia, spingono inevitabilmente a ritardare l’educazione mestruale.

 

6. Il problema delle persone con disabilità

Le persone con disabilità hanno problemi che sono amplificati, in tema di mestruazioni, soprattutto per quanto riguarda l’accesso a luoghi sicuri e igienici in cui potersi cambiare.

7. Le mestruazioni delle persone trans

Le cose si fanno inevitabilmente più complicate quando si parla di persone trans: lo stigma sociale nel loro caso è acuito dalla oggettiva, totale mancanza di strutture e luoghi che consentano loro di poter vivere i giorni delle mestruazioni serenamente.

 Il disagio più taciuto che colpisce le persone trans è quello inerente all’utilizzo dei bagni – scriveva il nostro contributor Elia Bonci nell’articolo che riportiamo sotto – Da uomo trans posso assicurarvi che il più delle volte ho preferito non recarmi in un bagno quando ero fuori casa per paura di violenze e molestie.
Nel pubblico gli uomini trans sono sottoposti a continui disagi e privazioni: i bagni sono costruiti, nella maggior parte dei casi, sullo stereotipo binario di uomo/donna.
Spesso nel bagno degli uomini ci sono solo orinatoi a muro e questo impedisce alle persone trans di potersi cambiare un assorbente liberamente e senza provare disagio. Oltretutto, vista la totale assenza di cestini e dispenser di assorbenti nel bagno degli uomini, si viene a creare una vera e propria disparità che va assolutamente colmata.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!